Dopo ogni sconfitta riparte il tran tran.
I tifosi avversari sfottono, mentre quelli di parte inveiscono contro Sarri, qualcuno contro Paratici. Anche contro l'Udinese la Juventus ha gestito il pallone, è passata in vantaggio e poi ha perso miseramente. E se fosse un presagio? Un proverbio cinese dice così: quando il saggio indica la luna, lo stolto guarda il dito. Se fossimo tutti degli stolti?

Questo campionato è come un vecchio saggio che allunga il braccio, stende l'indice e ci indica il futuro. Un futuro poco rasserenante, ma noi preferiamo fermarci al dito, a quel dito per molti dinoccolato e per altri artritico. Il dito è Sarri, allenatore che dalla banca è passato al campo; là gestiva soldi, qui gestisce giocatori. Un allenatore che guarda al gioco come Belen fissa l'obiettivo di una macchina fotografica. Prima la gavetta, poi ha fatto giocare bene l'Empoli, quindi ha divertito i Napoletani e infine si è trasferito in Inghilterra, dove prima ha condotto le danze, poi si è difeso dalla stampa portandosi a casa l'Europa League. Un curriculum comunque di rispetto. Lo sbarco sotto la Mole è arrivato grazie alla Juve che ha agito più per ripiego che per scelta: Zidane, Pochettino, Inzaghi, Guardiola e quindi Sarri. Il mister si è presentato in giacca e cravatta, perché alla Juventus non ci si presenta in tuta, poi si è ammalato di polmonite e quindi ha cominciato ad allenare sul serio, ma i risultati sono parsi da subito altalenanti. Alla Juve invece devi vincere subito, la pazienza non è contemplata.

Ma i grandi cicli si costruiscono nel tempo (chi non ricorda gli esordi poco rassicuranti di Lippi fino al quella fantastica rimonta sulla Fiorentina?) e il tempo è come la morte, si contrae immediatamente quando ci è inviso. Io credo si debba guardare al futuro, portare pazienza e comprendere il presagio di cui sopra. Non so se convenga fermarsi a Sarri, dividersi sulla conferma o sull'esonero. L'allenatore conta, e come diceva mister Pellegrini, conta il novanta per cento durante la settimana e solo il dieci per cento alla domenica, ma per quanto conti, in campo scendono i giocatori. A me sembra che molti calciatori siano a fine ciclo. Di quelli in campo oggi, meritano di restare in pochi: Szczesny, De Ligt, Bentancur, Dybala e Ronaldo (sarà vecchio e insubordinato, ma uno che fa trenta gol resta una garanzia), di quelli fuori: Cuadrado e Demiral. Qualche senatore per trasmettere il DNA juventino, senza pretese di titolarità. Gli altri o sono spesso infortunati, o distratti e logori, o senza stimoli e con la pancia piena. Ma c'è ancora tutto il mercato, c'è tempo per scegliere sia i migliori giovani sia i professionisti affermati. C'è la Champions che può dare lustro all'impresa dei nove scudetti, poi c'è da fare scelte.
Lo si faccia, perché a furia di guardare il dito, l'anno prossimo oltre ad inveire potremmo ritrovarci qui a piangere.