La Juventus di Pirlo non funziona, o quanto meno non funzione come dovrebbe. Ma è corretto addossare tutte le responsabilità alla figura di Andrea Pirlo, oppure la Juventus è una squadra con un organico inadeguato per un top club, e quindi costruita male? Proviamo a rispondere a questa domanda facendo un’analisi di casa Juventus a 360 gradi.

Partiamo da una considerazione: Andrea Pirlo sicuramente non è esente di colpe. Era impensabile che il “maestro” potesse calarsi nel suo nuovo ruolo senza pagare dazio, in assenza di un qualsiasi tipo di apprendistato. Il mestiere di allenatore è complesso: scelte tecniche, tattiche, lavoro sul campo, gestione dello spogliatoio. Una serie di abilità che, pur alla presenza di una predisposizione naturale al ruolo, necessitano di esperienze sul campo, e di qualche scotto da pagare. E così è stato anche per Pirlo, che sicuramente dai propri errori crescerà. Basti pensare alla gara di Oporto, dove il tecnico zebrato ha deciso affrontare la sfida con lo stesso impianto di gioco che fin dall’inizio ha voluto sviluppare, e quindi con l’uscita dal basso palla al piede. Tutto ciò senza considerare, che quando non si dispone di giocatori con buona visione di gioco, dimestichezza con la palla tra i piedi e pulizia di passaggio, come Arthur e Bonucci, quest’ultimo è un tipo di gioco assolutamente sconsigliabile. L’esperienza insegnerà al tecnico bresciano che una grande squadra non può basarsi su un unico sistema di gioco ma al contrario deve disporre di più alternative in modo da poter risultare all’altezza degli avversati anche in assenza di qualche titolare.

Esistono però colpe e responsabilità che vanno ben al di là sia di Pirlo, che dell’ultima campagna acquisiti.
L’unico reparto che può ritenersi sufficiente sia a livello qualitativo che quantitativo è la difesa. Szczesny e Buffon rappresentano un’ottima coppia di portieri, così come la difesa, con quattro difensori laterali come Cuadrado, Danilo, Alex Sandro e Frabotta più quattro difensori centrali del calibro di Bonucci, Chiellini, De Ligt e Demiral è un reparto di buona qualità e numericamente sufficiente per affrontare le tante gare che una squadra impegnata su più fronti come la Juventus si trova a dover disputare nel corso di un’intera stagione.
Le cose cambiano radicalmente per ciò che riguarda centrocampo e attacco, dove facendo un’attenta analisi, questa Juventus è una squadra che presenta diverse carenze sia a livello qualitativo che numerico.
Partiamo dal centrocampo, il settore in cui risiede il vero tesoro di ogni squadra. Se solo chiudiamo gli occhi e pensiamo al centrocampo della Juve 2014/2015, quella della finale di Berlino, le immagini che ci sovvengono sono quelle raffiguranti la classe di Pirlo, la fisicità di Pogba, l’irruenza di Vidal e le geometrie di Marchisio. Poi, se li riapriamo, e ci mettiamo davanti ad una partita di quest’anno, vediamo all’opera Rodrigo Bentancur, Adrien Rabbiot, l’americanino McKennie, Aaron Ramsey e Arthur Melo. Già a livello numerico è evidente che cinque centrocampisti, tra i quali Ramsey che più di due partite consecutive non le gioca, siano pochi per affrontare i molteplici impegni a cui è sottoposta una squadra come la Juventus. E' però a livello qualitativo che il paragone diventa semplicemente impietoso tra queste due Juventus, e rende evidente come la squadra, anno dopo anno, si sia sempre più impoverita e depauperata nella zona nevralgica del campo.
Nella attuale rosa bianconera, l’unico giocatore di qualità in mezzo al campo è il brasiliano Arthur Melo, e già questo rappresenta un evidente errore di costruzione della squadra. Ciò di cui non siamo certi è se l’errore più rilevante sia stato quello di non prevedere un alter ego del brasiliano o di ritenere che tale ruolo potesse essere assunto da Rodrigo Bentancur, in caso di assenza di Arthur stesso. Il nazionale uruguaiano è stato infatti il giocatore a cui, gioco forza, Pirlo si è dovuto affidare in assenza del brasiliano, come in quest’ultimo scorcio di stagione. Bentancur però, come vertice basso della squadra, ha in più occasioni palesato gravi incertezze, sia da un punto di vista tecnico che caratteriale. Una postura sempre inadeguata nel momento di ricezione del primo passaggio in uscita dalla difesa, e un’evidente difficoltà nel giocare fronte alla propria porta facendo contestualmente slittare velocemente la palla in avanti senza perdere tempi di gioco, hanno messo l’uruguaiano in gravi difficoltà una volta pressato dai giocatori avversari. E poichè il gioco di Pirlo prevede che durante la fase di possesso uno dei due terzini si alzi e l’altro entri nel campo a mo’ di mezzala arretrata, è proprio il vertice basso di centrocampo il giocatore a cui viene demandata l’incombenza di occuparsi del primo pallone d’l’impostazione.
Non è un caso che, analizzando i match di questo 2021, balzi all’occhio come le peggiori prestazioni la squadra bianconera le abbia offerte in caso di assenza di Arthur. Le due sconfitte con Inter e Napoli in campionato, lo zero a zero di grande sofferenza con l’Inter in Coppa Italia e la grave sconfitta di Oporto. Così come, in tutte le vittorie bianconere del 2021, la costante è stata la presenza in campo di Arthur Melo stesso. Il brasiliano, inoltre, è mancato anche contro la Spal in Coppa Italia, ma in quell’occasione Pirlo schierò Fagioli davanti alla difesa. Giovane, inesperto, forse ancora leggermente acerbo, ma quanto meno regista di ruolo, e quindi dotato di caratteristiche e qualità per poter giocare in quella posizione. Tutto ciò non può rappresentare una coincidenza, quanto un inequivocabile dato del difetto congenito di questa squadra, pensata con un solo regista e costretta quindi a dover recuperare un giovane come Nicolò Fagioli per evitare i gravi problemi di gestione del centrocampo palesati nelle partite di livello più elevato ed esplosi fragorosamente nella partita di Oporto. Non potrà certamente essere il ventenne piacentino di origine a risolvere tutti i problemi in casa Juventus ma potrà sicuramente dare una mano alla squadra, nell’attesa di poter riabbracciare l’infortunato Arthur.

