Vincere non è importante ma è l'unica cosa che conta! Questo lo slogan che simboleggia la mentalità bianconera, una squadra ed una società che nonostante qualche cambio d'interpreti e qualche piccolo passaggio a vuoto ha dimostrato da sempre di essere un team che ha inculcato nel DNA questa voglia di primeggiare. Eppure da qualche tempo a questa parte qualcosa sembra non funzionare a dovere.

Precisamente da quando Massimiliano Allegri ha lasciato la guida tecnica di una Juve che in quanto a gioco certo non entusiasmava, però era cinica e vincente. Almeno per quel che riguardava il territorio Nazionale. E dire che quando Max fu chiamato a sostituire un certo Antonio Conte non raccolse molti pareri favorevoli tra gli addetti ai lavori. Però gli bastò davvero poco per rendersi ambasciatore più che allenatore di quello che poi è diventato "lo stile Juve". Fino a quando ha capito, forse, che questo stile, questa mentalità potevano essere sì vincenti ma non permettevano di guardare oltre i confini Nazionali. Per affermarti in Europa, la fame e la voglia di vincere da sole non bastano, ci vuole talento e questo ai bianconeri di certo non è mai mancato nei singoli. Ma forse nel collettivo sì. E qui è entrato in gioco l'uomo migliore, ex banchiere che sulla panchina si è ritrovato ad essere più che un allenatore, un direttore d' orchestra. Quel Maurizio Sarri che a Napoli ha regalato quei brividi che mancavano dall'epopea Maradoniana. Ma la Juve ha preso l'uomo giusto nel momento sbagliato. E se ne è resa conto davvero troppo in fretta. Perchè il tecnico toscano fa dell'insieme la sua forza, dove il singolo si dimostra solo un valore aggiunto alla squadra e non il fulcro di tutte le manovre. Consegnargli nelle mani una squadra con l'incipit del "palla a Ronaldo e pedalare" è stato uno dei più grossi errori della recente storia dirigenziale Juventina. Eppure più tempo passa e più mi rendo conto che Sarri sarebbe stato l'allenatore ideale per la squadra bianconera.

Il suo gioco, quello fatto vedere a Napoli per intenderci, avrebbe cancellato Calciopoli, quella teoria del fine che giustifica i mezzi, la sudditanza psicologica e di certo sarebbe riuscito a far odiare la Juve un po' di meno. Ma la pazienza e la virtù dei forti ed in questo caso non si è saputo aspettare, non si è arrivati a capire il problema e di conseguenza non si è cercata una soluzione. La Juve quando ha preso uno dei più forti al Mondo, non ha tenuto in conto una cosa. La centralità del progetto. Ronaldo è uno che vuole vincere, ma da solo sempre, non lo puoi fare. E soprattutto non puoi farlo per sempre. Maurizio, col tempo, avrebbe dato un'identità diversa a questa squadra, avrebbe fatto capire che quello che conta non è il risultato finale, ma come ci si arriva. Una mentalità poco da Juve, forse, ed è per questo che alla fine la dirigenza torinese ha preferito resettare.

Resettare appunto, l'unica opzione che hai quando capisci che non puoi cambiare. Mossa astuta Pirlo. Come astuto è seguire il "modello Milan". Squadra ed innesti giovani ed un fuoriclasse al centro del progetto. Gli acquisti di McKenney, Kulusevski,Demiral e Chiesa vanno tutti in questa direzione. E si è passati dal capitano Sarri, all'ammiraglio Pirlo. Il primo sempre bersagliato, l'altro messo quasi sotto protezione. Uno dal quale si pretendeva tutto e subito, con un altro che essendo alla prima esperienza puoi aspettare e perdonare. Pirlo a Benevento non si è portato Ronaldo pensando, forse, di averla già vinta. Ed invece ha pareggiato pur non finendo sul banco degli imputati. Tanto è Ronaldo che decide quando e per quali record giocare. In questo qualcosa non quadra, è qui che i conti non tornano. CR7 è così convinto di vincere in Italia da potersi permettere di rinunciare ad una partita di campionato, per una di Champions che sostanzialmente non avrebbe messo in pericolo il discorso qualificazione.
Se si vince bene, ma cosa succederà se la Juventus quest'anno non dovesse passare per prima al traguardo scudetto? Nulla, perché con Pirlo si è creato l'alibi perfetto. Permettersi un anno di transizione e partire per ricominciare.