Ancora una volta devo ringraziare i miei colleghi Blogger perché lo spunto giunge da loro e in particolare da Gualtiero Lilliu. Commentando un mio pezzo e scrivendone uno proprio dal titolo Serve davvero un vice Morata, mi ha convinto nel tentativo di specificare un pensiero che mi balena da tempo nella mente, ma a cui non ho mai dedicato un articolo.
Quando ero bambino, mi sono accorto dell’importanza della programmazione. Frequentavo le scuole medie e, tornato dalla partita di calcio della domenica mattina, durante il pomeriggio mi sono trovato tutti i compiti ancora da portare a termine. Matematica, scienze, italiano, storia ero sopraffatto… Così ho capito che nella settimana precedente avrei dovuto compiere uno sforzo in più “mettendomi avanti” e non limitandomi a quanto strettamente necessario per giungere preparato al giorno successivo. Quel sabato, infatti, mi erano stati regalati i biglietti per assistere a San Siro al derby d’Italia. Immaginatevi l’emozione di un infante appassionato di pallone all’inverosimile… Non stavo nella pelle. Sarei andato allo stadio con uno dei miei migliori amici e, chiaramente, i rispettivi adulti accompagnatori. Abito a Reggio Emilia. Per raggiungere il Meazza in occasione di un simile match con dei ragazzini occorre partire sufficientemente in anticipo. Non si può rischiare. Lasciammo casa verso le 16. La trepidazione mi aveva completamente conquistato. Provavo a studiare, ma la testa partiva per la tangente. Niente da fare. Ci avrei riprovato il giorno successivo. Peccato che giunsi a letto a notte fonda, ma non volli nemmeno perdermi l’impegno della mattina seguente con la mia squadra. Dopo un’aspra litigata con mia madre, mi concesse questo ulteriore bonus in cambio della promessa di dedicare tutto il pomeriggio al mio dovere. Arrivai spappolato e non riuscii nuovamente a concentrarmi. Mi si chiudevano gli occhi. Il lunedì mi presentai a scuola con l’imbarazzo di non aver svolto il mio lavoro. Compresi che i miei genitori mi avevano impartito una sonora lezione. Non commisi più l’errore.

Non è possibile vivere alla giornata o navigare a vista. Lo scrittore austriaco Arthur Schnitzler affermava che “l’ordine è qualcosa di artificioso; il naturale è il caos”. Sono pienamente d’accordo e non intenderei mai reclamare una sorta di esercito composto da robottini sempre pronti ad avere una risposta per ogni situazione. Penso che l’attuale pandemia sia stata piuttosto chiara in proposito. Non possono esistere certezze. Sarebbe quindi assurdamente utopistico pensare ad automi perfettamente programmati, ma in medio stat virtus. Bisogna saper gestire la vita senza cadere nella completa confusione altrimenti non si troverà l’opportuna via d’uscita perché, nel momento in cui il fatto è compiuto, l’ansia e la fretta non risultano certo fidate consigliere. Se si giungerà a un dunque, lo si farà con un eccesso di ritardo e ogni errore rappresenterà quindi una colpa. Consentitemi di sostenere che, in Italia, spesso durante l’attuale emergenza ci siamo trovati in una simile condizione. Vabbé…

PARATICI E LA PROGRAMMAZIONE: QUESTIONE DI TATTICA...

E’ il caso di dire che pure i dirigenti juventini sembrano navigare in simili tempeste. Troppo spesso Paratici afferma che si attendono le occasioni. Mi ricorda il ragazzino, o la fanciulla, che aspetta trepidante i saldi per evitare di pesare troppo sulla carta di credito del genitore. Lo affermo con ironia, ma con il massimo rispetto per il manager bianconero a cui riconosco di essere un top. A difesa del piacentino, inoltre, occorre ammettere che la pandemia non ha certo agevolato le casse dei club così il calciomercato diviene spesso simile al bazar in cui, appunto, si cercano gli oggetti a prezzi meno oppressivi. Se si pensa che già da prima la situazione non era così rosea, si può capire in quali difficoltà debbano agire l’emiliano e i suoi collaboratori. Non è finita qui. Durante la scorsa estate, la Vecchia Signora è stata rinnovata in toto. Anche questo, tra l’altro, potrebbe essere un insegnamento di vita. E’ inutile portare avanti progetti che non si reggono su solide convinzioni. Tornando a noi, come sovente specificato, mister Pirlo non ha avuto la chance di disputare una preseason che gli consentisse di modellare una prima forma della sua opera. Così si è giunti alla sessione invernale di rinforzo delle squadre e ancora non si hanno ben chiari i principi tattici che dovrebbero guidare l’immediato futuro sabaudo: 3-5-2 o 4-3-3? Boh… Gli infortuni e il covid-19 sono sembrati simili alla mazzata finale. Il tecnico lombardo è privo di molti pilastri quindi si deve reinventare ruoli e posizioni. Risultato? Il caos generale.

