Lessing diceva che “l’attesa del piacere è essa stessa il piacere”. Nel Sabato del Villaggio, Leopardi e il suo Pessimismo Cosmico rivisitarono la questione in altra chiave: la continua ricerca di una felicità che non giunge mai. La speranza dei tifosi juventini è che questo aspettare un ritorno alla normalità bianconera fatta di successi sia sereno ma, soprattutto, conduca al risultato auspicato. Signori, è inutili girarci intorno. A Udine è andata male. Occorre, però, riavvolgere il nastro e giungere al pareggio, 2-2, della “Dacia Arena” soltanto dopo aver trattato dell’estate che ci sta lentamente sfuggendo di mano.

Quello di domenica scorsa è soltanto un brusco risveglio dai bagordi che, per i sabaudi italici, sono iniziati dopo l’orrenda sconfitta casalinga contro il Milan durante lo scorso maggio. Poi vi fu Sassuolo e, da lì, l’Araba Fenice pareva rinascere dalle sue ceneri. Sembrava, appunto. Dopo la vittoria di Reggio Emilia, la Vecchia Signora ebbe la meglio sui neo scudettati interisti prima di sconfiggere l’Atalanta nella finale di Coppa Italia. Quello fu un trionfo quasi inaspettato che lanciò la squadra al successo di Bologna e, grazie al pareggio del Napoli, alla conquista della qualificazione in Champions. Ciò diede respiro alla società anche in ottica economica. L’estasi della bella stagione proseguì con il ritorno di Allegri che, in tanti, videro come il “messia” giunto per riportare il gruppo sul giusto cammino. Ecco, poi, le Notti Magiche degli azzurri agli Europei e, pur se non si trattava di calcio, anche le imprese olimpiche. L’apice fu rappresentato dall’arrivo di Locatelli che, per tanti, è il regista a lungo atteso. Questo ben di Dio durato circa 4 mesi si è completamente disciolto sul terreno friulano? No! Non è così. Semplicemente ha riportato tutti sulla terra e con i piedi ben ancorati al suolo sbattendo in faccia la realtà. Troppi, infatti, vedevano la Juventus come favorita per lo Scudetto. Può essere. Non lo nego. Ma qualche giorno fa scrissi di prestare grande attenzione all’Inter che, in un’orgia di piagnistei, sta creando un’ottima squadra. Pure l’Atalanta si è rinforzata partendo da una base solida. La Lazio ha scelto Sarri e vanta il centrocampo più forte di tutti: Milinkovic-Savic, Leiva e Luis Alberto. La Roma di Mou è una mina vagante così come il Napoli di Spalletti e il Milan di Pioli. Nulla è scontato.

A Udine ho compreso parecchie cose e le potrei riassumere in unico concetto: agli juventini serve pazienza che, per un noto aforisma, è anche la virtù dei forti. Perché? I motivi sono svariati. Per comprenderli è necessario partire da un concetto. Intorno alla squadra sta regnando il caos e questo si percepisce dai discorsi degli addetti. Alcuni lanciano miele. Altri, invece, non esattamente e prevedono un fosco futuro. Chi avrà ragione? Solo il tempo potrà dirlo, ma opterei più per una visione più simile a quella dei primi. A parte il portiere, la compagine è forte. Non me ne voglia Sczcesny, ma quando si sognava Donnarumma c’era un motivo… Tralasciando le colossali papere udinesi del polacco, che ci si augura non siano più di questa portata altrimenti Perin è pronto, il gruppo bianconero è invidiabile. Danilo o Cuadrado, Bonucci, De Ligt o Chiellini e Alex Sandro o De Sciglio rappresentano una grande difesa. Seppur si necessiti di un altro regista perché Locatelli non può essere sempre presente, anche il centrocampo non è così male. Oltre all’ex sassolese si trova Bentancur che, schierato nella posizione di mezz’ala o incontrista, mostra il suo potenziale. Rabiot non è un campione, ma è una garanzia di livello internazionale. Lo stesso vale per Ramsey. Mckennie ha importanti margini di crescita e, quando tornerà a disposizione, Arthur fornirà un contributo tecnico rilevante. L’attacco, poi, è indiscutibile: Ronaldo, Morata, Dybala, Chiesa, Kulusvski, Bernardeschi, Kaio. C’è l’imbarazzo della scelta. Non è il Psg e, in particolare in mediana, esiste qualche dilemma tattico. In tanti, però, potrebbero invidiare una simile rosa. Il problema è che il gruppo necessita di tempo. Per quale motivo? Il ciclo era già iniziato l’anno scorso. E’ vero, ma con un allenatore diverso che ha lasciato un’eredità da correggere.

