A Verona la Juventus ha inanellato l’ennesima partita inguardabile della stagione, consuntivando tre sconfitte nelle ultime cinque giornate di campionato, con un ruolino di marcia da squadra di centro classifica. Inoltre, se perdere fuori casa contro la Lazio e il Napoli ci può anche stare, lasciare il campo sconfitti anche a Verona è deprimente, sostanzialmente per tre ordini di motivi.

Il primo motivo risiede nel fatto che si perde nonostante in queste settimane si disponga di un Ronaldo, in condizioni di forma straordinaria (la sua rete a Verona è stato un autentico gioiello, di forza e di classe). Credo che, in assoluto, questo sia il momento migliore del portoghese a Torino. In pratica, con Lui in campo, la Juventus parte sempre con un goal di vantaggio (peccato che non basti, però…).

La seconda motivazione è la differenza di qualità dell’organico tra la squadra bianconera e gli scaligeri. Basti dire che l’intera rosa del Verona ha un monte ingaggi complessivo pari ad un terzo dello stipendio di CR7. In condizioni normali, su dieci partite con il Verona, la Juventus dovrebbe vincerne nove e pareggiarne una (perché i bianconeri sono ridotti in nove, causa espulsioni) e, invece, abbiamo perso, meritatamente.

La terza spiegazione è, per lo scrivente, la più paradossale di tutte. Il Verona era alla terza partita in sei giorni, con ultima partita disputata a Roma solo mercoledì scorso. Nello stesso periodo, la Juventus si allenava allegramente alla Continassa, con tutto lo staff tecnico impegnato a calcolare le percentuali di possesso, in partitella, della squadra A contro la squadra B. Chi ha assistito alla partita, avrà sicuramente immaginato che era la Juventus alla terza partita in sei giorni e non il contrario. Per i primi trenta minuti, il Verona ci ha preso a pallate, segnato un goal annullato per fuorigioco millimetrico (tra l’altro con il solito traversone da palla ferma) e collezionato due occasioni da rete nitide. Nel frattempo, la Juventus sbagliava di tutto: le uscite dalla difesa, i contrasti a centrocampo, i passaggi elementari. A parte l’estemporaneità della traversa di Douglas Costa (su azione personale, in cui si è chiaramente vista l’impronta del gioco sarriano) e del palo di Ronaldo (sempre su azione personale, che il portoghese ha mutuato dalla regola n. 9 del gioco di Sarri), la Juventus nel primo tempo non è esistita. Nella ripresa, con il Verona che ovviamente riduceva il ritmo, abbiamo tirato in porta solo una volta, ovvero il goal di Ronaldo e praticato il solito sterile gioco di tocchi in orizzontale, stucchevole e sfinente.

A questo punto, occorre necessariamente interrogarsi sulle ragioni per le quali, ancora a febbraio, la squadra sembri essere anni luce da un gioco e da una condizione fisica appena accettabile (a parte Ronaldo).
A parere dello scrivente, le ragioni sono molteplici, tra le quali, forse, le seguenti:

Le scorie dello sconcertante mercato estivo

Il cambio dell’allenatore non ha modificato le strategie che lo stesso aveva ipotizzato, per consentire alla Juventus di continuare ad essere competitiva (in una delle ultime conferenze stampa ancora da tecnico in carica, Allegri aveva infatti anticipato di aver individuato dove sarebbe stato necessario intervenire). Ritengo che, anche alla luce di ciò, il Chief Football Officer Paratici – dopo l’ingaggio dei due fenomeni a parametro zero, Rabiot e Ramsey, abbia provato a sgravarsi del “pacco” Higuain e di Dybala (quest'ultimo ritenuto non più funzionale al progetto, in quanto mai decollato al ruolo di campione consacrato, restando sempre nel limbo di giocatore di talento ma immaturo), nonché di Mandzukic (riuscendovi solo a gennaio. A proposito: che perdita quella del croato!); mentre gli altri (ad es. Khedira) erano incedibili per totale mancanza di acquirenti. Ora è indubitabile che tali manovre fossero all’insegna di anticipare un profondo rinnovamento e di ciò credo che gli altri calciatori “in bilico” ne abbiano preso atto (mi riferisco per esempio a Pjanic e a Matuidi) e che, consapevolmente o inconsapevolmente, quindi, ci sia stato un certo “rilassamento” generale.

