In quasi tutte le discipline conosciute dall’uomo esistono le “scuole di pensiero”. Queste sono varie correnti diverse l’una dall’altra. Hanno un loro modo di analizzare la realtà o un qualsiasi suo elemento. Tra le più celebri si trovano quelle filosofiche come l’Epicureismo, il Platonismo o il Positivismo. Esistono pure le letterarie e qui si può riconoscere il Romanticismo, il Decadentismo, il Verismo o altro. Questo genere di suddivisione è compatibile con gli studi umanistici, ma pure con quelli scientifici. In matematica, per esempio, non si può certo dimenticare la scuola pitagorica. Tutto questo si direbbe essere più che naturale. Per fortuna, come altre specie, l’essere umano è stato creato con una mente pensante. Questo gli consente di sviluppare ragionamenti che possono essere differenti da quelli dei suoi simili. E’ giusto che sia così altrimenti il rischio sarebbe quello di un mondo completamente omologato e uguale. Tale fatto risulterebbe assolutamente intollerabile dando origine a gravi e seri problemi di convivenza di molto superiori a quelli che già, purtroppo, ci si trova costretti ad affrontare non senza difficoltà.
Da queste diversità sorgono idee diseguali e teorie dissimili. In tal modo si originano le varie scuole che sviluppano e migliorano le proprie tesi nel rapporto o confronto con quelle opposte. Il tutto è assolutamente favoloso e consente a ogni disciplina di svilupparsi progredendo con il trascorrere del tempo ed elaborando idee a dir poco geniali.

Questo avviene anche nel mondo del calcio. Nel trascorrere dei decenni, “il pallone” è andato incontro a importanti modifiche rispetto al passato. A ciò hanno contribuito in gran parte i media che sono progrediti proliferando in misura assolutamente esponenziale. I mezzi di comunicazione hanno favorito l’interesse delle persone per questo magnifico gioco ed è logico che dove vi sono molte menti nascono tante idee. Così anche il calcio è divenuto una realtà sociale importante nella quale originare vari studi e teorie sempre più dettagliati. In sostanza, il sistema e la sua complessità sono accresciuti in maniera proporzionale. Anche il mondo del pallone ha le sue scuole di pensiero. Nel periodo recente stiamo assistendo a un interessante confronto tra “l’allegrismo” e il “sarrismo”. La Juventus è assoluta protagonista di questo fantastico duello. I bianconeri avranno l’onore di provare entrambe le correnti che paiono agli antipodi e proprio per tale motivo, probabilmente, occorrerà avere pazienza per assistere al completarsi di un cambiamento che potrebbe risultare epocale.

Partendo dal principio. Nell’estate 2014, nasceva la prima Vecchia Signora guidata dal tecnico livornese. La squadra sabauda giungeva dal “periodo contiano”. Pure il vate leccese ha un suo metodo professionale diverso da quello dei citati colleghi e anch’esso protagonista di una scuola che potrebbe essere definita come “tremendismo”. Le compagini condotte dal salentino hanno un’identità chiara e definita che si fonda sulla fame della vittoria. Pure se l’impressione è quella di un allenatore duro e quasi burbero, inteso nell’accezione positiva dell’aggettivo, in realtà il pugliese è molto attento all’aspetto psicologico della faccenda. Non è un caso se molti dei suoi giocatori si getterebbero nel fuoco per lui. Non ho mai avuto l’onore e il privilegio di lavorare con Conte, ma stando a quanto si comprende dai racconti di molti tra quelli che gli sono stati professionalmente vicini, è un uomo che chiede grandi sacrifici e li ricompensa in maniera adeguata.