A lungo ho sostenuto che il lavoro tattico di Pirlo sia stato positivo, ma lo stesso non si può dire per quello psicologico. Andrea voleva portare il “contismo”. Non ha centrato l’obiettivo. Era alla prima esperienza e potrebbe avere pagato lo scotto. Ho troppo sovente visto una squadra spenta e senza fame. E’ mancata la “juventinità”. “Vincere non è importante, è l’unica cosa che conta” diceva Boniperti. Ecco, appunto. I nuovi arrivati lo devono imparare e la vecchia guardia non può addormentarsi sugli allori. Gli esempi pratici della situazione sono gare alla stregua di Udine. La squadra vinceva 2-0, ma si è fatta rimontare. Nella passata stagione sottovalutò il Benevento che gli strappò 4 punti su 6 a disposizione nei 2 incontri. Lo stesso valse con la Fiorentina. Tranvate simili avvennero anche con l’Inter a San Siro, dove i bianconeri non scesero in campo, o, come detto, in casa contro il Milan. Per riaccendere l’interruttore, già vicino allo spegnersi durante l’era Sarri, serve pazienza. Non basta un click come per attivare la corrente. La mente umana non è così immediata. Max Allegri è l’uomo giusto per riportare la corretta ideologia. Come posso sostenerlo? Lo ha già dimostrato nella precedente avventura con questi colori. “Il lupo perde il pelo, ma non il vizio”. Il livornese non me ne voglia. Non esiste alcun riferimento alla sua capigliatura. Il toscano non è un tecnico anziano che ha perduto il suo spirito. Semplicemente bisogna attendere un fisiologico tempo di adattamento. E’ posto al comando di una compagine che in 2 stagioni di assenza è variata parecchio. I dubbi, invece, riguardano alcuni calciatori. La speranza dei tifosi bianconeri è che, in loro, un certo tipo di atteggiamento e mentalità non siano innati. A quel punto, se parte dell’essenza, modificarli sarebbe praticamente impossibile. Tale potrebbe essere davvero un serio problema a cui solo il tempo darà risposte certe.

Si parlava dell’assenza dai campi di Allegri. Mi pare di ricordare che il toscano abbia sostenuto di avere seguito meno il calcio soprattutto durante la prima stagione. Ci sta. Ha giustamente staccato la spina dopo 5 anni juventini molto intensi preceduti da altri con la medesima caratteristica. Ora, però, serve un normale periodo di adattamento pure per lui. Il pallone è cambiato parecchio. Questi ultimi 730 giorni sono stati difficili per chiunque e hanno provocato scossoni enormi in ogni settore. Il covid ha già modificato il mondo e il modo di vivere delle persone. Lo sport maggiormente amato in Italia non poteva essere escluso. L’esempio più banale e concreto è quello delle 5 sostituzioni a gara con cui Max fa i conti per la prima volta. Al di là delle conseguenze del maledetto virus, l’esistenza corre talmente veloce che la tecnologia è un fulmine. L’approccio al Var non è il medesimo di 2 anni fa. Voi penserete che stia trattando del fuorigioco di Ronaldo a Udine. Quei pochi centimetri avrebbero sicuramente cambiato la partita, ma non l’analisi generale. Il riferimento non è a quello anche perché è un dato oggettivo non variabile nel tempo. In proposito vorrei solo affermare che ritengo si debba addivenire a una diversa valutazione degli offside. Così non si premiano le capacità. L’esempio è banale e parlo proprio del caso CR7. Che meriti ha avuto Becao? Nessuno! Si è fatto saltare in testa dal rivale e non venitemi a raccontare che è stato bravo a porlo in posizione irregolare perché non vi credo. Il portoghese, invece? E’ svettato sull’avversario lasciandolo a bocca asciutta. La sua abilità atletica spettacolare è stato cancellata dalla fortuna del difensore. Per me non è giusto. Questa ossessione millimetrica per la tecnologia sta uccidendo l’essenza dello sport che è rappresentata, appunto, dalle capacità. Serve un range minimo in cui non si considera il fuorigioco. Si potrebbe pensare alla presenza di “luce” tra i calciatori. Un ritorno al passato. Mi scuso per la divagazione. Allegri ha bisogno di rimettere in moto la macchina comprendendo che la qualità del campionato italiano è nettamente migliorata rispetto a 2 stagioni fa. Non a caso si è vinto l’Europeo. Il catenaccio puro potrebbe non essere sufficiente qui come non le era in Champions. E’ necessario qualcosa di diverso. La prime versioni della Juve targata Max erano certamente meno chiuse rispetto a quelle delle ultime 2 stagioni con lui al timone.

Signori, serve pazienza e potrebbe essere necessario attendere parecchio tempo per rivedere una Juventus vecchio stampo. Come detto, la speranza è che alcuni giocatori non abbiano un “difetto di fabbrica innato” cioè una mentalità che non si sposa con quella sabauda. Occorre augurarsi, poi, che le avversarie non scappino troppo ed essere bravi a barcamenarsi durante tale periodo. Le parole di Allegri dopo la partita di Udine mi sono parse un’autentica garanzia in proposito. Lui è pronto al salto di qualità. Chi lo ama, lo segua. A volte, la vita regala pure sorprese inaspettate e potrebbe essere che il momento di adattamento sia molto breve. A quel punto, poche lunghezze perdute sulle prime non rappresenterebbero un problema immenso perché si vive un campionato molto incerto e non noto schiacciasassi in grado di ucciderlo. Il margine per ricucire c’è, ma urge modificare gli atteggiamenti senza scherzare con il fuoco. “Un uomo che osa sprecare anche solo un’ora del suo tempo non ha scoperto il valore della vita” diceva Darwin. Noi tifosi avremo pazienza di attendere, ma la squadra si faccia trovare pronta.