J'accuse, disse Emile Zola quando esplose il caso Dreyfus, nel lontano 1894 in quella Francia xenofoba e perdente che cercava streghe da bruciare, e il gentiluomo capitano di campo Alfred Dreyfus, di origini ebraiche, fu accusato ingiustamente di avere passato dei piani militari all'odiata Prussia. L'accusa, come venne poi tardivamente accertata, era falsa, ma già alcuni intellettuali dell'epoca, tra i quali Zola e persino Marcel Proust, avevano capito l'inganno. Il contesto storico era quello della Terza repubblica e l'indomani di quella terribile sconfitta patita contro la Prussia. La caccia alle streghe era aperta, e Dreyfus fu individuato, forse proprio da chi invece tradiva, come traditore, fabbricando prove false a suo carico e convincendo con artifici e giri di parole (anche di forme esoteriche) alcuni membri importanti dell'esercito e dell'apparato giudiziario francese.
Emile Zola si prese a cuore la sorte di quell'uomo che, a detta di chi lo conosceva bene, era la fedeltà in persona ai valori della République, e degli onori militari, a cui prestava la sua indomita lealtà.
E l'articolo apparve sul giornale socialista l'Aurore, il 13 gennaio 1898, senza peli sulla lingua per nessuno, tanto che ne subì anche un processo.
Nonostante l'innocenza di Dreyfus, la sua riabilitazione fu concessa solo molti anni dopo, quando Zola era già morto e lo stesso Dreyfus, ormai martoriato nello spirito e nella carne visse per pochi anni la sua rivincita.
Ora anch'io voglio scrivere il mio j'accuse, ma lo voglio gridare per molte cose che non mi vanno.
Dal punto di vista sportivo, accuso formalmente la federazione italiana di lassismo, servilismo e incapacità di gestire un sistema dove invece che progredire, stiamo facendo rotta verso gli abissi.
L'ultima vicenda delle aste andate praticamente deserte, o con invii di proposte da "tozzo di pane", sulla concessione delle televisioni, è un riconoscimento dell'instabilità del pacchetto calcio, di una serie A che fa ridere per i contenuti arbitrali e fa piangere per i processi sportivi, che hanno mostrato all'estero e in Italia una faccia poco pulita e trasparente della gestione calcistica di questo sport.
E solo la vittoria del Napoli ha reso almeno godibile lo spettacolo, ma per il resto hanno prodotto una diatriba continua e uno spartiacque tra il calcio giocato e le regole di condotta dirigenziale veramente indegne di un movimento che dovrebbe salvaguardare l'integrità del campionato, ed invece ne affossa le capacità.
L'ultima vicenda che ha visto la Juventus come vittima preferita ha consegnato alla storia l'ennesima "fregatura" infilata ad una società che non si pensa proprio abbia fatto tutte le nefandezze di cui si dice. Ed infatti, come da me preannunciato in qualche articolo, l'accusa sulle plusvalenze è già caduta, solo che nel frattempo il danno è stato fatto. Ed è caduta perché come detto in precedenza, alla Juventus non sono scappati con la cassa, non hanno frodato il fisco, e non c'è nessun documento falso, come invece dichiarato da chi voleva amplifcare ciò che non esisteva.
E non si parla nemmeno di tenuta irregolare dei conti, visto che i bilanci permettono anche di spostare spese e introiti nell'esercizio successivo, con aggravio a volte di perdite, e non certo di profitti. Ora vedremo cosa capiterà di altre accuse, anche queste labili. Probabilmente se ne porterà a processo una o due, così per non smentirsi completamente e giustificare alla Corte dei Conti che milioni di euro di soldi spesi per migliaia di intercettazioni (soldi dei contribuenti, di tutte le tifoserie) non siano servite solo a Chinè per fare un processo ridicolo alla Juventus, senza riscontrare reati, ma fabbricandone inesistenti. Risultando unicamente delle normali telefonate di persone che lavoravano tra di loro. E capiremo ora se invece saranno portati avanti altri procedimenti che vedrebbero si, invece, una truffa perpetrata non alla FIGC, a dei poveri giovani presi in giro e buttati in un vortice di interessi, nei quali hanno fatto solo da prestanome, e si sa a chi mi riferisco!