Così, però, diventa praticamente impossibile fare mercato. E’ necessario chiarire la via. Nella partita di Barcellona, la Juve stupì il mondo con un modulo di contiana memoria. Cuadrado e Alex Sandro erano molto utili ad allargare il gioco. Morata teneva alta la squadra facendo da spalla a CR7 libero di svariare per tutto il fronte offensivo andandosi a trovare lo spazio dove meglio riteneva opportuno. Mckennie svolgeva il compito di straordinario incursore coadiuvato da Ramsey che completava con grande qualità il dinamismo e la foga agonistica del texano. Arthur rappresentava l’equilibrio davanti alla difesa. Un combinato disposto praticamente magnifico che ha funzionato a meraviglia. Poi sulla Juve sono piovute le avversità. Pirlo è stato costretto a cambiare strategia e, contro Milan e Sassuolo, ecco il 4-3-3. Il concetto si modifica notevolmente. Il mediano gallese, come l’americano, sono sempre pronti a gettarsi nello spazio che è sensibilmente inferiore a causa del maggior numero di calciatori in fase offensiva. Ronaldo può occupare la sua posizione prediletta: largo a sinistra per poi accentrarsi e tirare. Lo stesso vale per Chiesa, ma sul fronte opposto. Nel cuore del reparto, Morata o Dybala agiscono praticamente da registi avanzati. Se gioca Rabiot si può pensare, invece, a forti transizioni offensive provocate dalla grande capacità di cost to cost disposta dal transalpino. Qualcuno si ostina a parlare di 4-4-2. Capitava pure con il 3-5-2 ed è comprensibile. Si tratta, infatti, di moduli fluidi. Non è calciobalilla. I giocatori non sono legati tra loro e hanno la chance di svariare per il campo. Così dipende dalla fase di gioco. Quando il possesso è tra i piedi degli avversari, si forma sempre la doppia linea di centrocampo e difesa composte da un poker di uomini lasciando alti solo i due attaccanti. Nel momento in cui, invece, si dispone dell’attrezzo, si procede con le descritte posizioni.

ATTACCANTI, ESTERNI E LA FIDUCIA IN FRABOTTA

Pirlo cosa scegli? Sarebbe gradita una risposta per potere decifrare le occasioni di mercato. Serve un vice di Morata? Pareva assolutamente di sì fintanto che, contro Sassuolo e Genoa, Kulusevski non ha sfoderato 2 fantastiche prestazioni da attaccante. Il Collega Gualtiero ha ragione. Lì può giocare. Lo svedese è quanto di più ibrido esista. E’ buono per ogni stagione, alias posizione. Data la giovane età, non pare però garantire continuità anche all’interno della medesima sfida e ciò che è accaduto negli ottavi di Coppa Italia è palese. Dopo un primo tempo da migliore in campo, nella ripresa e durante i supplementari è stato tra i peggiori. Le motivazioni sono parecchie. Gli spazi concessi dagli avversari si sono ridotti e Dejan ha risentito pure del calo generale. Continuo a pensare che sia necessario acquistare un altro centravanti anche alla luce dei continui infortuni di Dybala. Se fosse disponibile con maggiore continuità, la Joya potrebbe agire pure da falso nove. Scamacca? E’ forte, ma è troppo acerbo. Milik è il nome corretto. E’ vero che la prossima estate potrebbe giungere a parametro zero, ma non è detto che non riesca ad accasarsi prima altrove e soprattutto la situazione bianconera ha i crismi della straordinaria urgenza. Proverei, per quanto possibile e senza svenarsi, a scendere a patti con De Laurentiis.

