Un tempo si soleva dire che, nel corso della tua vita, ci sono tante cose che cambierai (dalle donne alla politica); mentre resterai fedele solo al parrucchiere (ahimè in realtà questo è ormai un retaggio del passato) e alla tua squadra di calcio (fatte salve illustre eccezioni che confermano comunque la regola: vedi Galliani, tifoso Juve convertito al Credo Rossonero per esigenze di…ufficio). Essendo nato, svezzato, educato e cresciuto juventino, posso dire che, almeno sotto questo aspetto, sono stato comunque fortunato, tenuto conto che nel corso della mia vita (dall’infanzia ad oggi) ho potuto gioire dei tanti successi della mia squadra, che si sono succeduti nel corso delle varie epoche.

Il recentissimo esito del derby d’Italia ha riconfermato – per quanto possa essere indicativa una partita ad ottobre 2019 nel contesto di un campionato che finirà a maggio 2020 – l’indiscusso e pluriennale predominio bianconero nel calcio nazionale e, quindi, come diretta conseguenza, il mio ovvio compiacimento. D’altra parte, anche nel passato (a partire dagli anni ’30 come una costante, con vari cicli vincenti), tale primato italico non è mai stato messo in discussione: 35 (o 36 o 37 poco cambia) scudetti; 13 coppe Italia; 8 supercoppe italiane. Un palmares mostruoso!

Ma la mia “goduria” è stata soprattutto a livello nazionale, perché in ambito internazionale (oops... mi rendo conto di aver usato un aggettivo “fastidioso”), pur avendo vinto tutte le competizioni almeno una volta, non si può certo dire che con la Coppa dei Campioni (mi ha stufato chiamarla Champions League…”Coppa dei Campioni” è un termine vintage ma che rende meglio l’idea. E’ più epico), la Juve abbia avuto un approccio vincente. Su nove finali, infatti, le uniche due coppe vinte sono state quella della notte tragica di Bruxelles il 29 maggio 1985 e quella di Roma il 22 maggio 1996 e la prima sarà sempre e solo ricordata come una delle pagine più buie della storia del calcio; mentre la seconda riuscimmo sì a conquistarla ma solo ai rigori.

Insomma un bel magro bottino, siamo allo stesso (2) livello del Benfica, Porto e Nottingham Forest e nettamente dietro rispetto all’inarrivabile Real Madrid (13); al Milan (7); al Liverpool (6), al Bayern Monaco (5), e al Barcellona (5).

Eppure – più dei campionati nazionali, le varie finali della Coppa dei Campioni, in cui era presente la Juventus - hanno caratterizzato la mia vita dall’infanzia (Belgrado 1973) ai giorni nostri (Cardiff 2017). Ancora oggi, ricordo dove e con chi ero in occasione di questi eventi. Sono state insomma il filo conduttore della mia esistenza, anche perché la Juve – già a partire dagli anni 70 – vinceva scudetti in serie e rimaneva quindi pochi anni senza titoli; per cui consideravo la Coppa dei Campioni come qualcosa di realmente straordinario.

Essendo spaccati di esistenza che, penso, appartengano a ciascun tifoso di calcio, vorrei quindi ripercorrere e condividere il ricordo delle finali (ma solo di quelle perse), evidenziando se per ciascuna di esse, io abbia nutrito rimpianti, perché, al termine di ogni partita persa (e a maggior ragione di una finale), emergono sempre i “se” e i “ma” e, se del caso, i conseguenti rimpianti.


Belgrado, 30 maggio 1973: Ajax-Juventus 1-0 (senza rimpianti)

Eravamo già sotto dopo 5 minuti, con Rep che sovrasta di testa Longobucco e batte Buffon. Non rammento occasioni da parte della Juventus se non una di Anastasi nel finale. Ma, a prescindere, l’Ajax di Cruijff, Neeskens, Krol, etc. era troppo forte (non a caso quella fu la terza coppa di seguito conquistata) per poter nutrire rimpianti. L’unico, singolare, ricordo era quello che ad allenare la Juve era Cestmir (detto Cestino o Cesto) Vycpalek, il cui nipote Zeman non dimostrò nel futuro lo stesso attaccamento alla Juve dello zio…

Ero un bambino e vidi la partita con mio padre e mio fratello. La loro delusione fu, tutto sommato, controllata. Si rendevano perfettamente conto della superiorità dell’Ajax. La mia reazione fu invece scomposta, perché iniziai a piangere e andai a dormire con un groppo in gola e i lacrimoni.


Atene, 25 maggio 1983: Amburgo-Juventus 1-0 (CON TANTI RIMPIANTI)

E’ stata una sconfitta clamorosa. L’anno prima avevamo sostanzialmente vinto la Coppa del Mondo a Madrid con Zoff, Gentile, Cabrini, Scirea, Tardelli e Rossi e in più contavamo su Platini e Boniek!!!. Era impossibile perdere, avendo come avversario un anonimo Amburgo; eppure ci siamo riusciti! Lo stadio era solo bianconero ma, dopo solo 9 minuti, Magath si inventò un tiro da almeno 30 metri, che sorprese Zoff e non ci fu verso di rimontare. Incredibile!

Ero arrabbiato (per usare un eufemismo) nero. Vidi la partita a casa di amici e lanciammo bestemmie, senza mai ripeterci…, durante e dopo la partita, criticando tutto e tutti. Una delusione cocente, che ancora oggi aleggia nella mente di chi l’ha vissuta.


