In un mondo dilaniato dal Covid-19, dove ricchi e poveri fanno a gara a quando, come, dove e se ricomincerà la giostra pallonara, il vecchio e bistrattato Diavolo alimenta quotidianamente le pagine dei quotidiani sportivi.
Notizia di ieri, ci riporta di una nuova impennata delle quotazioni del "professore" teutonico sulla panchina rossonera per la prossima stagione. Contatti che si erano interrotti causa pandemia, ma non solo per quello. Ragnick non è convinto. Non è convinto di lasciare una posizione di prestigio che si è meritatamente guadagnato, cosi come non  è convinto della bontà del progetto di rinascita (l'ennesimo) del fondo Elliott. E non ha tutti i torti. Da persona intelligente e qualificata, ha fiutato immediatamente il succo della questione, ossia che i miracoli Hoffenheim e Lipsia non sono fattibili, almeno nel breve periodo, in quel di Milanello.
Ogni allenatore che ha lasciato impronte tangibili nella storia del calcio, e non parlo solo di Milan, ha avuto a disposizione: capitale da investire, stabilità e fiducia dei dirigenti e tempo. Al momento, non c'è niente di tutto ciò al Milan. Da quando il fondo statunitense ha preso il posto dell'armata brancaleone cinese, non ne ha azzeccata una.
Ha scelto Ivan Gazidis come A.d. strapagandolo come un top player e spacciandolo come il mago dei ricavi commerciali che avrebbe risanato le casse del club e portato faraoinici contratti di sponsorizzazione; ad oggi non è successo quasi niente di tutto questo.

Ha provato ad importare un modello gestionale del club tipicamente anglosassone, ignorando che nel sistema calcio italico mancano i due perni fondamentali su cui la Premier League poggia le sue ricchezze: stadi di proprietà e accordi pay tv tripli se paragonati agli altri campionati europei. Ha rifiutato qualsiasi offerta (vedi Comisso, Kretinsky, Arnault) di cessione del club, intestardendosi con quotazioni di mercato inesistenti, al netto del valore attuale del Milan che non occorre sottolinearlo, non è più quello dei bei tempi che furono.
Ha scelto di proseguire una linea di austerity negli ingaggi dei giocatori, puntando su ragazzotti dal buon potenziale futuro, ma del tutto inadatti a riportare nell'immediato la squadra al minimo sindacale che la storia e la tradizione richiede, ovvero piazzarsi tra le prime quattro.
Ha mandato all'aria una stagione proprio quando paradossalmente la squadra sembrava aver trovato un'identità, contattando il "professore", cosa che ha portato all'allontanamento di Boban e ancor più grave ha delegittimato l'allenatore in sella agli occhi della squadra.

Sacchi una volta disse "per il raggiungimento di un obbiettivo di squadra, che sia uno scudetto o una salvezza, l'allenatore conta il 20%, la differenza la fanno i giocatori, perché poi sono loro che scendono in campo."

Caro Mr. Singer, non servono altri allenatori da bruciare, non servono analisti di Harvard nei quadri dirigenziali, né tantomeno punizioni ridicole da infliggere ai giocatori a base di tutù rosa; per riportare dove merita il vecchio Diavolo malconcio di oggi, servono i GIOCATORI FORTI, a patto che sia davvero questo l'intento.

FVCR



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