E’ stato un esonero in grande stile;  in stile Andrea Agnelli, un decisionista, come lo ha definito lo stesso Max Allegri, che lo ha mandato a casa senza aspettare nemmeno la fine del Campionato.

Il decisionismo di Agnelli lo si era già conosciuto in occasione dell’allontanamento di Beppe Marotta, anche lui messo alla porta a stagione in corso senza un se e senza un ma; in quel caso il Presidente bianconero aveva  parlato di normale evoluzione aziendale e aveva evidenziato che le deleghe venivano affidate a dirigenti quarantenni, lasciando intendere che era venuto il momento di svecchiare la Dirigenza in seno alla Società, come se Marotta di anni ne avesse novanta e fosse un ferro vecchio da buttare.

Invece, per l’esonero del Tecnico, Agnelli ha parlato di logica aziendale, che le decisioni vanno prese quando è il momento di prenderle e che la prerogativa della Juve è quella di vedere il futuro prima della concorrenza;  in realtà non si è capito niente, e lo stesso Allegri quando gli è stato chiesto il motivo per il quale è stato esonerato non ha saputo rispondere, e ha  cercato di spiegare che negli incontri avuti col Presidente non si è parlato né di giocatori né di futuro, e che per il bene della Juve è meglio separarsi. Sul suo esonero si è espresso anche il vice presidente Pavel Nedved, che lo ha definito come la fine naturale di un ciclo.

Andrea Agnelli entrerà nella storia della Juve non solo per  il nome che porta, e per le vittorie  conseguite in questo periodo, ma anche per questo suo decisionismo che denota spesso una certa frenesia nel decidere e che sul piano dell’immagine ne offusca un po’ le indubbie qualità di grande manager e di vincente;  come ha ribadito anche nella conferenza di commiato di Allegri, è senz’altro vero che la  prerogativa della Juve è quella di vedere il futuro prima della concorrenza, sono i risultati  ottenuti sotto la sua Presidenza che lo testimoniano, ma nel  licenziamento di Marotta e del Tecnico, al di là della ferrea logica d’impresa, per certi versi condivisibile, manca completamente qualsiasi forma di sentimento e forse anche la giusta riconoscenza morale verso due personaggi che hanno contribuito a fare grande la Juve.

Sia Marotta che Allegri avrebbero meritato di concludere alla fine del Campionato il loro rapporto di lavoro con la Juve;  poi a   stagione conclusa la Juve avrebbe avuto tutto il  diritto di prendere le sue decisioni che erano quelle di cambiare il Direttore Generale e l’allenatore della squadra;  sinceramente non si è capito come si può festeggiare uno scudetto insieme al Tecnico che ne ha propiziato la vittoria ed è stato esonerato da poche ore. 

E’ la prima volta che una cosa del genere succede in Italia; la Juve come al solito è prima anche in questo, con l’esonero di un allenatore che finisce fra lacrime di commozione, abbracci e pacche sulle spalle; eravamo abituati a esoneri fatti con semplici tweet dal testo stringato , poche parole per  comunicare una grande decisione e poi code di polemiche e di risentimenti vari.

Invece adesso si apre una nuova frontiera, con tanto di conferenza stampa alla presenza di tutta la squadra, con la consegna della maglia celebrativa History Alone (Storia Unica), con grandi elogi, applausi, dichiarazioni di amicizia e quasi d’ amore, per  certificare un addio inevitabile e come a dire: ti amo ancora, ma non ti sopporto più.

Allegri se ne va  in punta di piedi come del resto era arrivato a Torino,  e a chi gli ha chiesto se provasse risentimento per non essere  stato amato completamente dalla tifoseria ha risposto che si sente juventino dentro e che da bambino aveva il poster di Platini in camera e lo ha detto col  sorriso sulle labbra, da gran signore.