Sarebbe bello vivere in un mondo dove tutte le persone, ma soprattutto quelle che ricoprono ruoli e cariche importanti, sappiano prendersi pubblicamente le proprie responsabilità quando le cose non vanno bene. Quelle persone che riescono a dire “scusate ho sbagliato e mi prendo le mie responsabilità”. In Italia non succede mai, nella politica, nel lavoro nello sport, mai!! 
E invece assistiamo al solito teatrino dello scarica barile dove tutti si deresponsabilizzano e incolpano qualcun’altro. Eppure in un qualsiasi ambito quando esiste una piramide gerarchica dovrebbe essere abbastanza chiaro da dove partono le responsabilità, o almeno chi dovrebbe metterci la faccia e prendere in mano la situazione.
Così facendo la gente tende a confondersi e a confondere la realtà, ragionando per luoghi comuni o partito preso, perde di vista l’obiettivo, sballottata di qua e di là, finisce sempre o quasi per accodarsi con la soluzione più semplice. 
Senza entrare in discorsi politici, religiosi o altro che certamente meriterebbero uno spazio e una conoscenza più adatta, nel caso invece del calcio, invece, la questione è sempre d’attualità e un pochino più semplice da trattare.
Anche il mondo del calcio non si differenzia dal resto, anzi, difficilmente in questo ambito si possono trovare persone che in maniera onesta e umile si prendono le colpe di un qualcosa. Un giocatore che chiede un milionario contratto o trasferimento ma non lo ammette, una società che sbaglia scelte di mercato, un allenatore che sbaglia partita e che preferibilmente si scaglia contro l’arbitro ecc…
A dire il vero forse gli allenatori di tanto in tanto qualche responsabilità, per difendere la squadra, se la prendono. Nel calcio, però, nonostante esista anche in questo ambiente la piramide delle gerarchie, è scontato che in caso di fallimento, o di aspettative non raggiunte, a pagare non siano mai i vertici, ma lo scarica barile arriva sempre nel punto più comodo, quello dell’allenatore. 
È una sorta di lavoro ai fianchi quello che viene fatto ad un allenatore quando la sua squadra va male. Si inizia con qualche mugugno allo stadio, poi i fischi, le contestazioni alla società e alla squadra, che poi come per magia vengono dirottate sull’allenatore, che quasi sempre paga per tutti. 
Eppure il più delle volte è il meno responsabile. Il presidente di una squadra che rappresenta il vertice della piramide, prende delle decisioni, o di persona, oppure avvalla quelle dei suoi collaboratori, ed è comunque una decisione anche quella. Traccia le linee guida da seguire, e delega i vari impegni. Nel momento in cui sceglie un allenatore o ne avvalla la scelta, ci dovrebbe essere l’impegno per mettere l’allenatore nel migliore dei modi per poter lavorare. Un presidente che vede che questo non succede dovrebbe intervenire. Un presidente dovrebbe intervenire anche quando si accorge che alcune scelte sì sono rivelate troppo rischiose o sbagliate, e cerca di porre rimedio. Lo stesso dovrebbe fare quando vede che la squadra inizia un declino tecnico ed economico che in tre anni ha dilapidato quanto di buono fatto in quasi dieci anni.

Ecco, per tornare all’inizio del mio discorso, prendendo come esempio l’attuale situazione della Juventus, io vorrei vedere il vertice della squadra, ovvero il presidente Andrea Agnelli, scendere in campo di persona, metterci la faccia e ammettere che se la Juventus oggi attraversa uno dei momenti peggiori tecnici ed economici della sua storia, la responsabilità è soltanto sua, delle sue scelte e delle persone che ha avuto intorno in questi anni. Come giustamente si è preso i meriti per aver riportato la Juventus in alto in Italia e in Europa, aver scritto una pagina indimenticabile del calcio italiano, grazie alle sue intuizioni, e alle persone che lo hanno circondato in quel periodo, oggi sarebbe doverosa una presa di coscienza e soprattutto un chiarimento su Allegri e sul suo futuro. 
Un po’ come fece Berlusconi che dopo un inizio tutt’altro che positivo dell’esperienza Sacchi, quando un’altro presidente qualsiasi lo avrebbe esonerato, lui si presentò in persona negli spogliatoi dopo una sconfitta e l’eliminazione dalla coppa contro l’Espanyol, e mise in chiaro che tra tutti i presenti in quello spogliatoio l’unico ad essere certo che ci sarebbe stato anche l’anno successivo era proprio Sacchi, e chi non lo avrebbe seguito avrebbe cambiato aria. Ecco ora in casa Juventus sarebbe un momento simile. 
Sì perché nonostante le responsabilità siano abbastanza chiare a tutti, ciò che emerge è ancora questa tendenza dell’Allegriout che francamente evidenzia come ancora una volta le responsabilità non se le prende nessuno e si tira al bersaglio più comodo. 

Il declino bianconero è iniziato quando, nel 2018 si è voluto cambiare rotta, ed invece di seguire un programma che fino a quel punto ci aveva reso ciò che eravamo in Italia e in Europa, sì è voluto cambiare strada e seguire un desiderio vanitoso, troppo alto. Secondo errore mandare via chi ti aveva portato in alto e in quel momento ti stava facendo notare l’errore. Terzo errore, non credere all’allenatore che aveva il polso della situazione in mano come nessuno, e che ti aveva avvisato che quella squadra necessitava di un cambio importante, grazie per mantenere alto il livello di competitività.
Quella Juve aveva in rosa, ad esempio, Cancelo, Benatia, Barzagli,Bonucci, Chiellini, Sandro e Spinazzola. A centrocampo, Pjanic, Matuidi, Kedira, Emre Can, Bentancour, in attacco, Ronaldo, Higuain, Mandzukic, Dybala. E un bilancio in attivo. 
Oggi il paragone con la rosa è impietoso e quello economico pure. Di chi è la colpa di questo tracollo? Di Allegri? Di Sarri? Di Pirlo, e oggi ancora di Allegri nuovamente?? Vogliamo davvero collezionare allenatori, come facevano in passato altre squadre, sperando in un mago col cappello a punta e la bacchetta magica??
Qualcuno ha delegato responsabilità a collaboratori, ne ha avvallato le decisioni e oggi siamo qua. Quel qualcuno dovrebbe oggi ringraziare chi si è messo sulle spalle la responsabilità, anche se lautamente pagato, quando solo pochi anni fa è stato messo alla porta, ma che non ha avuto né punte di orgoglio o vendette, ma ha messo il suo amore per questa squadra davanti. Meriterebbe almeno di essere difeso pubblicamente da chi sa bene che il pesce puzza sempre dalla testa. 
Anche perché sono convinto che riuscirà a dare nuovamente un’anima a questa squadra, lasciamo perdere i discorsi sul bel gioco che oggi valgono come il due a briscola, serve anima e cuore e anche questa squadra potrà togliersi delle piccole soddisfazioni, e pensare nuovamente al futuro. Così che qualcuno potrà evitare di prendersi le proprie responsabilità e si ritroverà con le castagne tolte dal fuoco da qualcun’altro. Speriamo almeno che abbia capito gli errori commessi e anche se non avrà un briciolo di umiltà nel confessarli, che almeno non li ripeta e torni nella retta via.