Monaco di Baviera, 28 maggio 1997: Borussia Dortmund-Juventus 3-1 (con rimpianti)

Ci presentiamo a Monaco di Baviera, da campioni uscenti e affrontiamo una squadra di reduci dal campionato italiano e dalla stessa Juventus (Reuter, Kohler, Paulo Sousa, Möller, Riedle). In avanti contiamo su Boksic, mentre Del Piero siede in panchina. A stroncare le nostre velleità di bissare il successo dell’anno prima, ci pensano l’ex laziale Riedle, con una doppietta e il 19enne Ricken con un pallonetto splendido da quasi metà campo, che vanifica il tentativo di rimonta dopo il magico colpo di tacco di Del Piero, che sul 2-1 ci aveva fatto sperare.

Si prega notare che, dal 1993 al 1995, giocammo 6 partite contro il Borussia (di cui 4 vinte, ivi incluse le finali di Coppa Uefa). Le 2 partite non vinte (1 persa e l’altra pareggiata) erano totalmente ininfluenti. Di conseguenza alla settima partita, nel 1997, cosa ti aspetti se non la vittoria? E invece perdiamo, e di brutto!

Vidi la partita in un pub e annegai la delusione con pinte di birra. Per qualche giorno, cercai accuratamente di evitare amici interisti e milanisti. Non avrei retto anche ai loro sfottò.


Amsterdam, 20 maggio 1998: Real Madrid-Juventus 1-0 (con qualche rimpianto)

Siamo in finale per la terza volta consecutiva. Affrontiamo un Real Madrid in versione minore (solo quarto posto in Liga). Le merengues non vincono la Coppa dei Campioni da 32 anni. La Juve schiera una prima linea da favola: Inzaghi e Del Piero, supportati da Zidane. La partita è orrenda e subiamo pure il goal di Mijatovic in fuorigioco a circa 20 minuti dal novantesimo. La maledizione continua..

Vidi la partita a casa mia con un gruppo di amici e amiche. Nonostante il blasone dell’avversario, eravamo comunque fiduciosi, perché avevamo una grande squadra e speravamo che lo scotto dell’anno prima ci avesse insegnato qualcosa. Giocammo talmente male che la mia reazione fu una “non reazione”:mutismo assoluto


Manchester, 28 maggio 2003: Milan-Juventus 3-2 dopo calci di rigore (con un rimpianto, che ha nome e cognome: Pavel Nedved)

Nel mitico Old Trafford, si gioca la prima finale, tutta italiana. La partita è bruttina e si resta sullo 0-0 sino al 120’. Ai rigori pesano gli errori di Trezeguet, Zalayeta e Montero. Buffon è superlativo ma viene superato sul penalty decisivo da Shevchenko. I rimpianti non riguardano la partita ma la mancanza in finale del nostro miglior giocatore, Pavel Nedved, squalificato per un giallo, assolutamente evitabile, nei minuti finali del ritorno della semifinale contro il Real Madrid. E’ in questa partita che Ancellotti consuma la sua vendetta contro la Juventus.

Guardai la partita a casa mia e, oltre allo scoramento di aver perso l’ennesima finale c’era anche la beffa di averlo fatto con una rivale storica come il Milan. Avevo i figli piccoli e mi consolai e fortunatamente mi distrassi con loro, anche se la mente e il cuore erano lividi.


Berlino, 6 giugno 2015: Barcellona-Juventus 3-1 (senza rimpianti)

Approdiamo alla finale da outsider, contro la squadra di extraterrestri di Luis Enrique (Messi, Neymar, Suarez, Iniesta, Xavi giusto per citarne qualcuno..). Disputiamo una buona partita, pareggiando il goal di Rakitic con Morata, ma Suarez e Neymar ci castigano. Nessun rimpianto ma solo il ricordo della disperazione negli occhi del mitico Professore, Andrea Pirlo, al termine della partita.

Guardai la partita a casa di amici. Eravamo in tanti (grandi e piccoli) e fu una sorta di happening. Tutti i presenti juventini erano consapevoli della forza del Barca, per cui i rimpianti furono pochi, sebbene il corso della partita, ad un certo punto, ci aveva fatto sperare in un esito diverso.


Cardiff 3 giugno 2017: Real Madrid-Juventus 4-1 (senza rimpianti)

A quest’ultimo appuntamento ero pure fisicamente presente
(trasferta allucinante). Dopo un primo tempo equilibrato (1-1 con pazzesco goal Mandzukic che pareggia la rete di Ronaldo) crolliamo nel secondo tempo con un micidiale uno/due di Casemiro e dello stesso Ronaldo. L’espulsione di Cuadrado e la rete finale di Asensio completano il quadro desolante della serata.

Esco prima della fine della partita con altre centinaia di tifosi bianconeri, grandi e piccini, abbattuti e delusi, ma ciò che più mi colpisce è il pianto a dirotto di un ragazzino (poco più che bambino), consolato a stento dai genitori e dagli altri tifosi che gli sfilano accanto.


Immediatamente mi sorprendo a pensare che quelle lacrime sono molto simili alle lacrime versate da un ragazzino 44 anni prima
La mia speranza è che questi piccoli uomini bianconeri non debbano vivere (salvo rare eccezioni) i miei patimenti europei nel corso del prossimo mezzo secolo..