Dopo la magistrale partita contro l’Atletico Madrid il giudizio complessivo su Allegri è tornato in equilibrio: l’isteria negativa che lo ha accompagnato prima del match, per cui - in caso di eliminazione - l’annata della sua Juventus sarebbe stata fallimentare, è stata controbilanciata da un’isteria di segno opposto, per cui si è giunti ad affermare che l’eventuale abbandono del tecnico a fine anno per i bianconeri costituirebbe una perdita di difficile rimpiazzo. A prescindere da queste valutazioni radicali, i tempi sono maturi per una riflessione pacata sul profilo ideale del prossimo allenatore della Juventus, indipendentemente da ciò che succederà al termine dell’annata.

In altri termini, si è posta la domanda circa quali debbano essere le caratteristiche del futuro trainer per ereditare con successo la panchina di uno dei clubs più forti d’Europa. L’analisi non poteva prescindere da un “excursus storico” degli allenatori vincenti nel passato della squadra bianconera, alla ricerca di eventuali elementi comuni che potessero rivelare in qualche maniera la presenza di un indirizzo storico nella loro nomina. Diversamente dagli altri club, infatti, la Juventus è posseduta dalla medesima proprietà praticamente dagli albori della sua storia (era il 1923 quando la famiglia Agnelli entrò nel capitale della società, assumendone la presidenza): ”un unicum nel panorama sportivo mondiale”.[1]  E’ ragionevole, pertanto,  ipotizzare che l’ identità culturale degli Agnelli possa trovare riscontro nel profilo degli uomini che sono stati scelti per guidare la Juventus sul rettangolo di gioco.

Sono quarantasei gli allenatori che si sono succeduti sulla panchina bianconera nel corso dei 122 anni di esistenza[2]. Di questi, diciannove si sono fregiati di almeno un titolo vinto.[3] Tra i più titolati,restringendo l’analisi  a coloro che sono rimasti al  timone della squadra per almeno un triennio e vincendo almeno il 51% delle partite, la selezione fornisce questa “hit parade” di magnifici sei:

                  Vittorie %     Titoli

Trapattoni          54%           14

Lippi                  56%           13

Allegri               72%           10

Conte                 68%             5

Carcano              69%            4

Parola                 58%            4

Un primo dato appare subito evidente: l’allenatore tipo vincente della Juventus è di nazionalità italiana. L’italianità ha sempre rappresentato un elemento fondante del gruppo Fiat e quindi della famiglia Agnelli: fino al nuovo millennio, la strategia della direzione aveva sempre puntato al consolidamento del mercato interno (nel quale la Fiat si era trovata ad operare persino in posizione di monopolio) quale condizione preliminare ad ogni piano di sviluppo. Anche La Juventus ha storicamente focalizzato la sua attenzione alla supremazia nel campionato italiano, affidandosi a tecnici che ben conoscevano le dinamiche e lo spirito del calcio nostrano.

Un secondo elemento degno di nota è la giovane età dell’allenatore juventino vincente. La guida della squadra bianconera venne assunta da Giovanni Trapattoni a 37 anni, da Carlo Parola a 38 anni, da Carlo Carcano a 39 anni, mentre Antono Conte ne aveva 42. Marcello Lippi (46) e Massimiliano Allegri (47) alzano un po' la media, ma comunque mantengono un’età mediamente giovane per un allenatore di calcio alla guida di un top club, soprattutto in Italia. Un tecnico italiano giovane ma non inesperto, e veniamo alla terza caratteristica, non ancora affermato ma con la giusta ambizione a realizzarsi in una realtà complessa quale quella di una grande squadra.

Carlo Carcano, prima di dare inizio al ciclo vincente della Juventus (i 5 scudetti dal 1930 al 1935), si era fatto apprezzare come allenatore del Valenzana (2^ divisione), dell’Internaples (1^ divisione) e dell’Alessandria (Divisione Nazionale, poi  Serie A). In realtà egli vinse 4 dei 5 scudetti consecutivi, perchè nell’ultimo anno venne sostituito da Carlo Bigatto. Ciò non gli impedì di conseguire il primato di quattro titoli consecutivi conquistati, eguagliato nel 2018 da Massimiliano Allegri.
Carlo Parola si fece le ossa prima come vice di Longo alla Lazio nel 1955-56 e poi assumendo la guida dell’Anconitana nel triennio 1956-59, conducendo i marchigiani alla promozione in Serie C.