L’attuale allenatore dell’Inter punta molto sul senso di appartenenza ai colori che si trova a difendere. Pretende di venire a contatto prima di tutto con “grandi uomini”. E’ un mister che basa il suo lavoro sulla motivazione che infonde nei propri calciatori e sino a ora non ha mai fallito. Non è un caso se si trova sovente a consentire la massima resa ad atleti che sino a quel momento non avevano mai sfondato totalmente durante il corso della carriera. La Vecchia Signora che vinse il suo primo Scudetto disponeva di calciatori come Bonucci, che ormai veniva quasi considerato una promessa mai sbocciata, o lo stesso Marchisio che negli anni precedenti aveva sempre mostrato grandi potenzialità, ma che non era stato ancora in grado di trasformarle completamente in atto.
A tutto questo, mister Conte aggiunge un calcio che si fonda sulla corsa e sull’atletismo. Si dice: “mens sana in coropore sano”. Questo aforisma specifica chiaramente che mente e corpo sono realtà assolutamente collegate. Sono parte del medesimo sistema e come ogni elemento che lo compone vivono a diretto contatto l’una con l’altro. In quasi tutte le competizioni agonistiche di corsa è vietato l’utilizzo della musica. Perché? Semplice: questo strumento lavora sulla mente dell’atleta provocando l’emissione di sostanze che migliorano le prestazioni. Chiaramente non è doping, ma ha un effetto simile. Qualsiasi runner avrà sperimentato la differenza che si nota nell’attività svolta con o senza le melodie che preferisce.
Ecco, la carica agonistica che Conte riesce a infondere al suo gruppo consente ai calciatori di entrare in campo talmente carichi da non accorgersi quasi della fatica. Così affrontano gli avversari come se fossero belve feroci e aumentano la loro capacità espressiva. E’ chiaro che tutto questo deve combaciare con una preparazione fisica adeguata e Perisic ha recentemente reso l’idea. Trasferitosi al Bayern Monaco, il croato ha sottolineato l’importanza del lavoro svolto durante il precampionato con il pugliese. Pure questo non è sufficiente e il “tremendismo contiano” poggia su una grande attenzione ai dettagli tattici con una squadra sempre corta, compatta, pressante e che viaggia ad elevata velocità.

Non è un caso se i cicli del tecnico salentino non sono mai esageratamente lunghi. Quello bianconero durò 3 stagioni. In Nazionale rimase solo 2 annate così come al Chelsea. Conte è un martello e i suoi metodi rischiano di logorare presto l’ambiente che sente la necessità di un cambiamento. Così Antonio lasciò la Vecchia Signora che si affidò alle opposte cure. Ecco che a Torino sbarcò Allegri. Il toscano fu molto abile nell’apportare lentamente le modifiche del caso senza traumatizzare una squadra vincente. Il periodo di transizione tra i 2 allenatori fu piuttosto lungo, ma non sofferente.
La Juve continuava a vincere. I primi sintomi di “allegrismo” furono espressi durante il novembre 2014. Erano trascorsi ormai 4 mesi dal suo approdo in Piemonte e la Vecchia Signora guidata dal mister toscano abbandonò il 3-5-2 per affidarsi al rombo di centrocampo. Non è un caso se tutto questo avvenne in una sfida di Champions dove i bianconeri erano costretti a vincere per non rischiare la discesa in Europa League. Le sfide continentali, infatti, avevano rappresentato il vero tallone d’Achille del “meccanismo contiano”. Con fatica la Juve superò 3-2 l’Olympiacos e si lanciò verso gli ottavi di finale. Con il trascorrere del tempo, la squadra sabauda divenne sempre di più una creatura fatta a immagine e somiglianza del suo tecnico. Tanto che, nelle ultime stagioni, tra i 2 vi era un rapporto quasi simbiotico. I bianconeri si riconoscevano solo ed esclusivamente nel calcio di Allegri. Vi è chi sostiene che le compagini guidate dal toscano non abbiano una loro identità di gioco. Non credo sia così. Semplicemente questa è da cercarsi in uno stile che non mostra troppi schemi o impostazioni marcate e ben riconoscibili. La sua essenza sta nella libertà di espressione che l’allenatore lascia ai suoi campioni. Se si pensa alle grandi squadre, sovente si trova una simile situazione. Zidane è stato in grado di salire per 3 volte sul tetto d’Europa con un Real Madrid che non fondava certo il suo calcio su un gioco mnemonico o preparato a tavolino.
