Onore alla Juventus. 

Onore al suo Presidente, persona alacre e smodatamente ambiziosa, ma non  di un’ambizione sconclusionata ed emozionale, bensì ragionata ed equilibrata, quindi realizzabile, quindi vincente.

Onore a lui, capace di avere, appena insediato, una visione totale e lungimirante, una programmazione scientifica dei target annuali e pluriennali e un’efficienza tale da centrarli sistematicamente, al cui confronto persino un  tedesco risulterebbe poco produttivo.

Onore ad Andrea Agnelli, capace di incasellare al posto giusto le persone giuste al momento giusto; capace di avere un’idea di società di calcio solida, moderna, dentro e fuori dal campo - lo stadio di proprietà (novità assoluta nel nostro vetusto belpaese) ha rappresentato una svolta repentina nell’incremento del fatturato, ma gli esempi di scelte apripista e innovative sarebbero innumerevoli.

Onore ai suoi Dirigenti, Marotta e Paratici, prelevati in tandem dalla Genova blucerchiata e indotti dal sopracitato Presidente a diventare i nuovi Re Mida del calcio italico: un iter di circa 8 anni che, a vittoria della Champions avvenuta, li condurrà dritti dritti alla proclamazione della Santità per conclamati miracoli amministrativo/sportivi. (Una parola sul Sig. Paratici: dovrò confessare prima o poi a mia moglie la tremenda sbandata che mi sono preso per questo ds, che non riesce a sbagliare un acquisto nemmeno se gli venissero tolte le capacità di intendere e volere. Idolo assoluto, unico top player da consigliare subito a sceicchi vari).

Onore ai suoi allenatori; metto sullo stesso piano Allegri e Conte, anzi no, riconosco quest’ultimo artefice dell’ultima vera impresa sportiva degli ultimi lustri in Serie A, e cioè il primo scudetto dell’epopea bianconera, vinto sul favoritissimo Milan (brucia ancora).

Onore ai suoi giocatori: non sono tutti personaggi usciti da un cartone animato, ma quando indossano la maglia bianconera è come se diventassero 11 Goku coi poteri del Super Saiyan, per poi perderli irrimediabilmente appena passano ad altre squadre. Lo chiamano dna vincente. Non so cosa sia, ma da ateo che ero, folgorato sulla via di Vinovo ho iniziato fortemente a crederci. Esiste! Alleluja!

Onore dunque alla sola Società della storia del calcio italiano capace di ripartire dalla Serie b, poi ancora da un settimo posto, per poi inanellare 8 scudetti consecutivi (anche questo sarà vinto in imperturbabile scioltezza ) il tutto impreziosito da spruzzate di finali Champions qua e là. L’unica società, la Juve,  capace di ampliare così tanto - e in così poco tempo - il suo appeal internazionale, da poter passare in pochi anni dal famigerato rifiuto di Totò Di Natale ad essere prima scelta  di un certo Cristiano Ronaldo. 

Che dire? C’è altro da aggiungere a questa storia di successo? Sì che c’è, e, ahimè, ce ne sarà ancora per molto. La distanza dalle scriteriate avversarie (vogliamo parlare del mio Milan? Ma dai!) è siderale. Anni luce difficilmente riducibili.

Tutti a scuola dalla Juventus, quindi, archetipo del successo sportivo.

Chapeau, Juventus Football club.