Juventus-Inter e tutta la Serie A in chiaro: una proposta di buon senso che, a livello simbolico, permetterebbe di sentirsi comunità in un momento in cui le distanze, giocoforza, si stanno moltiplicando.

La richiesta, pervenuta direttamente dal Ministro dello Sport e appoggiata dalla Federcalcio, ha trovato, nel momento in cui si scrive, l’opposizione della Lega, “imprigionata” da leggi precedenti e accordi contrattuali vincolanti.

Dunque, a livello normativo, nulla da eccepire: non è necessario scendere nei particolari, perché non è l’intento di questo breve pensiero personale, ma la posizione della Lega Calcio è inappuntabile sotto questo punto di vista.

Preme sottolineare, di contro, un aspetto che non pare essere stato preso nella doverosa considerazione: è un periodo tristissimo per la nostra Italia (e non solo) e, sebbene guardare una partita sulle reti generaliste non possa considerarsi salvifico, permettere a chiunque di poter usufruire di un istante di “normalità” sarebbe un gesto universalmente apprezzato.

Perché sì, per quanto si possa sparare a zero sul calcio, che è tutto un business, che non è più quello di una volta, che sono ventidue ricchi che corrono dietro a un pallone, è innegabile che l’aspetto sociale del pallone non ha eguali nella nostra società, dotato di un “potere aggregativo” come nessun altro fenomeno (si pensi ai Mondiali o agli Europei dove anche chi non sa che cosa sia un calcio di rigore si trasforma nel primo tifoso).

E il nostro Paese, in questa fase, ha bisogno più di ogni altra cosa di parlare di altro: ben vengano le diatribe sul gioco di Sarri o sulle scelte tattiche di Conte, sul centrocampo inesistente dei bianconeri o sul flop di Eriksen, sul dubbio Dybala o Higuain e sulle diffidenze in merito al pieno recupero di Handanovic.

Sentirsi per una volta tutti uguali, mettersi davanti il televisore a guardare una partita per trovare due ore di svago, una parentesi in cui i pensieri negativi vengono messi da parte, ad assaporare per qualche attimo quella quotidianità che è stata stravolta dagli eventi delle ultime settimane.

Questa è, a mio avviso, la motivazione di fondo che dovrebbe portare a trovare una strada per dare la possibilità a chiunque di vivere il calcio di questo periodo, già privato degli spalti pieni e di quell’entusiasmo che dovrebbe portare per sua natura.

Inoltre, si tenga conto anche di abbonati e di tutti coloro che hanno acquistato i biglietti del singolo evento (magari con largo anticipo e prenotando voli e alberghi che non potranno essere rimborsati) e i quali, magari, non usufruiscono di servizi satellitari o streaming a pagamento. La scorsa settimana abbiamo sentito da ogni parte sostenere che l’essenza di questo sport è il pubblico allo stadio, che senza di esso vedere le partite non ha senso e che sarebbe stato uno spot pessimo per il nostro movimento agli occhi del mondo far disputare la partita di cartello a porte chiuse: ecco, visto che tutti ci siamo riempiti la bocca di queste parole, sarebbe corretto rispettare proprio gli appassionati fedeli, che negli anni hanno dovuto fare i conti con gare fissate in giorni ed orari improponibili, che hanno messo a dura prova la loro fede.

Infine, sebbene io mi stia riferendo principalmente al Derby d’Italia, in realtà spero che questa decisione si possa allargare a tutti i match della massima serie, perché tutti hanno diritto a togliersi di dosso l’ansia che ci stiamo portando dietro da ormai quindici giorni.

Ora, probabilmente, per avere una situazione del genere occorrerà un decreto governativo: chi scrive si augura che la situazione possa essere sbloccata in nome dello spirito sociale che dovrebbe albergare in ogni settore della nostra organizzazione comunitaria.

È un appello a tutte le parti in causa: fatelo per l’Italia.

Fateci sentire vicini, ne abbiamo tutti bisogno.