Giovanni Trapattoni fu vice di Giagnoni nel Milan della stagione 1974-75, poi gli subentrò nella stagione successiva sotto la supervisione di Nereo Rocco (conducendo i rossoneri al 3° posto ) e quindi  approdò alla Juventus nella stagione 1976-77.

Più lunghe le gavette di Marcello Lippi e Antonio Conte. Prima di approdare alla società bianconera il tecnico viareggino aveva girovagato nella serie C toscana (Pontedera, Siena, Pistoiese, Carrarese, Lucchese), per giungere successivamente in Serie A con Cesena , Atalanta e Napoli. Il praticantato di Antonio Conte, iniziato a Siena nel 2005 in qualità di vice di De Canio, era proseguito in serie B ad Arezzo e Bari (riportato in serie A). Dimissionario all’Atalanta dopo 6 mesi nel 2009-2010, la stagione successiva era ritornato al Siena in Serie B, conseguendo una seconda promozione nella massima serie.

Un caso a parte è quello di Massimiliano Allegri, approdato alla Juventus da allenatore già affermato, avendo guidato il Milan per 4 stagioni con un campionato vinto. Ma la sua nomina, in effetti, fu la conseguenza della situazione particolare in cui si venne a trovare la società bianconera nell’estate del 2014 a seguito delle improvvise dimissioni di Conte: la necessità di rimpiazzare immediatamente il tecnico pugliese non lasciava grandi margini di scelta ma suggeriva di affidarsi ad un profilo già esperto e soprattutto ancora libero sul mercato a stagione appena iniziata. Che poi una tale opzione “last minute” e quasi obbligata si sia rivelata una mossa straordinariamente vincente rientra in quelle logiche imponderabili che fanno del calcio un mondo imprevedibile e per questo di irresistibile fascino.

Diversamente da ciò che il senso comune potrebbe suggerire, invece, la “juventinità” non ha costituito storicamente un elemento imprescindibile del profilo dell’allenatore bianconero vincente. Il fatto di avere vestito la maglia bianconera da giocatore, respirando l’atmosfera dell’ambiente bianconero non è mai stata ritenuta una prerogativa irrinunciabile nella scelta del profilo vincente. Dei componenti la fantomatica “hit parade”, solamente  2 allenatori su 6 (33%), infatti, hanno militato dapprima da giocatori nelle fila della Juventus: Carlo Parola e Antonio Conte. Tutti gli altri hanno assimilato lo “stile” Juventus e la proverbiale insaziabile fame di successi successivamente, calandosi nella parte dei condottieri vincenti.

E’ presente, altresì, un’ulteriore caratteristica che torna ad accomunare tutti i profili sopraccitati: nessuno degli allenatori fu artefice di svolte epocali, né anticipatore di tendenze e/o di svolte tecnico-tattiche, ma tutti si sono rivelati, semmai, eccellenti interpreti dello spirito dei tempi in cui hanno operato. Nessun fuoco rivoluzionario animò, ad esempio, il furore agonistico con cui la Juve del Trap dominò la scena italiana degli anni settanta e fino alla metà degli anni ottanta, ma la sua “zona mista” costituì una sorta di aggiornamento del “catenaccio”, con un maggior coinvolgimento dei difensori esterni alla manovra di attacco ed il pressing alzato a livello di centrocampo, in linea con le tendenze di un calcio in cui la preparazione atletica stava acquisendo un’importanza preminente.

La Juventus arrembante della seconda metà degli anni novanta fu il prodotto di una felice intuizione di Marcello Lippi, primo a capire che la modifica del regolamento - con l’assegnazione dei 3 punti in caso di vittoria - aveva tolto ogni importanza al pareggio: era necessario vincere sempre, anche rischiando la sconfitta.
Ma per realizzare questo obbiettivo, dal punto di vista tattico il tecnico viareggino attinse sia alle nuove idee sacchiane  (il pressing a tutto campo, portato anche dagli attaccanti che diventavano i primi difensori) che alla tradizione: la difesa bianconera del primo ciclo lippiano marcava sia a uomo che a zona, e manteneva il secondo difensore centrale staccato (Luca Fusi e poi Massimo Carrera interpretavano ancora il ruolo di “Libero” il primo anno). 
Lo stesso credo calcistico di Antonio Conte rappresenta una sintesi di idee che lo avevano preceduto: Il calcio organizzato di Arrigo Sacchi, naturalmente, fatto di diagonali e di schemi ripetuti ossessivamente in allenamento, ma anche una esuberanza atletica ed una compattezza che ricordava il suo predecessore nonché suo allenatore alla Juventus Marcello Lippi. Massimiliano Allegri rappresenta la massima espressione del pragmatismo e della duttilità, concetti che si sono imposti all’attenzione del calcio dei giorni odierni. Le sue squadre non sono portatrici di filosofie precise di gioco ma sono in grado di adattarsi alle situazioni del momento e dell’ avversario. Il passaggio indifferente da un modulo ad un altro, con giocatori messi nelle condizioni di interpretare più ruoli costituisce una sorta di marchio di fabbrica non esclusivo, ma sicuramente portato alla massima efficacia in Italia dal Mister di Livorno.

