Juve, ma chi sei veramente? Ammetto che sto brancolando nel buio più totale. Mi sforzo parecchio per cercare di comprendere quale possa essere il futuro prossimo di questa squadra, ma non riesco a venirne a capo. Socrate direbbe: “so di non sapere”. Avevo già esposto il problema, ma ancora non ho trovato una soluzione. Potrei scrivere che sono certo che la Vecchia Signora è forte e vincerà tutto. Al contrario, potrei affermare che i piemontesi sono entrati in crisi e da questa non usciranno più. Sarei bugiardo. Voltaire sosteneva che “il dubbio è scomodo ma la certezza è ridicola”. Trattasi sicuramente di “sentenza” forte, ma mi trovo esattamente in quella situazione. Se dichiarassi di avere sicurezze relative ai bianconeri, farei un torto a me stesso e a chi mi farà l’onere di leggere questo articolo. A volte è meglio accettare candidamente la propria incapacità di risolvere un problema e non lasciarsi andare ad azzardate rivelazioni attendendo che la storia faccia il suo corso. Così, come puri osservatori, ci si lascia trasportare dagli eventi e si aspetta di poterli analizzare. Non è una mancanza di coraggio. E’ semplicemente consapevolezza dei propri limiti.

Prima o poi, Juve, dovrai rivelarti… Per i sabaudi, il weekend appena trascorso è stato qualcosa di assolutamente negativo. La squadra di Sarri ha perso al “Bentegodi” contro il Verona mentre Lazio e Inter hanno conquistato 3 punti a Parma e nel derby contro il Milan. Che significa? Vuole dire che, in termini di classifica, si riparte da zero. I lombardi e la Vecchia Signora sono appaiati a quota 54 punti, i biancocelesti seguono a 53. E’ un’entusiasmante sfida a 3 alla quale non si assisteva da parecchio tempo. Se mi si chiedesse, ora, chi è la favorita per lo Scudetto, risponderei con lo stesso nome che propongo dalla scorsa estate: la Juventus. Detto questo, il mio pronostico perde costantemente sicurezza. Il pensiero risulta sempre più ballerino. Le avversarie dimostrano grande solidità. Nel girone di ritorno, i Campioni d’Italia hanno conquistato 6 lunghezze in 4 gare. Sono troppo poche per una compagine che vuole centrare la vittoria in serie A. Nello stesso periodo, gli uomini di Conte hanno centrato 8 punti e, levando il recupero contro l’Hellas, quelli di Inzaghi ne hanno portati a casa ben 10. La Vecchia Signora vista in Veneto ha provocato grande delusione nel suo pubblico. I bianconeri hanno disputato una prova opaca. D’accordo, gli scaligeri sono una delle compagini più in forma del torneo. La Juve, però, avrebbe potuto e dovuto essere migliore. Nella prima mezz’ora i bianconeri avranno pure fatto sfogare le velleità di un’avversaria arcigna, tosta, fisica e volenterosa senza patire reti, ma che sofferenza… Se non fosse stato per questioni di centimetri, umanamente incalcolabili, Kumbulla avrebbe persino trovato il vantaggio veneto. E’ vero che la “retroguardia sarriana” è riuscita a mettere in fuorigioco il difensore gialloblù ma, quando l’offside è così risicato è possibile appellarsi pure al caso. Non credo che i bianconeri siano particolari automi dotati di un computer in grado di calcolare certe distanze. Per la Vecchia Signora, i calci piazzati sono una nota dolente e la partita disputata nella Città di Giulietta e Romeo è il manifesto del problema. Oltre alla citata occasione veronese, infatti, anche il fallo di mano che ha condotto al sacrosanto penalty in favore degli scaligeri deriva da una situazione definita come “palla da fermo”.

Fosse questo il principale dilemma piemontese, si potrebbe parlare di quisquiglie. La verità è che anche dopo la sfuriata inziale dell’Hellas, i bianconeri non hanno reagito nel migliore dei modi. Hanno trovato il vantaggio con una buona trama che ha condotto a un eurogol di Ronaldo, ma è troppo poco. La manovra è stata lenta e noiosa e i 2 legni colpiti durante la fase di predominio dei padroni di casa sono frutto di giocate individuali. Insomma, il Sarrismo dov’è? Al momento, le tracce sono molto remote. Sì, se ne notano sprazzi qua e là ma, per dirla con Schopenhauer, paiono “un intervallo fugace e, per lo più illusorio”, nel dolore e nella noia. Si era più o meno tutti consapevoli che, a Torino, non si sarebbe potuto ammirare un calcio simile a quello osservato al Napoli durante il periodo di reggenza del toscano. Il DNA delle 2 realtà è troppo differente, ma il progetto sembra comunque alquanto lento rispetto alle tempistiche che ci si sarebbe potuti attendere. Perché? Anche questo è un quesito al quale risulta molto complesso rispondere. Gli uomini non paiono essere i migliori per esprimere un certo tipo di gioco ma, quando si tratta con certi campioni, non si può definire semplicismo affermare che debbano essere in grado di esprimersi in qualunque modo e maniera. Ribadisco, non si deve pensare di vedere una compagine che consente al pallone di circolare precisamente a velocità parecchio elevate, ma si vorrebbe assistere a un gruppo che comanda la partita. Il possesso della sfera deve essere bianconero e la Juve deve avere le sembianze di un caterpillar che “schiaccia” le rivali nella loro metà campo recuperando alto il pallone senza lasciare grande respiro. A Verona, per lunghi tratti, questo ruolo è stato giocato dai padroni di casa con i Campioni d’Italia che si rintanavano arretrati come chi cerca di rannicchiarsi per coprirsi dal freddo pungente. Così non va bene, ma non è finita qui…

