E’ tutto muscoli e niente cervello”. Questa espressione gergale si ode sovente ed è utilizzata con un’accezione negativa. E’ tipica dei cartoni animati e pare avere l’intenzione di insegnare ai più giovani che “la potenza è nulla senza il controllo”. E’ proprio così. La forza bruta non è sufficiente. Serve la capacità di governare le situazioni e di utilizzare la strategia. Gli esempi potrebbero essere molteplici. Si pensi a Omero che nell’Odissea narra la vicenda di Ulisse e Polifemo. L’ultimo era un ciclope che aveva catturato l’eroe e i suoi uomini. Si era già cibato di alcuni di loro quando il protagonista ebbe un’idea geniale. Fece ubriacare il gigante che gli chiese il nome. Il prode rispose di chiamarsi “Nessuno” e l’avversario, al fine di ringraziarlo del gradito dono, gli promise di mangiarlo per ultimo prima di cadere in un sonno profondo provocato dalla gustosa bevanda. Ulisse ne approfittò e lo accecò. Il nemico chiamò immediatamente i suoi fratelli che accorsero in suo sostegno. A quel punto Polifemo disse loro che “Nessuno” voleva ucciderlo. Questi, quindi, lo lasciarono solo. Così, l’eroe liberò i suoi uomini dimostrando come l’intelligenza potesse avere la meglio sulla vigoria allo stato puro.

Tali principi si conciliano perfettamente con il calcio e vale per ogni reparto. Ammetto, però, di avere da sempre un debole per il centrocampo. Credo che rappresenti il motore di una compagine. E’ l’organo pensante. Raffigura la fonte del gioco e la sorgente da cui scaturiscono le idee della squadra. Una gara si compone di varie fasi e tutte sono rilevanti. La costruzione, quindi, non è l’unica. Serve, per esempio, interdire, distruggere le trame avversarie e la mediana risulta fondamentale pure per quel compito, come per ogni istante della sfida. E’ chiaro che, soprattutto nel “pallone moderno”, tutte le componenti del sistema hanno un ruolo determinante. Non è realistico pensare che se un gruppo patisce troppi gol sia esclusivamente colpa della difesa. Se segna poco, invece, non è responsabilità solo degli attaccanti. Se una squadra ha poche idee, quindi, non si può criticare il centrocampo senza ulteriori analisi. Lo stesso vale nel caso in cui la linea arretrata subisca troppa pressione. Quello centrale non è un reparto che, privo di altro aiuto, può sanare un meccanismo fallace o distruggerne uno funzionate, ma ha certamente un valore parecchio elevato. Diviene pure una questione geometrica. Chi gioca in quella posizione è nel cuore della manovra. Per dirla con Battiato è “il centro di gravità permanente”. Jovanotti, invece, canterebbe che trattasi “dell’ombelico del mondo”. I mediani sono la mente in ogni singola parte della gara e devono dettare i tempi. Vantare uomini forti in quelle zone non significa avere la certezza della vittoria, ma sicuramente è una grande agevolazione.