Nessun “inventore” o “sperimentatore” alla Juventus, quindi, ma grandi interpreti. Non sono  stati i moduli o i sistemi di gioco adottati, in ultima analisi, ad avere reso questi allenatori vincenti bensì la loro capacità di farli funzionare in maniera eccellente. E per fare ciò è sempre stato necessario ottenere la collaborazione ed il consenso di coloro che alla fine vanno in campo: i giocatori. Non è facile in un ambiente di campioni qual’ è lo spogliatoio della Juventus. E’ stata questa la vera risorsa che ha fatto la differenza. Tutti gli allenatori vincenti sono stati prima di tutto fini scienziati della mente: da Carlo Carcano  “bravo allenatore psicologo» che alla Juventus «si limitò a non guastare una squadra che funzionava da sé»”[4] a Marcello Lippi, definito un “allenatore di cervelli”[5], passando per Giovanni Trapattoni “eccellente motivatore”[6] ed il carisma di Antonio Conte in grado di persuadere tutti i giocatori “perchè ha sempre trovato i punti giusti per farli rendere al meglio”,[7] fino a Massimiliano Allegri per il quale “ogni giocatore va valutato singolarmente, nella sua diversità dagli altri. Va studiato e poi di conseguenza va adottato un determinato comportamento con lui, adeguato ai bisogni caratteriali.”[8] La medesima attitudine a governare il gruppo è desumibile, indirettamente e a contrario, pure in Carletto Parola. La ragione per cui fu sollevato dall’incarico e sostituito da Trapattoni nell’estate 1976 non fu tanto la rimonta subita dal Torino nell’ultima parte della stagione che gli aveva sfilato un campionato che pareva già vinto, bensì la sua presunta sopravvenuta incapacità a governare i contrasti che si erano venuti a creare all’interno dello spogliatoio bianconero tra la fazione di Anastasi e Capello e quella di Furino e Bettega[9].

Un allenatore italiano giovane, emergente, dotato di capacità relazionali e di carisma: l’analisi storica non sembra avere dubbi circa le caratteristiche dell’allenatore di successo per la casa bianconera.

Sempre dalla storia recente della Fiat, però, sono ravvisabili nuovi indirizzi che aprono prospettive inedite  e introducono ulteriori criteri di scelta. La casa automobilistica ha saputo uscire dalla crisi più grave della sua storia grazie alle idee di un manager non italiano quale Sergio Marchionne che ha imposto una nuova visione internazionale all’azienda, consentendone il rilancio del marchio nel mondo. Parimenti, l’evoluzione globalizzata del sistema calcio richiede una progressiva acquisizione di una dimensione internazionale da parte delle squadre di successo.
La SuperLega europea rappresenta l’orizzonte di medio periodo di tale tendenza. In quest’ottica, un allenatore non italiano potrebbe costituire un nuovo punto di crescita e di svolta nella storia della Juventus, che già con l’acquisto di “CR7” ha lanciato un segnale inequivocabile circa il suo futuro prossimo senza ritorno.

 

[1] https://it.wikipedia.org/wiki/Storia_della_Juventus_Football_Club#Le_origini

[2] https://www.myjuve.it/allenatori-juventus/elenco_allenatori.aspx

[3] https://www.myjuve.it/statistiche-allenatori-juventus/palmares.aspx

[4] https://it.wikipedia.org/wiki/Carlo_Carcano#Allenatore

[5]   Salvatore Lo Presti: “La maledizione di Monaco”, La Gazzetta dello Sport, 29 maggio 1997

[6] http://www.treccani.it/enciclopedia/giovanni-trapattoni_(Enciclopedia-dello-Sport)

[7] www.goal.com/it/notizie/marchisio-e-il-segreto-di-conte-trasmette-il-suo-carattere/ki5auaz3w31k13nyhaixqn48u

[8] http://www.tuttosport.com/news/calcio/serie-a/juventus/2015/05/28-1218130/allegri_e_la_gestione_del_gruppo_ecco_il_mio_metodo_di_lavoro/

[9] https://it.wikipedia.org/wiki/Carlo_Parola