Au revoir!”. Sguardo da duro. Colletto alzato. Maglia rossa. Palla infuocata che trapassa l’addome di Lucifero. Avrete sicuramente capito chi è. Certo, è proprio lui: Eric Cantona. Il protagonista dell’indimenticabile spot Nike del 1995. Girato nel Colosseo in versione fantasy, con altri grandissimi campioni che hanno fatto la storia in quegli anni. E anche Eric, un posto nella storia del calcio, ce l’ha. A Manchester è un semidio. L’immortale numero 7. Un’icona che non potrà mai essere cancellata. Il francese che conquista l’Inghilterra. Ma cè anche un po’ d’Italia e Spagna che scorre nelle sue vene. Il padre, Albert, ha origini sarde. La madre, Eleonore, viene dalla Catalogna. Eric nasce a metà strada, in Francia. Possiamo dire che in fondo è un tantino multietnico. Come il quartiere dov è cresciuto. Un sobborgo (Les Caillols) della città di Marsiglia, nota per il suo porto e per essere la città più multirazziale della Francia. Si gioca per strade e nei vicoli ciechi, i palloni sono quelli che sono e non c’è tempo per falli e lamentele. Si gioca e basta. E ci si forma caratterialmente. E che carattere. Eric non è il tipo che si fa sottomettere facilmente. Come vedremo più avanti. Intanto, in una squadretta di provincia, si destreggia come ala destra, facendo intravedere classe e talento. Ha 15 anni, quando il “Ferguson di Francia”, Guy Roux, tecnico dell’Auxerre, vedendolo se ne innamora. Lascia così la famiglia a 600km di distanza, per inseguire il sogno di diventare un campione.

A 17 il debutto in prima squadra. A 18 anni arriva la patente e la prima fidanzata, Isabelle, che diventerà poi la sua prima moglie. Cantona vede per la prima volta l’Italia, l’anno successivo, nell’autunno del 1985, in occasione della partita di Coppa Uefa contro il Milan. Debutta quindi in Europa appena diciannovenne.
Sarebbe stato un sogno bagnare l’esordio in una competizione europea, e magari segnare un gol. Purtroppo ciò non avviene. Questo capita, quando ti trovi contro sulla tua fascia di campo, un ragazzino non ancora maggiorenne, che corrisponde al nome di Paolo Maldini. “Eric ha talento, ma deve farsi le ossa. Tra un anno lo rivoglio ancora più forte.” dice l’allenatore al padre. Passa così in prestito al Martigues, in seconda divisione. La cittadina della Provenza è vicino alla sua Marsiglia. Respirare un po’ l’aria di casa non gli farà male. Ritorna al nord nel 1987. Anno importante fuori e sul terreno di gioco. Ha 21 anni e si sposa.
Felicità che si completa con la prima convocazione in nazionale. Prosit! Finiti i festeggiamenti, il temperamento di Eric comincia a far capolino. Il giocatore, in campo, si fa notare per le sue giocate e non solo. Cantona, sin da bambino, ha sempre ammirato le arti marziali. Decide cosi di provare per vedere la sensazione che da. Vittima il difensore del Nantes, Michael der Zakarian. Prende la mira e si lancia in una mossa degna del miglior Bruce Lee, sul fianco sinistro del povero avversario. Se vi capita di vedere il video, resterete esterrefatti. Eric si rialza, mento alto, si guarda attorno, come se nulla fosse. Si concede addirittura il lusso di dare una manata ad un avversario che lo stava insultando per il tremendo gesto antisportivo. Primo serio provvedimento. Serio per modo di dire. Le giornate di squalifica sono solo due. L’anno seguente viene acquistato dalla squadra della sua città, la quale sin da bambino ha sempre tifato e sperato un giorno di indossarne la maglia: L’Olympique Marsiglia. L’eccentrico presidente miliardario Bernard Tapie, stravede per lui, ed è convinto di poter raddrizzare il giovanotto. Gioca al rialzo qualsiasi offerta provenga da altri parti, e alla fine la spunta. Eric torna a casa. Al contempo, affiorano i ricordi dei compagni di strada, le litigate, il non farsi sottomettere e dire qualsiasi cosa passi per la testa. Ecco, il suo temperamento, comincia a far capolino. Anno horribilis 1989. Il Marsiglia gioca una partita di beneficenza contro la Torpedo Mosca. Si disputa a Sedan, nel nord-est della Francia, quasi al confine con il Belgio. Il campo ghiacciato e l’aria montana, suscitano in Eric un certo nervosismo. Seppur essendo un’amichevole, non riesce a esprimersi come sa. Se ne accorge il mister dei francesi, e, per il bene del ragazzo, decide che è il caso di sostituirlo. Apriti cielo! Il n.7 scaraventa con rabbia il pallone in tribuna e scaglia per terra la maglietta impregnata di un mix sudore-brina. Tutti, dai compagni agli avversari, e soprattutto gli spettatori, restano allibiti. In tribuna, assiste alla scena con un certo imbarazzo, anche il presidente Tapie. Non può tollerare queste figuracce nel suo club. Per un match tutt’altro che competitivo. Furibondo, poche ore dopo, dirà “Gesto inqualificabile. Se ce ne sarà bisogno lo ricoveremo in una clinica psichiatrica!”.
