Questo non è articolo, ma semplicemente una mia considerazione, che ai più non può fregar di meno, ma che comunque voglio esprimere la mia sull’episodio di cui l’Italia pallonara parlerà almeno per i prossimi giorni.

Ieri sera è andato in scena allo Juventus Stadium Juve-Atalanta. Match clou della giornata, giocata ad altissima intensità finita sul 2-2. Nonostante il risultato che di fatto consegna virtualmente il 36^ scudetto alla società di Torino il nono di fila, al triplice fischio finale la mia impressione è che la squadra di Gasperini sia più forte di quella di Sarri. I nerazzurri grazie anche ad una condizione atletica migliore hanno dominato la partita a lunghi tratti, andati in difficoltà per qualche minuto solo dopo il momentaneo 1-1, per poi riprendere in mano le redini del gioco. Quello che risulta più anomalo è la differenza di rosa tra le squadre, cosa che già avevo notato precedentemente studiando l’avvicinamento del match e che ieri sera ne ho avuto la conferma. Sartori responsabile area tecnica e Zamagna direttore sportivo hanno messo nelle mani del tecnico di Grugliasco una macchina completa in ogni suo aspetto, sapientemente guidata. I bergamaschi, rispetto alle zebre, hanno uomini più duttili alle evenienze, capaci di modellare la squadra a seconda delle circostanze. Oltre alla zoccolo duro Toloi, Palomino, Gomez, Gosens, Hateboer e Zapata ci sono una serie di giocatori che i campioni d’Italia non hanno. Prendiamo Pasalic e Malinovskyi, possono essere schierati sia da trequartisti che da centrocampisti di qualità, ruoli che svolgono alla perfezione ed in caso di necessità potrebbero essere impiegati anche come seconda punta. Castagne alter ego del fortissimo belga, uno dei migliori nel ruolo di terzino sinistro a tutta fascia del nostro campionato, non stecca una partita ogni qual volta viene chiamato in causa al contrario del deludente più quotato Danilo. Per non parlare di Muriel, che si adatta a spaziare su tutto il fronte d’attacco ed a partita in corso rappresenta una spina nel fianco degli avversari. Insomma dette in poche parole la panchina dell’Atalanta e superiore a quella della Juve. Che in situazioni di emergenza ha soli due cambi da fare per raddrizzare le partite nate storte: le giocate di Douglas Costa più estroso rispetto a Bernardeschi e uno spesso svogliato Higuain per dare peso in area avversaria. A centrocampo quantità per quantità Matudi/Rabiot non cambia nulla e Bentancur per quanto sia cresciuto non ha esattamente la visione di gioco che ha il bosniaco Pjanic. De Sciglio non è Castagne e Rugani sembra demoralizzato non imprime la grinta e la voglia di Djimsiti le volte che scende in campo. 

Ma ora parliamo dell'episodio clou, quello in risalto su tutte le testate giornalistiche nostrane. Al 55^ un cross di Dybala dalla destra viene intercettato da De Roon con il gomito nella propria area. Per l’arbitro Giacomelli con l’ausilio del Var è rigore, che poi sua maestà Cristiano Ronaldo trasformerà.
Premetto, non sono tifoso né tantomeno simpatizzo per una delle due compagini. Ieri sera ero solo uno spettatore a cui piace il calcio ma estraneo ai fatti, anzi per certi versi mi è andata anche bene, in quanto avevo scommesso sul pareggio. Il mio giudizio lo possiamo paragonare a Cristian De Sica in Don Buro nel film Vacanze in America dei fratelli Vanzina, quando arbitra il derby Juve Roma in diretta dalla Valle della Morte: “ imparzialissimo ve odio a tutte due!”. Ebbene, secondo me quel penalty non andava fischiato. L’olandese aveva le braccia dietro la schiena ma nella torsione del corpo a contrastare il traversone della Joya il gomito automaticamente si allarga nella normalità di un gesto fisico imprescindibile impossibile da controllare, dove si può categoricamente escludere la volontarietà, come nel secondo giustamente assegnato per fallo di Muriel.
Il regolamento del calcio italiano è come quello della nostra giustizia con mille cavilli e sfaccettature che nessuno in realtà conosce alla perfezione e poi si lascia decidere al libero arbitrio del singolo. E per Giacomelli quello era rigore.