La Juventus ha scritto la storia, prima e probabilmente unica squadra a vincere otto Scudetti consecutivi, un traguardo che andrebbe assaporato e adeguatamente celebrato, invece viene vissuto dai tifosi con grande freddezza a causa della cocente delusione per l’eliminazione ai quarti di Champions League sancita dall’Ajax.
Nonostante cinque Scudetti consecutivi, quattro Coppe Italia consecutive, due Supercoppe Italiane e il raggiungimento di due finali di Champions League perse contro Barcellona e Real Madrid, avversari nettamente più forti rispetto alla Juventus Massimiliano Allegri non è mai riuscito ad entrare nel cuore del popolo bianconero; il suo calcio pragmatico e finalizzato esclusivamente al raggiungimento del risultato non piace ai tifosi – me compreso – perché ritenuto inadeguato alle ambizioni Champions e poco funzionale all’alta qualità dell’organico a disposizione del tecnico.
A mio giudizio, l’incontro che vedrà protagonisti Andrea Agnelli e Massimiliano Allegri dovrà servire, nel tracciare un bilancio dell’annata ormai ai titoli di coda, per analizzare in modo schietto e approfondito il cammino in Champions League, competizione dove la squadra ha offerto un rendimento nettamente inferiore rispetto alle proprie possibilità; dall’esito di questa analisi si capirà se tra società e tecnico esistono le basi per continuare il rapporto.

Gli Scudetti consecutivi certificano la netta e schiacciante superiorità juventina in ambito nazionale, mentre a mio modo di vedere la strada per conquistare il massimo trofeo continentale per club è ancora molto lunga.
Se la “Vecchia Signora” desidera realmente aumentare le possibilità di vincere la “Coppa dalle Orecchie Grandi” deve necessariamente accrescere il livello globale di autostima così da trasformare l’ansia e l’insicurezza che zavorrano e bloccano l’ambizione in primis nei quadri dirigenziali, finendo per tagliare le gambe anche ai giocatori sul rettangolo verde in adrenalina così da vivere il torneo non più come un ossessione bensì come un obiettivo realmente possibile.
In questa chiave la società deve mettersi in discussione a trecentosessanta gradi e cambiare radicalmente filosofia aziendale: vincere non basta più, i risultati devono essere conseguenti alle prestazioni, giocare bene porta serenità e fiducia, inoltre ritengo che non siano i giocatori a fare la differenza come sostiene Allegri ma l’allenatore che attraverso la propria idea di gioco ne esalta le caratteristiche e ne valorizza le attitudini; per un calcio coraggioso, propositivo, offensivo e brillante basato su movimenti studiati di giorno in giorno in allenamento.
A mio parere, questo cambiamento di filosofia aziendale oltre a toccare la Società sotto l’aspetto mentale e concettuale coinvolge la stessa in ambito progettuale richiedendo un cambio di guida tecnica: serve un uomo di campo (ad esempio Guardiola) che valorizzi al massimo la rosa a disposizione – la quale nel caso della Juventus è di alta qualità – non un tecnico come Allegri che si limiti a usare i media per motivare e gestire i calciatori con l’intento di arrivare ai risultati.
Ciò che di Allegri mi irrita è che pur essendo estremamente preparato e avendo i mezzi per incidere più marcatamente sulla squadra il tecnico non pare intenzionato a rivedere il proprio credo calcistico, fondato su una grande compattezza in fase difensiva e sulla creatività dei singoli nella fase d’attacco, il fatto che egli non sfrutti al massimo la propria competenza non permette alla Juventus di evolversi in ambito europeo.