Cambia l'edizione, cambia l'annata calcistica, ma purtroppo per il tifoso juventino non cambia la sostanza: la Champions sta a Torino come il buonsenso sta al politico italiano. Niente da dire, verdetto ineccepibile: per il terzo anno la Juventus esce dalla maggiore competizione europea contro una squadra a dir poco alla portata di quella che dovrebbe essere una big europea, o quantomeno, che vuole puntare ad essere tale.
All'eliminazione contro l'Ajax, in cui il principale capo d'accusa fu una mancanza di carattere oltre all'alibi di un ciclo ormai finito con Max Allegri in panchina seguì quella ad opera del Lione, squadra che navigava intorno all'ottava posizione in campionato, sentenza definitiva sull'esonero di Maurizio Sarri, arrivato con le aspettative del bel gioco, uscito dallo Stadium con uno scudetto in tasca e una scintilla mai scoccata con l'ambiente. Quest'anno la Juventus si elimina da sola, con due gol concessi all'andata e con un rigore - forse un po' generoso - che un impulsivo Demiral consegna al Porto. Chiesa illude, il gol non arriva. Il Porto, in dieci per 70 minuti, segna ai supplementari prima della zuccata di Rabiot che concede gli ultimi minuti di disperazione per un gol che non arriva. Una partita dove sì, la fortuna ancora una volta in campo europeo non si è palesata, con un palo del figlio d'arte e una traversa colpita da Cuadrado allo scadere. Una partita in cui il direttore di gara è parso a dir poco confuso, sia nel fischiare da una parte che dall'altra, con una gestione del fischietto e dei cartellini a tratti senza senso. Una partita in cui però, principalmente, sono venuti fuori tutti i limiti di una squadra che è solo l'ombra di ciò che è stata: una Juve confusa, spenta, una Juve che vede forse il punto più basso dell'esperienza a tinte bianconere di Cristiano Ronaldo, per la prima volta da anni a secco alla fase ad eliminazione diretta della maggiore competizione europea. 

I segnali preoccupanti delle nuvole che oscurano il cielo di Torino sono molti.
Il primo, la condizione mentale e motivazionale. La squadra non reagisce come una volta alle avversità che si trova sulla strada. Non è una scoperta, l'andata è stata soltanto il caso più clamoroso per un gruppo che non pare mai reagire all'episodio storto, al gol anche se casuale, alla giocata vincente avversaria. L'impressione che, quando ne subisce, non ci possa mai essere un momento di svolta. Quante chance in campionato sprecate, senza aver mai occasione di vedere il classico "gettare il cuore oltre l'ostacolo"? Stasera magari non è nemmeno l'esempio lampante, per una squadra che aveva riacciuffato in maniera rocambolesca il 2-1 dopo essere andata sotto, con la possibilità di giocarsela nell'extra time. Il punto è che una Juve che si rispetti ha il dovere di scendere in campo con la voglia e con la grinta di sbattere fuori una squadra che seppur organizzata in maniera impeccabile - 5 clean sheet in 6 partite nel girone di CL - a livello di organico dovrebbe essere inferiore rispetto alla conpagine bianconera. A maggior ragione dopo averle concesso il primo round. E questo deve avvenire dal primo minuto, non dal primo, ma del secondo tempo, e sotto per giunta di una rete.  Impossibile da non citare inoltre è la palese mancanza di un "piano partita". Fin troppo facile prendere a paragone la rimonta contro l'Atletico Madrid dove arrivava da un risultato ben peggiore, il 2-0 al Wanda Metropolitano e contro un team ben più agguerrito e dove una splendida prestazione di gruppo, concentrata e con "il sangue negli occhi" consentì al gruppo di accedere ai quarti. C'era una tattica dietro, la scelta di giocare sul fisico e sul pressing, rendendo pan per focaccia ad un avversario agguerrito e provando a segnare tramite il gioco sulle fasce ed i cross. Stasera con un avversario alla portata e con una moltitudine di risultati a favore, dato che sarebbe bastato un normalissimo 1-0 la squadra è scesa in campo in totale balia del nulla. Mentalmente a terra dall'inizio, salvo rialzarsi grazie ad una grande giocata di Chiesa e alla conseguente espulsione che ha portato il gruppo a crederci. E raggiunto il 2-1 non c'è stato altro, come ad aver ottenuto quanto bastava. Questo il limite grande mentale di questa squadra che non riesce a guardare l'avversario con gli occhi della tigre, che non riesce ad ergersi sulla montagna.