Un altro problema si è rivelato essere quello di Federico Chiesa schierato a sinistra. L’ex viola, per impegno, generosità e qualità, può giocare anche a sinistra, ma in quest’ultima zona di campo il suo rendimento cala sensibilmente rispetto a quando viene schierato nella sua posizione naturale, quella di ala destra. Ruolo quest’ultimo in cui Federico riesce a far esplodere tutto il suo potenziale, risultando l’unico elemento dotato sia di una certa creatività dalla trequarti che spesso decisivo in zona gol. Anche in questo caso si ripropone quindi il problema della scarsità di alternative in rosa, dal momento che un centrocampista offensivo, di fantasia e qualità nell’ultimo passaggio da piazzare a sinistra la Juventus non ce l’ha. E per una squadra che intende giocare con un 4-4-2 a geometria variabile tale mancanza rappresenta un problema non di poco conto. Per meglio dire, questo giocatore ci sarebbe, se considerassimo un calciatore a tutti gli effetti il gallese Aaron Ramsey. Peccato che a Torino, e non solo, tutti siano pienamente consapevoli dell’inaffidabilità fisica della mezzala ex Arsenal, situazione di cui non si poteva non tener conto in fase di campagna acquisti. Ecco che, come quarto di centrocampo a sinistra, Pirlo sia stato costretto a schierare a più riprese Federico Bernardeschi, un giocatore non da Juventus, costato ben quaranta milioni, e quindi uno dei tanti errori di mercato della dirigenza piemontese di questi ultimi anni.

Le cose non vanno certamente meglio in prima linea, dal momento che anche questo settore ha evidenziato gravi difetti di origine. In primis non è stato risolto il problema della compatibilità tecnico – tattica tra Cristiano Ronaldo e Paulo Dybala, già ampiamente manifestatasi nel corso della scorsa stagione. Inoltre, con Dybala out per infortunio, e con Morata acciaccato, non disponendo di un quarto attaccante di ruolo, a fare la punta è stato messo Kulusevsky. I risultati ottenuti sono sotto gli occhi di tutti: in un 4-4-2 lo svedese non può fare l’attaccante. Potrebbe farlo forse in un 4-3-3, posizionato come attaccante di destra o in un 4-3-1-2 vestendo i panni del trequartista, ma se costretto a fare il secondo attaccante Dejan fatica terribilmente sia a stare vicino alla prima punta, sia ad aggredire la profondità che ad effettuare la scelta più opportuna in caso di ultimo passaggio. La speranza, relativamente al giovane prospetto svedese, è che anche nel suo caso, i quaranta milioni di cartellino pagati all’Atalanta non risultino essere eccessivi in relazione al reale valore che dimostrerà giocatore.

Un'ultima riflessione: si sapeva che le partite da giocare sarebbero state tante. La Juventus, in questo inizio di 2021, ha disputato ben quattordici partite in quarantacinque giorni e quindi una partita ogni tre giorni circa, per un periodo continuativo di un mese e mezzo. Un ritmo insostenibile con un organico risicato come quello attuale, che in più occasioni ha costretto Pirlo a schierare giocatori in ruoli a loro non congegnali, impedendo agli stessi e alla squadra di ottenere quella continuità di risultati indispensabile per puntare ai grandi trofei nazionali e internazionali.