Ammetto ieri sera di aver preferito Spagna-Argentina ad Italia-Inghilterra.
Il gioco del calcio per me non è solo risultato; vedere la Roja stare in campo è veramente l'apoteosi del gioco per come lo intendo io. Corsa, qualità, dinamicità e, perché no, anche della buona fisicità e tattica.
Tutte caratteristiche che dalle nostre parti non si vedono dai vari Del Piero, Totti e Pirlo. Questa penuria di giocatori fuoriclasse ha un motivo particolare? È mai possibile che in 20 anni non si sia riusciti a sfornare qualche talento degno dei tre citati sopra?!

Da amante del calcio, appunto, seguo con molto interesse anche i campionati giovanili e in questo momento, in particolare, la Viareggio Cup. L'eccellenza delle giovanili passa dalla mia Toscana ed ogni anno mi propone degli spunti che si assomigliano sempre. C'è un filo conduttore nelle nostre squadre primavera.
Detto e ridetto che, così come sono, hanno poca utilità per le prime squadre, ho notato una ricerca veramente spasmodica del fisicità fine  a se stessa. Non importa avere due piedi, basta essere alti 1,90 ed essere superdotati rispetto ai coetanei. Posto come concetto di base questo, per trovare questa conformazione fisica, ovviamente ci si reca nei paesi dove queste abbondano: ed ecco che le nostre primavere sono piene di africani e in generale di stranieri. Non voglio farne una questione di etnia o di razza, sto solo analizzando dei dati oggettivi.

La seconda domanda che mi sono posto a questo punto è stata: perché le squadre preferiscono i ragazzi dal grande fisico, invece di investire sulla qualità? La risposta è pressochè scontata: il risultato.
Le nostre primavere, invece che essere fucina per i talenti da regalare alla squadra superiore, diventano mondi a sé stanti dove la vittoria è molto più importante dello sviluppo del calciatore. Non è un caso, infatti, che nemmeno il 10% di questi ragazzi riesca a raggiungere un giorno la prima squadra. Ed è anche per questo che i nostri ragazzi italiani non riescono ne a farsi spazio nel mondo giovanile, ne a migliorare le loro qualità umane e sportive.

In questo concetto, credo sia determinante la nostra mentalità italiana retrograda: siamo un paese di eccellenze e per questo crediamo di saper fare tutto e farlo meglio degli altri. Sento spesso dire (soprattutto da i miei amici juventini) che le nostre qualità sono altre: non è il bel gioco, non è giocare al calcio, ma essere ben messi tecnicamente e rendere le partite una "battaglia". Attualmente, però, questo modo di fare calcio cozza terribilmente con le migliori realtà europee.
La Germania, dopo la non qualificazione nei primi anni 2000, ha abbandonato la caratteristica dei "panzer tedeschi", inserendola in un contesto di qualità, che volente o nolente serve per segnare un gol in più dell'avversario. L'insegnamento tedesco, poi, ci deve far aprire gli occhi anche su quelli che noi chiamiamo "oriundi". Viviamo in una società multietnica, togliersi la possibilità di avere campioni perché non sono "veri italiani" oltre ad essere infantile è anche controproducente.

Spero che la disfatta con la Svezia dia una sterzata netta a tutto il movimento italiano in generale. Nel discorso ci metto anche la mia Juventus, che nonostante le tante vittorie, quest'anno ho sempre criticato per la mancanza di gioco. Credo che il materiale umano per giocare al calcio ci sia; si deve soltanto fare lo sforzo mentale di abbandonare una strada segnata che non ha portato risultati positivi. Serve insegnare ai ragazzi come si controlla un pallone e come sia divertente averlo tra i piedi... per insegnare a fare il muro, in una carriera, c'è sempre tempo.