E’ sufficiente? Se il mister bresciano optasse definitivamente per il 3-5-2, sì. In quel caso, infatti, in campo si avrebbe solo una coppa di esterni. Nel ruolo, la rosa bianconera è piuttosto coperta: Alex Sanrdo, Frabotta, Chiesa, Cuadrado, Bernardeschi e volendo pure Kulusevski o Danilo. Se si opta, invece per una difesa a 4, è chiaro che la coperta è corta. Raddoppiando il numero dei giocatori contemporaneamente utilizzati per quel ruolo, è d’obbligo disporre di maggiori alternative. Ma non è una questione prettamente numerica. Occorre analizzare pure altri fattori. I terzini sinistri, indispensabili con un poker di uomini nella retroguardia, sono soltanto i primi due citati nell’elenco che precede. Il carioca vive una parabola piuttosto discendente che ormai perdura da tempo, ma vanta esperienza internazionale ed è un profilo di caratura molto elevata. Il secondo, invece, è alla prima avventura di livello. E’ vero che bisogna avere il coraggio di lasciare largo ai giovani, ma occorre capire dove sia la soglia limite che, per inciso, contro il Genoa in Coppa Italia mi pare sia stata ampiamente superata mettendo a repentaglio un torneo. Non sono di certo qui a giudicare negativamente le qualità di Frabotta. Lo ammiro e penso abbia tutte le chance di divenire un grande campione. Contro il Milan ha dimostrato una personalità allucinante e capacità tecniche importanti, ma nel match successivo è emerso pure qualche limite d’età. Se vi fosse l’esigenza, ci si fiderebbe a schierarlo in un’ipotetica finale di Champions? Se mi viene risposto in senso affermativo, mi fido ciecamente e affermo: “Allora, a posto così!”. Era un semplice avviso ai naviganti. A destra, la situazione è migliore perché Danilo e Cuadrado rappresentano delle garanzie. Per quanto riguarda il reparto avanzato, invece, direi che non si notano grandi difficoltà. Al momento non concordo con l’esperimento che vede Bernardeschi come terzino. Potrà ripercorrere le orme di Zambrotta, ma credo debba ancora lavorare parecchio. Lo vedo meglio come ala. Chiesa, Ronaldo ed eventualmente Kulusevki o il citato colombiano ritengo che siano ampiamente sufficienti.

ALTRI REPARTI, DRAGUSIN E RIASSUNTO

Qualcuno si scatena contro la mediana, ma direi che è la migliore vista negli ultimi anni. Bentancur, Arthur, Mckennie, Rabiot e Ramsey con il tuttofare svedese formano un sestetto realmente molto interessante. Quantità, qualità e inserimento. Rispetto all’opaca versione di Matuidi vista in bianconero o a un Khedira costantemente ai box, mi pare che la musica sia migliorata notevolmente. E il cuore della retroguardia? Pure qui urge operare dei distinguo. Se si gioca a 4, i nomi papabili sono quelli di Bonucci, Chiellini, Demiral, de Ligt e Draguisin. Pare, quindi, regnare una sorta di abbondanza. Ma…. Giorgio non è più una garanzia. Per il giovane rumeno è necessario effettuare un copia-incolla di quanto sostenuto per il collega Frabotta. Non mi ripeterò. Anche in questo caso, occorre comprendere se ci si voglia fidare dei nuovi luminosi raggi di luce o attendere ulteriormente. Sono buono per tutte le soluzioni. Mi affido a chi è più capace del sottoscritto. Se, invece, si opta per la difesa con 3 giocatori, si devono aggiungere all’elenco i cartellini di Danilo e Alex Sandro. Direi che siamo a cavallo.

In definitiva: cosa serve a questa Juve? Bisogna trovare una quadra tattica come accadde nel 2016-2017. Dopo una prima fase di stagione con qualche esperimento, Allegri si gettò sul 4-2-3-1 che fu confermato e fedele compagno di un triplete sfiorato. In secondo luogo, cercherei di condurre Milik sotto la Mole. E’ ottimo per tutte le opzioni, alias scelte del mister. Il resto è un caos calmo che lascio gestire a chi è più capace del sottoscritto. Ci si fida dei giovani Frabotta e Dragusin o meno? Questo è il dilemma shakespeariano. Una cosa è certa: il futuro sarà loro, ma il presente?