Il secondo punto sono i limiti tattici, sommati allo scarso valore della rosa.  La classica cantilena della Juventus zeppa di campioni, che ha due squadre ed è superiore è acqua passata, per giunta da molto tempo. E' il classico discorso di chi le partite non le guarda, di chi parla per frasi fatte e luoghi comuni. Madama pecca di qualità in primis, e di conseguenza non riesce a svolgere ciò che dovrebbe. Lasciandosi andare ad una veloce analisi della rosa e lasciando strare il reparto portieri la difesa appare traballante e la solidità di un tempo è ormai un lontano ricordo: questo è evidente non tanto nel numero di gol subiti ma nelle partite cruciali. Il match con l'Inter ed il gol subito al pronti-via, l'ingenuità di Chiellini col Napoli, l'ottavo di finale a cui abbiamo assistito sono i casi più evidenti. Al momento di "Le difese devono reggere", queste non reggono mai. L'attacco è scarso a livello numerico dato che può vantare Ronaldo e Morata oltre al desaparecido Dybala e al giovane Kulusevski che non è quasi mai riuscito a dare il suo finora, come intimorito e schiacciato dal peso di responsabilità e pressioni che non hanno fatto ancora vedere il giocatore spensierato e funambolico di Parma. Il centrocampo è inadatto, un mix malfatto con giocatori che, ad esclusione del solo Arthur (stasera a tratti commovente) manca di qualità nel palleggio ed esegue sia il pressing che la copertura al sopra citato pacchetto difensivo in meniera totalmente insoddisfacente. Mi viene in mente l'incontro di sabato con la Lazio, dove i biancocelesti sono arrivati diverse volte al tiro a difesa schierata. La palla viente continuamente toccata e scambiata senza un'idea precisa. La costruzione è lenta e macchinosa e non porta a nulla, non ci sono strappi nè si prova mai una verticalizzazione. Insufficiente in una parola. Le fasce che dovrebbero essere il cardine della manovra vedono solo un Chiesa sempre più protagonista e Cuadrado sempre più giocatore cardine, ma dietro di loro, il vuoto. Non c'è nessun ricambio di valore. Una squadra per buona parte giovane, ok, ma questo progetto ha margini di miglioramento?

Per rispondere a questa domanda devo affrontare il capitolo allenatore. Pirlo, quantomeno al momento, non è la persona adatta a guidare questo gruppo. Magari un giorno sarà un grandissimo, ma al momento non lo è. Il suo calcio "liquido" dovrebbe vedere un mix a seconda della fase del 4-4-2, del 3-4-3 e del 3-5-2. Ecco, per affrontare a dovere tutto questo serve che l'organico conosca bene questi moduli. Il contrario di quello che appare. Come citato in precedenza l'impressione ogni qual volta è in possesso della palla è quella di vedere una squadra che non ha idee, oltre al non saper in generale quello che deve fare. Il possesso è spesso e volentieri sterile e non porta alcun risultato, per non citare la maledetta ed insanguinata costruzione dal basso in cui il tecnico si è impuntato e da cui non pare voglia distaccarsi. Rischi su rischi (e a volte danni, come quello di Bentancur all'andata), passaggi su passaggi per poi arrivare quasi sempre al gettare la palla avanti con la conseguente perdita del possesso. Il centrocampo non è adatto a meno che non ci sia Arthur in campo a sostenere un gioco-non gioco del genere, oltre a limitare nettamente le caratteristiche degli interpreti togliendo metri di corsa a Rabiot e la possibilità di pressare alto a Bentancur. Senza il brasiliano lo stress che subiscono i due citati è enorme e porta a un gioco lento, compassato e rischioso dato che non vediamo dei mostri nel gestire il pallone. La riprova di questo i momenti in cui l'ex Barcellona è in campo