William John Charles nasce a Swansea il 27/12/1931. All'età di 17 arriva a Leeds, dove una volta raggiunta la maggiore età, firmerà il suo primo contratto da professionista. Giocatore molto fisico ma allo stesso tempo tecnico con senso del gol; infatti è partito giocando da mediano; ma il mister del Leeds lo sposta costantemente di ruolo; facendo bene sia in difesa, a centrocampo e in attacco. Nella stagione 55-56, Charles segna 30 reti, molto meno rispetto alle annate precedenti dove ne toccava anche 40, ma sufficienti per raggiungere la First Division; l'attuale Premier League. Qui per il gallese ci fu un'annata stratosferica, 38 reti permettono al Leeds di terminare la stagione ottava in classifica.
Quell'annata, però, fu macchiata da un evento terribile. Il 18 settembre del 56', un incendio disintegra lo stadio. Nonostante ciò, il club pochi giorni dopo l'accaduto ospita l'Aston Villa. Il match diventò memorabile, non tanto per la partita di per sé, ma per gli spettatori che hanno assistito all'evento tra le macerie ancora fresche dell'incendio.
A fine stagione, lo stadio viene rimesso in sesto per una cifra di 130 mila sterline. Spesa che costò il sacrificio di King Jhon, passato alla Juventus per 65.000 sterline. A Torino venne nominato "Gigante buono", perché grosso di statura ma di un carattere sensibile. In 5 anni con i bianconeri, ha ,messo a segno 105 gol in 182 partite. Ancora oggi ricordato dai tifosi della Juventus per aver composto uno dei tridenti più forti dell'epoca: Il trio magico. Questo reparto d'attacco era composto oltre che da Charles, da Omar Sivori e da Gianpiero Boniperti; 2 campioni che hanno fatto la storia del club torinese. Nella prima annata che giocano insieme i 3 citati, la Juventus si aggiudica lo scudetto che mancava ormai dal 52. Con la vittoria del campionato 1957-58, i bianconeri cuciono la prima stella sul petto.

Charles se lo guardavi faceva paura, ma chi lo ha conosciuto sapeva di poter dormire sogni tranquilli. Una passione del gallese era anche quella del canto, infatti fu spinto dai suoi compagni ad incidere un disco. Una serata passata insieme in un ristorante con altri membri della squadra, il gigante buono si esibì e venne fischiato da qualcuno del pubblico. Se il gallese era dall'animo dolce, Sivori era tutto l'opposto: a causa di quei fischi si scatenò una rissa, che dovette fermare proprio Charles.Lui era la dolcezza in persona; se in un azione dove aveva chance di far gol, se questa nasceva da un suo contatto con un avversario e quest'ultimo si faceva male lui si fermava.

King John però forse era veramente troppo pacato. Innamorato di Torino e della Juventus, il giocatore dovette tornare in Inghilterra per volontà esclusiva della moglie: questo perché Peggy(sua moglie) riteneva che i loro figli era giusto che nascessero lì e non nello stivale. Il rapporto fra i due diventa una telenovela: ritornano in Italia nella stagione 1962/63, questa volta però, il Gigante buono veste giallorosso; dove segnerà appena 10 gol. L'incubo sembra non avere fine: Charles è "costretto "a tornare nel Regno Unito firmando per il Cardiff City; cominciando anche ad avere problemi di alcolismo.Il gallese, dopo un po' si separerà con Peggy e troverà una nuova compagna con cui avrà un rapporto sereno e che lo accompagnerà fino al giorno della sua morte; 13/02/2004. Scomparsa avvenuta per problemi cardiaci legati al suo problema con l'alcool.
Il gigante buono vive e ha vissuto nelle menti di suoi ex compagni che hanno di lui solo ricordi buoni: Jack Charliton, ex bandiera del Leeds disse: "la gente mi chiede spesso chi è il miglior giocatore che abbia mai visto. Io rispondo Di Stéfano, Pelé o Bobby Charlton. Ma il giocatore più efficace e che migliorava la squadra in cui giocava era senza dubbio Charles."

Un altro che per lui spese buonissime parole fu Boniperti, che ci delizia con questo racconto: "Quando eri vicino a lui ti sentivi bene. Eri protetto dalla sua figura e dal suo silenzio. Con lui affianco potevi affrontare il mondo , anche se ne prendeva tante; gliele davano in modo da non poter saltare ma lui subiva, come se non sentisse nulla. Solo una volta l'ho visto alzare le mani, lo fece ai danni di Sivori perché ebbe una reazione irosa nei confronti del giudice di gara. Omar non disse nulla, lo guarda ma non reagisce. Una volta durante l'intervallo rinunciai al thè per spiegargli di dover allargare le braccia in modo da non subire sempre botte dagli avversari: ma lui niente, era se stesso".

Quando lascia Torino, King John fa intuire quanto abbia amato l'Italia e quanto non volle proprio lasciare il club bianconero: "Rimpiango di non essere arrivato qui prima, questo paese è magnifico ed è fatto per gente simpatica. Purtroppo devo tornare in Gran Bretagna perché mia moglie sostiene che i miei figli debbano crescere lì. Vi lascio e vi saluto; io giuro che sarei rimasto da voi per sempre però non posso proprio!".
Oggi nel calcio degli uomini come il gallese ce ne sono veramente pochi: forti e decisivi per la squadra ma allo stesso tempo umili, rispettosi nei confronti dell'avversario ma soprattutto che non si lamentano ad ogni contatto fisico.
Voglio un calcio con più William Johnn Charles e meno primedonne.