L’inadeguatezza dell’allenatore

Lasciando perdere gli aspetti legati all’immagine (letteralmente impresentabile) e rifacendomi solo all’aspetto tecnico, è evidente che Sarri non sia l’allenatore adatto per la rosa che ha a disposizione. Di conseguenza non si comprende per quale motivo sia stato ingaggiato (altra perla del mercato estivo) il tecnico toscano, i cui schemi non erano funzionali rispetto all’organico e che non sembra essere neanche particolarmente portato nel ruolo di gestore delle risorse. D’altra parte, se, dopo sette mesi , la squadra continua ad esprimersi in modo imbarazzante dovrebbe indurre a riflessioni attente da parte della dirigenza (tra l’altro, più il tempo passa più andiamo peggio)

Le motivazioni dei calciatori

E’ immaginabile che calciatori abituati, da quasi un decennio, a vincere allori nazionali, siano inevitabilmente portati a “mollare” un po’ la concentrazione e la voglia di soffrire (caratteristica tipica della squadra bianconera) nelle partite di campionato. Per effetto di quanto sopra, alle prime difficoltà manca spirito di reazione o vengono compiuti imperdonabili errori di presunzione e/o leggerezza (il pareggio subito dal Verona è emblematico in tal senso: il tentativo di Bentancur, in vantaggio sull’avversario, di liberarsi della palla di tacco e l’errore di Pjanic che va sul pallone in modo molle ed offre così l’assist a Borini rappresentano esempi edificanti di superficialità imperdonabile).

Il torpore dei bianconeri potrebbe essere altresì giustificato dal fatto che “a togliere le castagne del fuoco” prima o poi, ci pensa qualcuno dei fuoriclasse in organico, in particolare Ronaldo. Tra l’altro, in proposito, sarebbe interessante interrogarsi per quale motivo CR7 continui ad offrire prestazioni di livello, coronate da reti in sequenza, tenuto conto che, in fatto di assuefazione al successo, il portoghese ne avrebbe ben donde. Credo che la risposta stia nel carattere del personaggio, che vuole primeggiare, sempre e comunque.

Il pensiero alla Champions League

Tale ragione fa il paio con quella precedente, nel senso che gran parte dei calciatori in rosa ha sfiorato in questi anni la vittoria della Champions, per cui si potrebbe ipotizzare che – nonostante prestazioni a livello europeo non dissimili da quelle offerte in Italia - la squadra sia concentrata esclusivamente su questa competizione, tenuto conto che per molti dei giocatori in rosa, questa potrebbe effettivamente essere l’ultima occasione per tentare di vincerla o perlomeno, di non lasciare nulla di intentato.

E’ una considerazione che ci può anche stare, in quanto i calciatori sono consapevoli che tale trofeo rappresenterebbe, per loro e per la stessa Società, una consacrazione a livello europeo del dominio incontrastato di questi anni a livello nazionale.

Alla luce di ciò, troverebbero quindi giustificazione alcuni fatti: il recupero centellinato di Chiellini, che segue il processo temporale atteso senza provare ad abbreviare il recupero, nonostante la difesa senta la mancanza in campionato di un marcatore di assoluta affidabilità come il centrale livornese; l’impiego dosatissimo di Douglas Costa, ovvero “muscoli di velluto”, al fine di permettere al brasiliano, unico calciatore in grado di essere effettivamente devastante, di essere fisicamente in forma a partire dagli ottavi di Champions; l’improbabile stato di forma attuale della squadra (lenta ed impacciata) che potrebbe essere causato da carichi di lavoro pesanti in allenamento, allo scopo di presentarsi al meglio per la parte finale della stagione in Europa.

Mi sentirei anche di aggiungere che il fortunato accoppiamento agli ottavi della competizione (il Lione, sulla carta, è l’avversario meno difficile da affrontare) abbia accentuato nei calciatori il pensiero che l’approdo ai quarti possa essere meno problematico di quello dello scorso anno e, comunque, un segno tangibile da parte della Dea Bendata sul cammino della Vecchia Signora e tale da indurre i calciatori a rafforzarne la convinzione che tale competizione debba essere l'unico e vero obiettivo della stagione (sebbene ci siano squadre nettamente più forti dei bianconeri).

Se così fosse, lo vedremo proprio tra qualche settimana in occasione del primo confronto con il Lione. Ma, a prescindere dal passaggio del turno o dal successivo sviluppo della manifestazione, il rischio reale che la Juventus corre per questa stagione è di restare, dopo tanti anni, senza il successo in alcuna competizione. Tutti siamo consapevoli che, per la legge dei grandi numeri, una simile eventualità sarebbe dovuta capitare, per cui facciamoci tutti una ragione e prepariamoci, serenamente, ad accettarlo.

La certezza è che, a prescindere dall’epilogo della stagione, la Juventus dovrà essere rifondata a centrocampo e rivista in attacco. Per la difesa, tutto dipenderà dal recupero di Demiral, destinato a raccogliere l’eredità, prima dell’infortunio, di Giorgio Chiellini e a costituire, con De Ligt, la coppia dei centrali del futuro: le uniche certezze dei prossimi anni.