Non è bastato il putiferio che si è scatenato con i Mondiali in Qatar, dove ancora oggi rimane incerto il numero di operai morti, per costruire degli stadi che in gran parte son stati poi smantellati, che il calcio che conta continua a replicare, a generare situazioni a dir poco imbarazzanti sul fronte dei diritti umani. 
Viviamo in una società che sta riscoprendo la violenza inaudita nel calcio. Scontri dentro e fuori dallo stadio, il razzismo oramai è sdoganato e addirittura si punisce chi reagisce cercando di ridurre ad un manipolo di codardi le responsabilità di migliaia di persone. Si replica nel peggiore dei modi, in un contesto dove si è più attratti dal contenuto che dal contenitore, ma il contenitore è fondamentale. Far giocare le due finali delle principali competizioni calcistiche ad Istanbul e a Budapest è una grande vergogna. Paesi retti da situazioni politiche che non fanno rima con diritti umani e rispetto della persona, soprattutto verso le minoranze ed i diritti delle persone LGBTQ+. Ci saranno i loghi che invitano al no al razzismo, ci saranno le solite cose a cui neanche si fa più oramai caso, ma far giocare queste due finali in Ungheria e Turchia è un qualcosa di aberrante.
E ancora una volta il calcio ha perso la retta via, continua a seguire la via del business e soprattutto della convenienza. Dare assist ai governi di questi due Paesi è un qualcosa di inaccettabile. Lo sanno tutti che queste competizioni servono ai Paesi ospitanti per ritagliarsi uno spazio, come figure credibili e politicamente accettate nel contesto europeo. Sarebbe bello se dal calcio una volta, una sola volta, arrivasse un segnale non di comodo, ma di credo e fedeltà pura verso quel valore e concetto etico che si vorrebbe diffondere ai quattro venti, per santificare, onorare, affermare il rispetto dei diritti umani.

No, giocare queste competizioni in queste realtà non serve a migliorare i diritti umani. Non ci credono più neanche coloro che mentono sapendo di mentire. Si parlerà del calcio giocato, come è giusto che sia, si parlerà del vincitore, dell'Italia che potrebbe portarsi a casa tre successi o rimanere a bocca asciutta, si accennerà, forse, per il canonico minimo sindacale dei problemi dell'Ungheria e della Turchia, si sfiorerà forse l'argomento dei diritti umani, ma oltre ad una questione di stile, tra l'altro ridotta all'osso, se mai si verificherà, non si andrà.
E dunque, ancora una volta, occasione più che persa, semplicemente mancata per dare un segnale diverso, al mondo.