Perché questa differenza di risultati, ma soprattutto di prestazioni, tra le sfide allo Stadium e quelle in trasferta? Anche Sarri ha sollevato il problema. Urge una risposta. In questa stagione le avversarie di campionato sono cresciute e giocano a viso più aperto. E’ chiaro che questo potrebbe accadere in maniera preponderante quando ci si trova lontano da Torino. E’ naturale che, sul proprio terreno di gioco e con il supporto del pubblico, il coraggio aumenti a dismisura, ma non è sufficiente a spiegare tanta differenza. Le 3 sconfitte patite dalla Juve sono giunte tutte fuori dal suo fortino. Distanti dalle mura amiche sono arrivati pure lo 0-0 di Firenze e l’1-1 di Lecce. In Piemonte, la Vecchia Signora ha sempre vinto tranne il pareggio maturato contro il Sassuolo e, quello sì, è catalogabile come fisiologico stop. Che succede lontano da casa? Il tecnico toscano avrà sicuramente presente la situazione e starà lavorando ardentemente per venirne a capo.

Le note dolenti non sono terminate. I tanti infortuni, infatti, creano sicuramente problemi alla Vecchia Signora. E’ soltanto il caso, oppure occorre rivedere metodologie d’allenamento? Non sono un medico e non so dirvi se il clima di Torino, non di certo troppo secco, possa giocare un ruolo importante in questa vicenda. Un fatto è appurato. Gli acciacchi juventini sono parecchi e la natura è troppo spesso di origine muscolare. Douglas Costa è quasi costantemente ai box. Lo stesso vale per Danilo e De Sciglio. Durante il periodo di reggenza di Conte e del primo anno di Allegri, non ricordo tante defezioni di tale genere. Vado però a memoria e chiedo venia se sono in errore. Questa annata rischia di assomigliare tremendamente a quella trascorsa. Certo, per la Juve fu positiva e si concluse con 2 trofei in bacheca. Vorrei, tuttavia, ricordare ai tanti sostenitori di un recente passato quanto fossero delusi dall’eliminazione di Champions patita contro l’Ajax. Ricordo la storia in questa parte di articolo perché vedo negli infortuni la principale causa della caduta piemontese nel citato quarto di finale così come il livellarsi generale delle prestazioni verso il termine del 2018-2019. Si osservi per esempio la mediana, non sembra vi siano enormi problemi di qualità o quantità. Considerando Bernardeschi ormai mezz’ala, il Comandante può contare sul carrarese, Pjanic, Bentancur, Rabiot, Matuidi, Khedira e Ramsey. Sono 7 giocatori per 3-4 posti. Il numero è corretto e mi non mi pare troppo giusto considerarle seconde scelte. Si parla di un livello davvero elevato. Il problema è che, per un malanno o per un altro, vi sono sempre troppi indisponibili. Una squadra è un sistema complesso e come tale ogni evenienza capitata a una sua componente ha conseguenze rilevanti sull’intero.

Scritto questo che pare un “De profundis” bianconero, vorrei sollevare un po’ l’animo dei supporter della Juve abbassando, nel contempo, l’euforia del tifo interista che in alcune sue componenti sembra un tantino eccessiva. “Ride bene chi ride ultimo”. Nella fattispecie, a giugno… Sarri è apparso piuttosto chiaro nel palesare un problema legato all’ambito psicologico della sua squadra. E se fosse solo questo? Qualcuno ha visto pure un difetto fisico nella Vecchia Signora, ma il Comandante ha sostenuto la tesi per la quale mente e corpo sono legati ed è la prima a gestire il secondo. La Juve pare una squadra che ha perso un po’ di appetito. D’altronde, dopo una ricca scorpacciata lunga 8 anni, la fame non può che calare e l’obiettivo spostarsi sempre più concretamente sull’ossessione chiamata Champions. Allora, proprio gli avversari possono diventare i principali sostenitori della causa. I piemontesi devono cercare nell’Inter di Conte e nella Lazio gli stimoli giusti per conquistare il nono campionato consecutivo. Sapete che godimento per loro se la classifica finale li vedrà ancora davanti dopo tutta questa felicità nerazzurra? Sulla carta, i sabaudi sembrano superiori alla Beneamata e alla Lazio. Devono solo trovare in se stessi la forza trasformare la potenza in atto. Riusciranno?


Attenzione, poi, perché anche l’Inter del triplete visse una fase di empasse proprio in questa parte della stagione. La Roma lo raggiunse e lo superò durante il mese di marzo. Poi, la Beneamata riprese a correre e tutti sanno come finì… I tifosi lombardi hanno quindi un esempio in casa. Non si dimentichi mai, inoltre, che nel DNA bianconero non vi sarà il Sarrismo, ma è sicuramente compresa la capacità di risorgere dalle proprie ceneri come l’Araba Fenice.