Qualcuno obietterà che i Galacticos guidati dal francese mostravano una manovra migliore e più fluida rispetto a quella dei bianconeri e, soprattutto, comandavano le ostilità. Nulla da eccepire, ma esistono pure compagini che hanno vinto la Champions League esattamente nella maniera di Allegri. Un esempio lo si trova proprio in Italia. Si tratta della grande Inter con la quale Mourinho centrò il triplete nel 2010. La semifinale di ritorno contro il Barcellona è il manifesto del catenaccio un po’ demodé, ma che ha portato tante soddisfazioni al pallone nostrano. E’ vero, la Benamata rimase presto in 10 uomini a causa dell’espulsione di Thiago Motta, ma in quella sfida si difese sempre e costantemente con tutti gli effettivi. Sino allo stremo delle forze. Perse 1-0 con una rete di Pique che riuscì a superare “la muraglia cinese” che i lombardi eressero a difesa della porta di Julio Cesar. In virtù del 3-1 con il quale si sbarazzò dei catalani a San Siro, quel risultato consentì all’Inter di accedere alla finale del Bernabeu poi vinta 2-0 sul Bayern Monaco.
La partita del “Camp Nou” non rappresenta l’unico esempio di una simile espressione nerazzurra durante il corso di quell’annata. L’intenzione è quella di sfatare il tabù per il quale con “il catenaccio” non si può vincere. Non è affascinante, non è intrigante e non è di tendenza, ma è pur sempre più che rispettabile. “L’allegrismo”, che non si vuole far coincidere esattamente con il modello sopra descritto, si fonda su un’importante struttura difensiva per lasciare soprattutto all’estro dei suoi campioni la responsabilità di ferire gli avversari. Le squadre guidate dal toscano trasmettono una sensazione di grande serenità e calma. Mostrano la consapevolezza dei forti che sanno soffrire serrando i ranghi senza mai rischiare per poi affondare il colpo come cobra. Bastava un minimo istante di pausa nei rivali e la Juve era subito pronta con il suo morso letale che giungeva con la rapidità e l’istinto tipico del rettile velenoso. Non è un caso se mister Allegri sfiorò 2 triplete e solo la “maledizione” bianconera in Champions gli ha impedito di sollevare la coppa. Dopo la finale di Cardiff, però, qualcosa si è rotto. Le ultime 2 stagioni della Vecchia Signora hanno mostrato una squadra diversa. Avete presente il corso della vita? L’essere umano nasce come un bambino. Cresce, si sviluppa e da il meglio di sè. Poi giunge a un’età nella quale le forze diminuiscono così è costretto a rintanarsi dietro a certezze consolidate, ma ormai logore. Stanchezza e fatica prendono il sopravvento così la persona non riesce più a riconoscere se stessa. Questo sembra essere accaduto ai bianconeriA quel punto, la Juve e il suo allenatore hanno inevitabilmente dovuto separarsi e i piemontesi hanno scelto Sarri.

Il tecnico di Figline dovrà rappresentare il top player bianconero.