Come volevasi dimostrare, anche per Eric, nessuno è profeta in patria. Sospensione immediata per un mese. Chissà che non gli serva da lezione. Il ct della nazionale, Henri Michel, non lo convoca nei blues.
Cantona, amante anche del cinema, prende spunto da una dichiarazione fatta dall’attore Mickey Rourke per far capire il suo stato d’animo: “Mickey Rourke dice che chi assegna gli Oscar è un sacco di merda. Non giocherò più nella Francia finché Henri Michel sarà il selezionatore.” I marsigliesi lo spediscono al Bordeaux. Per un po’ non vogliono averlo tra i piedi. In maglia granata colleziona qualche gol e una figuraccia. In Coppa di Francia. Cantona e i suoi nuovi compagni, affrontano con superficialità, una squadra di seconda divisione, il Beauvais. Convinti che il passaggio del turno sia solo una banalità. Niente di più sbagliato. Eric tenta il rigore a “cucchiaio”, ma colpisce la palla talmente debolmente che il portiere, una volta tuffatosi, riesce a girarsi e a pararlo. Bordeaux clamorosamente eliminato. Pioggia di fischi e insulti, per quel giocatore che doveva far la differenza. Ironia della sorte, senza di lui, il Marsiglia vince Coppa e Campionato. Con la vincita di questi due trofei, spera che al presidente Tapie sia passato il rancore nei suoi confronti. Invece no. I tempi non sono ancora maturi. Eric riprende la valigia in mano: destinazione Montpellier.
Chissà, magari è la volta buona che esploda definitivamente. Sì, di rabbia, però. Vittima è uno dei più anziani del gruppo, tale Jean-Claude Lemoult. A Eric frega niente. Se c’è da litigare, non si tira certo indietro. Nello spogliatoio volano parole grosse e...scarpe. Già, quelle che lancia Cantona nei suoi confronti. Spaccatura con il gruppo assicurata. Ma, i due leader più carismatici, il difensore Blanc e il colombiano Valderrama. sono dalla sua parte. Eric è fondamentale in quella squadra. Anche grazie a lui, conquistano la Coppa di Francia. Tapiè si riconvince di riprenderlo. Arriva l’allenatore campione del Mondo con la Germania, la leggenda del calcio tedesco e internazionale, Franz Beckenbauer. Tra fuoriclasse si parla la stessa lingua. Cantona gioca, segna e fa segnare. Finalmente! Basta con i “colpi di testa”. Ma il Marsiglia, ad un certo punto della stagione, rallenta la sua corsa. Il presidente dei biancazzurri cominciò a sudare freddo. Stava vedendo svanire la vittoria dello scudetto. Nel Gennaio 1991, gioca d’azzardo: esonera Beckenbauer e chiama a corte il 70enne Goethals, soprannominato “il Mago”. E lo è veramente. La squadra torna a volare. Si riprende la vetta e si assicura la finale di Coppa Campioni. Ma, il Mago, fa anche un sortilegio a chi non gli va a genio. Con un colpo di bacchetta fa sparire Cantona dalla squadra. Entrambi, sin dal primo giorno, non si sono piaciuti. La pagina marsigliese si chiude definitivamente. Il Nimes, squadra di modesto valore, tenta il colpaccio: se lo assicura con fondi pubblici, visto che sindaco e presidente della squadra, sono la stessa persona. Ma Eric, che ormai sembra aver perso stimoli nel giocare a calcio, regala una “Cantonata” delle sue. Dicembre 1991. I mesi freddi sono i preferiti per fare marachelle. Durante un match casalingo, una decisione dell’arbitro lo manda su tutte le furie. La vena si chiude immediatamente, e pallone scagliato contro il direttore di gara. La disciplinare ritiene che un mese possa bastare. Ma Eric “non si accontenta” e definisce “tous les idiots” quelli della Commissione. “Benissimo signor Cantona, aggiungiamo altri due mesi allora. La sentenza è chiusa”. Sembra il classico canto del cigno. La storia potrebbe finire qui, con il buon Eric che abbandona il calcio e si dedica a uno dei suoi hobby preferiti: la pittura.
Invece no. Uno così non può finire nell’anonimato in questo modo.