Non è un caso se la Juventus del post Calciopoli ha sempre fondato i suoi più sorprendenti exploit su tale reparto. Vorrei ricordare la prima versione della Vecchia Signora targata Conte che vinse un campionato da autentica outsider. I pronostici faticavano a inserirla tra le prime quattro della graduatoria e un posto in Champions avrebbe già rappresentato un enorme successo. I bianconeri, invece, salirono sul tetto della serie A dopo 2 settimi posti consecutivi. Quella squadra aveva aggiunto ai suoi ingranaggi giocatori del calibro di Pirlo e Vidal. Come detto sopra, il centrocampo non gioca da solo e altri fattori contribuirono in maniera importante a quel successo. Non si possono dimenticare, infatti, i miglioramenti di Chiellini, Bonucci e Pepe. Risultarono rilevanti pure gli innesti di Vucinic e Giaccherini. Ammesso questo, l’ex milanista e il cileno raffigurarono un’autentica svolta andando a comporre una linea magnifica con Marchisio. Andrea era la mente del sistema. Si ergeva a perfetto direttore d’orchestra. Arturo era la “sregolatezza” fatta a persona. E’ chiaro che l’aggettivo ha un senso esclusivamente positivo. Con i suoi 24 anni, il cileno correva in ogni dove. Svolgeva il compito del tuttocampista e si poteva trovare in tutte le zone del rettangolo di gioco. Difendeva come un leone e si inseriva nell’area avversaria alla stregua di un cobra velenoso. Claudio, invece, era il genio. Dotato di grande abilità tattica si trovava sempre nel posto giusto al momento più opportuno e soprattutto illuminava il creato con lampi di maestria. Nel 2014-2015, i piemontesi raggiunsero la finale di Champions compiendo un autentico prodigio e sfiorando il triplete. Il Barcellona, però, era troppo forte. Cambiò la sostanza, ma non la forma. Allegri schierò il rombo in mediana, ma gli interpreti erano pressoché i medesimi. La variante si chiamava Pogba. Vidal acquisì qualche anno in più e si spostò sulla trequarti dove risultò fenomenale. Il francese, Pirlo e Marchisio composero una linea devastante. Nel 2016-2017, invece, la situazione era completamente modificata. Quella Juventus era devastante e si fermò sempre all’ultimo atto della massima competizione per club a causa di una pessima prova contro il Real Madrid. In tale annata il mister livornese optò per un centrocampo a 2 uomini con 4 attaccanti. Frangiflutti e fosforo. Khedira e Pjanic compirono un’opera di grande intelligenza mischiata a forza e tenacia.
In altri frangenti, invece, i bianconeri non hanno disposto di una mezzaria così valorosa, ma hanno comunque raggiunto ottimi risultati. Qualcuno si chiederà: “Perché tutta questa apoteosi del reparto per poi giungere a una simile dichiarazione?” La risposta è nei dettagli. Le versioni citate della Vecchia Signora sono quelle che hanno provocato maggiore godimento al tifoso. Sono rimaste nei cuori perché il supporter sabaudo ha sussultato sul divano o tra gli spalti. In tali casi, la Juve ha compiuto autentici miracoli e disegnato opere d’arte oltre ogni possibile previsione di bellezza.
Il punto in comune è perennemente il medesimo: un centrocampo devastante
. E oggi? Solo il corso dell’annata potrà fornire riscontri rilevanti. Sino a prima del lockdown, la situazione non era delle più rosee. Sarri non aveva mai trovato una quadra. Poi, la crescita di Bentancur e il miglioramento di Pjanic hanno garantito un contributo pesante. Le sfide contro Lecce e Genoa non possono sicuramente essere considerate una cartina tornasole, ma hanno palesato una soluzione piuttosto interessante. Il riferimento è al terzetto formato dall’uruguayano, il bosniaco e Rabiot. Dopo un avvio disastroso, il transalpino sembra in crescita. Ora deve assumere quella continuità che non ha mai rappresentato il suo punto forte. E’ strano. Rispetto a un mese fa, la situazione è completamente capovolta. Se prima Ramsey sembrava l’acquisto giusto e Adrien l’uomo da lasciar partire, ora la vicenda è completamente opposta. Questa mancanza di equilibrio non è certo un segnale confortante che i 2 rinforzi della scorsa estate lanciano a Sarri, ma tant’è. Gran parte del futuro del funesto 2019-2020 dipende proprio da loro che con Matuidi, Pjanic, Beantancur e Khedira rappresentano le forze attualmente a disposizione della mediana bianconera. Se questo reparto recupererà compattezza e solidità, ne beneficerà tutta la squadra che potrà davvero sognare traguardi stellari.