E’ assolutamente strano e quasi assurdo sostenere questa tesi in una squadra che può disporre di giocatori come Cristiano Ronaldo, Douglas Costa, Pjanic, de Ligt o altri. Per comprendere il significato di una simile affermazione è necessario concentrarsi proprio sulle 2 trascorse stagioni dei sabaudi. Queste non si possono che definire vincenti in quanto hanno portato in dote 2 Scudetti, una Supercoppa Italiana e una Coppa Italia. Il cammino in Champions non è stato fantastico come nei recenti trascorsi, ma la squadra è sempre rimasta tra le migliori 8 d’Europa. Nonostante tutto, qualcosa ha deluso lasciando un sapore amaro sul palato. Il riferimento è proprio a quanto sopra descritto. Si è assistito a una compagine stanca e logorata dal tempo. Un’estate fa, lo sbarco in pompa magna di CR7 aveva lanciato fuliggine negli occhi di tanti compreso il sottoscritto. Si pensava che la nuova-vecchia Juventus potesse raggiungere grandi fasti. In effetti, l’inizio dell’annata si è mostrato in linea con le aspettative. E’ bastato qualche passaggio a vuoto per ritrovare i problemi della stagione precedente. Le certezze appena create si sono squagliate e la Vecchia Signora è tornata a quelle vetuste e ormai usurate. La doppia sfida contro l’Ajax è il perfetto esempio di questo concetto. “L’allegrismo” fu talmente estremizzato da capitombolare fragorosamente. E’ così: quando un modello viene portato avanti per troppo tempo tanto da raggiungere i suoi livelli più radicali, il rischio è quello di clamoroso fallimento. Sia chiaro che questa parola non può minimamente essere associata alla Juventus della scorsa stagione, ma solo alle 2 gare contro i Lanceri. Si diceva che il calcio del livornese si fonda su una fase di non possesso a tenuta stagna per lasciare poi largo all’inventiva dei suoi campioni.
Ecco, in quelle partite si è assistito a un Ronaldo VS olandesi. Contro la squadra di ten Hag, la Juve ha realizzato 2 reti e queste portano la pregiata sottoscrizione del lusitano. A parte i detti timbri, tutto il gruppo è parso gettarsi completamente nelle braccia del suo leader. Il calcio è uno sport di squadra e questo non è possibile. Il dato relativo a une certa dipendenza dal portoghese della Vecchia Signora di Coppa diviene ancora più sconsolante se si pensa che, dagli ottavi in poi, i piemontesi hanno segnato 5 gol in 4 match e tutti sono stati realizzati da Cristiano. Sarebbe bastato davvero poco di più per potere raccontare una storia diversa.
Sfortune varie e infortuni hanno completato l’opera, ma le situazioni non si verificano mai per caso. Tutto questo può essere servito ad Allegri e alla Juve per comprendere che fosse giunta l’ora dell’addio. Non solo, potrebbe pure aver determinato Paratici e colleghi nello scegliere Sarri.
Ora il toscano deve compiere un’opera dall’elevato quoziente di difficoltà. Il suo compito è quello di trasformare l’identità bianconera spostandola dal singolo al gruppo. In sostanza deve operare in maniera totalmente opposta dal suo predecessore che aveva predisposto la modifica contraria rendendo la Juve una grande d’Europa. Adesso i piemontesi devono effettuare questo ulteriore passo. Un esempio palese del giovamento che si dovrebbe ottenere dagli sforzi del nuovo mister è quello per il quale la Vecchia Signora potrà fronteggiare meglio talune assenze. In considerazione del fatto che solitamente Maurizio è alquanto restio nell’approcciarsi al turnover, tutto questo appare paradossale. In realtà non è così. I Campioni d’Italia dispongono di una rosa di livello particolarmente elevato e tutti gli uomini sono in gradi di affrontare sfide difficili.
E’ necessario, però, che trovino nuove certezze non confidando completamente sulla presenza dei loro noti campioni. Queste sicurezze dovranno trovarle nel “sarrismo” promotore di un calcio più scientifico e meno fondato sull’estro del singolo.

Ecco perché il nuovo tecnico potrebbe risultare l’autentico top player della squadra. Il toscano, però, dovrà essere molto abile nel “mantenere quel 99 percento di positivo che aveva la Juventus di Allegri”. Il suo predecessore, infatti, era un mago nel gestire lo spogliatoio, le sue dinamiche e i vari minutaggi. Il mister di Figline dovrà seguire la strada che è stata tracciata.