C'è poco da dire. Quando ti scontri con un giocatore e una squadra che stanno scrivendo la storia del calcio, qualsiasi analisi o commento diventa banale e superfluo. Possiamo parlare dell'oramai cronica assenza di gioco, di cui si è parlato fin troppo da quando Allegri siede sulla panchina bianconera, delle assenze di Benatia e di Pjanic, degli errori della BBC in occasione dei primi due gol, che con ogni probabilità mettono la parola fine ad un ciclo che dura da sette anni, oramai giunta al capolinea, di Allegri che sbaglia schierando solamente due centrocampisti di ruolo, dimostrando di non aver imparato la lezione di Cardiff, di Higuain e Dybala che non riescono mai ad incidere in campo internazionale, ma sono considerazioni che passano in secondo piano, perché la realtà vera è un'altra.
Il Real Madrid è semplicemente di un altro pianeta.

Quello che fa più male è che si debba fare questa constatazione dopo anni in cui la Juventus, almeno dal punto di vista dei risultati, si era avvicinata alle grandi squadre europee; le due finali disputate nei tre anni precedenti contro Barcellona e Real Madrid e la sfortunata eliminazione del 2016 contro il Bayern Monaco avevano fatto credere che la distanza non fosse così abissale nonostante un fatturato inferiore di 200/250 milioni rispetto a queste tre squadre.
Da questo punto di vista quella di ieri sera è stata una sentenza: il gap c'è ancora ed è molto più ampio di quanto tutti pensassero; scoprirlo nella serata in cui si subisce la peggior sconfitta casalinga da quando c'è lo Juventus Stadium, non fa altro che rendere ancor più doloroso tutto ciò. La verità è che si può riuscire nell'impresa di eliminare una di queste squadre,come accaduto nel 2015 con il Real Madrid e lo scorso anno con il Barcellona, ma sperando di incontrarle in un momento non particolarmente brillante per loro, e allo stesso tempo arrivandoci nelle migliori condizioni fisiche e mentali. Se poi ti trovi di fronte anche un Cristiano Ronaldo in stato di grazia, che sta letteralmente scrivendo la storia del calcio, l'impresa diventa impossibile.

Negli ultimi per colmare queste differenze si è fatto poco o nulla; anzi, si può dire che per certi versi il divario è aumentato. Anzitutto perché le politiche societarie in sede di mercato, che prevedono ogni anno per fare acquisti la cessione di un pezzo da novanta con tanto di plusvalenza, vanno esattamente nella direzione opposta.
Come ho sempre sostenuto, questa filosofia in campo internazionale non pagherà mai; lo penso dai tempi in cui per rifondare la squadra vennero ceduti Zidane e Inzaghi: negli anni successivi furono loro a vincere la Champions, mentre la Juventus rimase come al solito con il cerino in mano. In secondo luogo, perché con questa politica si è smantellato quello che era il più forte centrocampo d'Europa, facendo poi poco o nulla per trovare sostituti all'altezza; tutte le trattative portate avanti sono naufragate di fronte alla rigidità delle società di appartenenza degli obiettivi individuati, complice anche una volontà spesso maniacale della società bianconera di ottenere sconti sui prezzi dei cartellini.

La sconfitta di ieri sera da questo punto di vista è stata una sentenza: questa strategia può essere buona per vincere in un campionato italiano il cui livello è ai minimi storici, ma non potrà mai essere giusta per vincere la Champions. Non lo era quando il campionato italiano era il migliore al mondo e tutti i fuoriclasse venivano a giocare in Italia, figuriamoci adesso.
Occoreranno anni ed anni per poter competere alla pari con Real Madrid e Barcellona, ma al momento ciò non è possibile, mettiamoci l'anima in pace. Forse è anche giusto così.