Tra la stagione in corso e la successiva dovrebbero trascorrere soltanto pochi giorni. Mancherà il tempo per le valutazioni e le contromisure di calciomercato. Così, Paratici e Colleghi si sono già messi all’opera e hanno cominciato proprio dal “cervello” della squadra. Dopo 4 anni in bianconero, Pjanic si trasferirà al Barcellona. Al suo posto, ecco Arthur. Entrambi possono ricoprire sia la posizione di regista che quella di mezz’ala. Sono dotati di grande tecnica e visione di gioco. Oltre che nell’età, Miro ha 30 anni e il carioca 23, la differenza risiede, ancora una volta, nei dettagli. Il bosniaco si potrebbe definire più compassato e abile nel lancio lungo. Il verdeoro è più rapido e forte nel passaggio corto. E’ più vicino, forse, a un tiki taka sarrista. Ecco. La Vecchia Signora dovrà costruire la sua mezzaria proprio da qui. Il compito potrebbe essere quello di comporre un reparto giovane e capace di rispondere alle esigenze del suo tecnico, ma soprattutto in grado di garantire continuità di prestazione. Il turnover sarà fondamentale. I sabaudi parteciperanno a 3 competizioni e lo faranno, probabilmente, in “un’immane tirata” per poi giungere all’Europeo. Non bisogna dimenticarsi anche delle gare che giocherà la nazionale. Detto questo, a differenza degli ultimi anni, serviranno delle certezze. Occorrerà distinguere attentamente tra titolari e riserve con la consapevolezza che ognuno sarà utile alla causa, ma formando un nucleo che abbia la priorità. Questo non dev’essere necessariamente composto dal numero esatto di calciatori del reparto. E’ scontato che un’alternativa valutata alla pari dei protagonisti è assolutamente da considerarsi. Un simile atteggiamento è utile perché garantisce compattezza e solidità alla squadra che non è costretta a variare sovente i suoi meccanismi. Ultimamente, la Juve è stata spesso obbligata a reinventarsi in ogni gara. Abbisogna di abitudini e sicurezze. Non significa escludere qualcuno dal progetto. Ogni singolo uomo è importante perché ha il suo ruolo. Semplicemente, serve chiarire quale sia un ipotetico “undici di partenza” che di recente non si è notato.

In tale ottica, detto dell’affare Arthur-Pjanic, sarà necessario programmare nel dettaglio ulteriori movimenti. A meno di clamorose delusioni o mancanza di qualsiasi trofeo, Sarri dovrebbe restare il tecnico della Vecchia Signora. Continuo a pensare che Jorginho rappresenti il suo regista ideale. E’ l’uomo chiave per il concretizzarsi delle idee del toscano. Cercherei, per quanto possibile, di inserirlo nella rosa. E’ chiaro che il centrocampo dev’essere valutato anche in base agli altri reparti perché la squadra è un sistema e, in esso, tutte le componenti si influenzano. Se Ronaldo resterà a Torino, diventerà difficile ipotizzare soluzioni diverse dal tridente. CR7 ama partire da esterno sinistro per poi accentrarsi. Con il trascorrere del tempo e avendo avvicinato Dybala alla porta avversaria, il portoghese e l’argentino stanno trovando maggior feeling. Non si scarta, quindi, l’ipotesi della Joya come “falso nove”. E’ una strada percorribile, ma che non può precludere alla chance di schierare pure una vera prima punta. Proprio in base alle soluzioni offensive ci si potrebbe dirigere nuovamente verso una mediana 3. L’italobrasiliano sarebbe disposto davanti alla difesa affiancato da Arthur o Bentancur. Bisognerebbe, poi, riuscire ad acquistare una mezz’ala dotata di fisico e capacità d’inserimento. I nomi più gettonati restano quelli di Pogba o Milinkovic-Savic, ma richiederebbero uno sforzo economico probabilmente fuori portata. I dirigenti juventini dovranno essere abili nel trovare la giusta soluzione. Nell’ipotesi formulata, la mezzaria potrebbe incontrare, quindi, cambiamenti radicali. Mi pare, però, che sia giunto il momento per tale importante passo. Con questa prospettiva, non possono che immaginarsi pure alcune cessioni che accompagneranno la partenza di Pjanic. Dovrebbe partire, infatti, uno tra Rabiot e Ramsey. Attenzione anchealla posizione di Khedira. Non ci si può dimenticare di Kulusevski che forse sarà in grado rappresentare una piacevole sorpresa per il reparto.

Al di là della carrellata di nomi che ho voluto proporre per dare concretezza alle formulate teorie, l’idea dovrebbe essere proprio quella di un centrocampo nuovo e ricco di fosforo per una squadra più giovane e sarrista.