Ha due scelte: o fare il baby pensionato (a 25 anni è un po' presto, no?) o cambiare nazione. In Francia non può restare un minuto di più. E siccome l’orgoglio, viene sempre fuori, Eric decide per la seconda opzione. Non in uno stato qualunque. Ma in Inghilterra. Perenne nemica della Francia nei secoli dei secoli. Eric ritrova il piacere di giocare, a Leeds. All’inizio viene visto con molta diffidenza, ma bastano un paio di allenamenti e un paio di partite per convincere tutti. Arriva ad inizio anno, e a Maggio vince il campionato. Pazzesco! E pensare, che due anni prima, il club era in serie B. L’amore dei tifosi per Eric è tanto forte quanto l’odio. Odio? Eh già, perché la love story dura il tempo di un parto. Poi irrompe sir Alex Ferguson, manager del Manchester United. A lui piacciono quelli di classe, tosti, con forte personalità. Ci vede lungo il “Boss”. Ci aveva provato con il geniale Gascoigne, ma gli era andata buca. Il tecnico scozzese, vuole subito vedere con chi ha a che fare. “Ehi Eric, mi chiedo se tu sia abbastanza bravo per giocare a Old Trafford” Risposta: “Mi chiedo se Manchester sia abbastanza per me”. Con due così, i successi sono assicurati. E puntualmente arrivano. Quattro scudetti, coppe varie, tanti gol e assist per i compagni. Cantona, con la sua classe e personalità, sarà fondamentale nel gruppo per la crescita della fenomenale “class of 1992” composta dai giovani Beckham, Giggs, Butt, Scholes e i fratelli Neville. Giocatori che diventeranno leggendari nella storia dei Red Devils. I tifosi non possono fare a meno di lui. Lo osannano con il coro che ancora rimbomba a Old Trafford: “Oooo-Aaaa Cantona!” Diventa il capitano e lo soprannominano “The King”. Manchester è ai suoi piedi. Ormai ha quasi trent’anni, è maturato anche caratterialmente. Si certo, ogni tanto avviene qualche screzio con gli avversari, espulsioni, decisioni arbitrali mal digerite. Ma certi atteggiamenti più violenti sembra averli acCANTONAti. Almeno fino a quel 25 Gennaio 1995. Evidentemente, in una vita precedente, deve aver combinato qualcosa, se al primo mese dell’anno, il suo nome è associato spesso a qualcosa di negativo. I ragazzi di Ferguson giocano al “Selhurst Park” di Londra, contro il Crystal Palace. Su un lancio del portiere Schmeichel, il difensore Shaw lo trattiene e Cantona reagisce. L’arbitro vede e lo espelle. Il n.7 del Manchester resta allibito, e cerca di giustificarsi. Ma, ormai, il cartellino è già rientrato nel suo taschino. Eric si avvia verso l’uscita dal campo, si tira su il colletto, schiena dritta e petto in fuori. Come se avvertisse la sensazione che stesse per succedere qualcosa. “French son of a bitch!”. Grida al suo passaggio un tifoso avversario posizionato appena fuori dal campo. Eric lo mira e lo stende con una delle sue mosse preferite: kung fu! Stupore e spavento tra tutti i presenti, che vanno a calmare il francese, allontanandolo dal provocatore.
Si apre un caso mediatico. Il gestaccio fa il giro del mondo. La giustizia sportiva inglese, al contrario di quella francese, usa il pugno di ferro: 8 mesi di squalifica. Quella ordinaria, inizialmente opta per la prigione, ma alla fine gliela abbuona, commutandola con 120 ore di lavori sociali. In conferenza stampa, regala una frase che diventerà il suo marchio di fabbrica “Quando i gabbiani seguono il peschereccio è perché pensano che delle sardine stiano per essere gettate in mare”. E abbandona la sala. Si era anche ripreso la nazionale francese, ma dopo quello sciagurato episodio, adieu. Ritorna sul prato verde tra gli applausi dei suoi tifosi nell’Ottobre 1995, ma la forma fisica e il suo temperamento sono calati. Anche se si toglie la soddisfazione di vincere altre due Premier League, e segnare un gol decisivo contro gli acerrimi nemici del Liverpool nella finale FA CUP. Per “the King” può bastare.

Si ritira a soli 31 anni. Però, la voglia e la classe di calciare un pallone, non l’hanno abbandonato. Diventa cosi prima giocatore e poi allenatore della nazionale francese di beach soccer. Ma il suo talento emerge anche davanti al grande e al piccolo schermo. Appare sempre protagonista nei memorabili spot della Nike e in qualche film. Sopratutto in “Elizabeth”, in cui recita la parte dell’ambasciatore transalpino e ne “il mio amico Eric”, dove Cantona interpreta se stesso nella parte dell’amico invisibile di uno sfortunato postino di Manchester. Nel 2013 viene arrestato per una sua specialità, la rissa. Ieri, invece, in occasione dei sorteggi Champions a Montecarlo, è stato premiato con il “Uefa President’s Award” come riconoscimento alla carriera e al suo straordinario impegno nel sostenere cause benefiche. Perchè, come diceva lui, “io non sono un uomo, sono Eric Cantona”.