e dove il rendimento dei due - scarichi di responsabilità eccessive - sale. Curioso riascoltare l'intervista di inizio anno dove Pirlo dichiara che il centrocampo vede quasi esclusivamente centrocampisti adatti a giocare "a due", mentre Rabiot e Bentancur rendono molto meglio da mazz'ali, Arthur non gioca con un partner al centro dalle notti di Libertadores e così via. A questo si somma forse una scarsa forma di umiltà, nel non ritornare sui suoi passi e di continuare ad oltranza con assetti tattici palesemente non digeriti dal gruppo oltrechè magari affidarsi ad un modulo meno rivoluzionario per poter fare risultato e magari continuare nell'applicazione in allenamento. Il non cambiare mai il gioco o la disposizione tattica dopo aver studiato gli avversari, come se dovessimo sempre imporre il nostro gioco anche quando ti hanno preso le misure come la sarta prima del tuo matrimonio. No, Pirlo non mi pare l'uomo giusto per questa squadra. Questa magari necessitava di un uomo più "pronto" anche se non un allenatore affermato. Un De Zerbi, ad esempio.  Adesso il futuro davanti, con una qualificazione da centrare vedendo uno scudetto che a meno di clamorosi passi falsi ha imboccato la strada di Milano. Un dramma? no, affatto. L'anomalia è vincere nove, dico NOVE anni consecutivi. Non un dramma a patto che si riesca a gettare le basi per un nuovo ciclo. Un ciclo basato sui giovani con un alleggerimento sostanzioso del budget stipendi, che veda lo smaltimento dei rami secchi che da anni gravano sul bilancio del club. Un mercato magari con un giovane allenatore con delle idee chiare, che sia un Pirlo più umile o un altro nome, magari meno altisonante ma più "pratico". Tutto questo sperando che si riesca finalmente a fare un mercato sulle proprie esigenze e non volto solo a scovare le occasioni di mercato. Il centrocampo visto oggi e a dir poco low cost spero sia da monito. Servono giocatori funzionali, non gente a caso e "poi vedremo dove metterli". Questo perchè ha portato la rosa in questi anni a non arrivare mai dove conta davvero, col bilancio carico e con poche porte per il futuro, la Juventus è un top club soltanto nel fatturato ed anche qua solamente grazie al boost plusvalenze. Farlocco, per dirlo in una parola. Quest'anno appare evidente come forse non ci sia una dirigenza che ha la scienza in mano ma che magari ha soltanto indovinato due-tre sessioni di mercato per poi campare di rendita, l'unica si con un progetto sensato in Italia ma che non ha equilibrato negli anni le cessione a una campagna acquisti che potesse rimpiazzare queste e nel contempo far fronte alle primavere che passano per i campioni sul viale del tramonto. C'è la necessità di rifondare. Necessità assoluta, a costo di perdere delle valuazioni sui cartellini, a costo di stare qualche anno senza vincere nulla. Rifondare per crescere, non per vivacchiare.

La notte è amara anche se, qualsiasi tifoso con del buon senso ha capito da diverso tempo che la Juventus poteva anche accedere ai quarti di finale, ma avrebbe avuto comunque vita breve dato il valore delle avversarie presenti e senza l'illusione della favola della squadra che si sveglia e le va a vincere tutte. E' un danno economico, ma che forse deve far riflettere. E' inutile avere uscite così importanti se il valore reale della rosa non è di qualità, o se ti porta a cedere il classico pezzo pregiato all'anno. Si potrebbe scrivere un libro sulle mancanze, sulla trama da thriller della partita, sul come più di mezza Italia sta godendo, ma la realtà è una.
La Champions è lontata da Torino, oggi più che mai. E senza un nuovo, vero, progetto sarà ancora più difficile.