Se la Scarpa d'oro fosse già stata creata a quei tempi senza dubbio Josef Bican l'avrebbe vinta per cinque stagioni consecutive, dal 1939-40 al 1943-44 (nell’ordine, 50, 38, 45, 39, 57 gol). Nato il 25 settembre 1913 a Vienna, da genitori boemi e cecoslovacchi, Bican rimane orfano di padre ad appena 8 anni, la leggenda dice che, vista la povertà che lo circondava, giocava sempre senza scarpe, e che questo gli affinò le sue qualità tecniche, e la sensibilità nel tocco.

Dopo essere entrato nelle giovanili dell'Herta Vienna a 12 anni, e aver segnato caterve di reti (ogni gol segnato riceveva uno scellino ndr), il Rapid Vienna gli fece firmare il primo contratto da professionista. La mamma Ludmila che lo seguiva in tutte le partite, in un giorno di pioggia, prese ad ombrellate un avversario, reo di aver picchiato Josef volontariamente. Le caratteristiche principali di Bican erano la potenza, la finalizzazione, qualità che mostrò nel mondiale in Italia del 1934: con la sua Austria perse la semifinale contro gli azzurri per 2-1, lui segnò nella competizione l'unico gol negli ottavi contro la Francia. In totale con la maglia austriaca disputò 19 incontri ufficiali e segnò 14 gol. Dopo un periodo all'Admira Wacker, il trasferimento allo Slavia Praga,  

Qui raggiunse l’apice della sua fama: in 11 stagioni segnò, solo considerando le cifre relative al campionato, la bellezza di 385 gol in 204 partite (media gol: 1.88!). Provò a prendere la cittadinanza cecoslovacca non poté giocare i mondiali del 1938 per problemi burocratici (e rifiutò di vestire la maglia della Germania nazista): esordì il 7 agosto 1938 contro la Svezia segnando una tripletta nella partita vinta per 6-3. Successivamente giocò qualche altra partita prima di dover lasciare la maglia della Cecoslovacchia, in seguito all’annessione di quest’ultima da parte della Germania, maglia che rindossò solo al fine della Seconda Guerra Mondiale: nel complesso disputò 14 incontri ufficiali e 12 gol. Pare che comunque non fosse troppo amato dagli altri membri della nazionale cecoslovacca, i quali, invidiosi probabilmente della sua fama, lo chiamavano “bastardo austriaco”. Con la Boemia e Moravia, ha giocato solo una partita, contro la Jugoslavia. Bican è il centravanti di quella nazionale e firma una tripletta: la partita finirà 4-4. 

Uomo di due lingue e due culture, né fascista né comunista, nel 1948 lascia la capitale. Lo vuole la Juventus, che si è già entusiasmata per Vycpalek, ma ha paura, come gli dicono alcuni amici, che il PCI stia per prendere il potere. 

Al termine della carriera da calciatore, praticamente nessuno vuole più assumere il campione: il Partito Comunista Cecoslovacco lo manda a lavorare come autista e operaio nella ferrovia di Praga.In seguito, intraprende la carriera di manager con alterne fortune allenando in patria,fino a quando il Partito gli comunica che, nel caso in cui trovasse un incarico all'estero, avrebbe la possibilità di trasferirsi:nella primavera del 1968, grazie a un permesso speciale, passa ai belgi del Tongeren, che porta dalla quarta alla seconda divisione nazionale in un paio di stagioni.Per tre anni ha allenato anche in Danimarca.[

Ritiratosi anche dall'attività di allenatore, passa i restanti anni nella povertà, ormai praticamente dimenticato fino alla rivoluzione di velluto che ne rispolvera le qualità: solo in seguito al 1989, Bican è universalmente riscoperto e riconosciuto come uno dei più grandi attaccanti di sempre.

Mori' ad 88 anni nella "nuova" Praga il 12 dicembre 2001