E siccome i manager delle TV sanno bene che prodotto possono o non possono vendere, hanno capito che il pacchetto calcio italiano, con queste sconcerie e con una parte inferocita di tifosi che disdetteranno la pay tv, non avranno certo un buon ritorno, soprattutto pubblicitario e di immagine. E parliamoci chiaro, quale immagine stiamo dando al paese e all'estero?
Intanto gli arabi ci stanno prendendo tutto il meglio, inondando di soldi il circo pallonaro, ma con destinazione preferita Premier League ed in subordine la stessa penisola arabica. Non pensano neanche di venire ad investire qui in Italia, dove si trova buon cibo, belle spiagge ma pessimi burocrati! Forse andiamo bene solo per le vacanze, e qualche volta neanche per quello!
Le offerte sono arrivate a giocatori e allenatori nostrani, e qualcuno ha accettato, seguendo ormai quelli che possiamo definire elefanti da pensionamento, ed infatti, Allegri, contattato e tentato da una marea di soldi, sembra avere risposto: "Non mi interessa essere il più ricco del cimitero!" E come non dargli ragione.
Finire in Arabia significa perdere la forza d'inerzia del gioco del calcio, fatto da competizioni al cardiopalma, stress giornalieri, allenamenti pesanti e spirito di rivalsa dopo le partite perse.
In Arabia si diventerebbe dei Globe Trotter del pallone, ormai sfiniti e finiti, in una pensione dorata, con il rischio che dopo avere capito che il gioco non decolla, gli stessi arabi ti rimanderanno a casa. E senza discutere! Così è successo in Cina, dove si è voluto creare un business milionario, con mezzi giocatori pagati a cifre stratosferiche, per poi accorgersi che il movimento non decollava, che le strutture, soprattutto mentali non si sviluppavano, con i soldi che non bastavano e non creavano valore.
Per chi è andato a quelle latitudini, i guadagni all'inizio erano alti, ma con il passare del tempo, i pagamenti rallentavano, per poi non arrivare più, un po' come la situazione dell'Inter con Zhang, ormai super indebitato e senza appoggio dalla casa "Madre", ovvero i politici cinesi.
Ed il mio j'accuse, continua con i politici italiani, che dello sport non hanno una visione chiara, considerandolo solo un carrozzone elettorale, e non una risorsa dove fare crescere giovani e fare progredire la nostra società in un ambito culturale di valori e responsabilità da gestire sin dagli inizi del percorso agonistico. Quegli stessi politici che fanno a gara ad odiare una o l'altra squadra, senza però capire che l'odio è un brutto seminare, e non porta frutti, ma solo danni, soprattutto al calcio. Una riforma del sistema giudiziario sportivo sarebbe stata auspicabile, ma la dirigenza sportiva ha subito negato che ce ne sia bisogno, in un gioco giacobino, nel quale chi ha potere lo usa, e non importa se sfregia le regole morali e sportive, loro vogliono solo il potere. Un affare politico, non più uno sport.
Chi gioca meglio non deve vincere, ma chi ha più amici sì! Così andremo proprio a farci benedire.
Ma ci sono anche realtà di pregio, ad esempio la nostra nazionale di atletica, che ha vinto gli europei di squadra, mostrando nuovi volti in grado di portarci finalmente delle prestazioni adeguate al nostro rango sportivo e molti di questi atleti sono di origine extracomunitaria, seppure oggi italiani a tutti gli effetti.
La federazione, in mano ad un esperto ex atleta di rango, Stefano Mei, grande interprete dei 1500 piani in passato, ha sviluppato una grande passione verso la nostra atletica, con giovani realtà ed altri possibili campioni futuri. Peccato, invece, che l'atletica europea, sia in mano ad un certo Sebastian Coe, ex primatista mondiale dei 1500 piani, che ultimamente ne ha fatte di tutti i colori, come nel caso Schwazer, dove tutti i diritti di un marciatore sono stati calpestati, permettendo che fosse colpito da squalifica per doping, persino dopo un processo che ha definito molte incongruenze sul metodo di rilevazione delle analisi, facilmente manipolabili.
E la stessa gestione del doping in generale lascia molti dubbi.
Ma la gaffe più grande è stata non accorgersi che alla fine delle gare, dopo la premaizione a Cracovia, veniva trasmessa una canzone italiana, che non era l'originale dei Ricchi e Poveri, ma una versione con insulti alla Juventus.
Complimenti!
o