Storie di calcio - stagione II - episodio X

"Desidero restare in sintonia con i tifosi nerazzurri. Sono un ragazzo semplice, mi piace sentire il calore della gente, soprattutto in questo momento per me non facile. Se non riesco a ridere e a essere felice, non riesco neppure a fare andare bene le cose. Ma una cosa è certa: voglio far felice Moratti che ha creduto e crede in me."

A Milano sbarca un giovanissimo talento brasiliano con l'intento di diventare una vera stella del calcio. In poco tempo, entrerà nella storia dell'Inter per via dei suoi goal e con un rapporto speciale verso i tifosi. Vi presento Adriano Leite Ribeiro o semplicemente Adriano.
Nato il 17 febbraio 1982 nella favela di Rio de Janeiro, il ragazzo cresce insieme al padre Almir a cui è legatissimo. Però non è facile crescere lì, dato che Adriano all'età di otto anni si beccò una pallottola vagante sulla testa, ma tuttavia uscì miracolosamente vivo. Da ragazzino, diventa alto e forte; ha un sinistro che fa paura, qualcosa di spropositato per i campi giovanili dove inizia a giocare come terzino.
Il giovane cerca di scappare dalla miseria e di aiutare la sua famiglia con il calcio fino a quando venne notato dal Flamengo. Non diventerà il nuovo Roberto Carlos, perchè Adriano venne inizialmente inserito in difesa e la scelta si rivela un totale disastro e l'unica alternativa era di farlo giocare come attaccante. Il brasiliano inizia ad esprimersi ad alti livelli. Al primo anno, a soli 18 anni, metterà a segno ben dieci reti. 
Il club decide, visto che dal punto di vista fisico è già straordinario, di sgrezzarlo dal punto di vista tecnico. Mai scelta fu più azzeccata. Adriano diventa un leggiadro funambolo, una versione in scala maggiorata di Ronaldo, in grado di danzare sul pallone ma con in dotazione anche un sinistro al fulmicotone.

La sua vita cambia quando un club italiano decide di portarlo con sé a Milano.
Indovinate chi? Già, l'Inter. E non sbagliano. Prima di lui non si era mai visto, nemmeno mai immaginato, nulla di simile. Movenze e dribbling da piccolo "10" su quel corpo da Marcantonio. Un sinistro magico, capace di tocchi fatati, di carezze dolcissime così come di bordate allucinanti
Il primo Adriano era un prototipo di giocatore perfetto. Alla sua prima discreta uscita con i nerazzurri realizza una rete pazzesca nell'amichevole contro il Real Madrid: punizione terrificante a 178 km orari all'ultimo secondo, traversa goal. 
A San Siro, nel match contro il Venezia, Adriano segna un altro goal con un mancino violentissimo. Piano piano inizia a sfruttare le sue poche occasioni, ma il problema era il tecnico nerazzurro Hector Cuper che non ne sembra entusiasta e viene mandato in prestito alla Fiorentina e successivamente al Parma.
Tornato a Milano, l'Imperatore diventa l'idolo del Meazza. I suoi progressi sono ai massimi livelli, i tiri sono imparabili. Sta vivendo il suo momento migliore, si carica il suo paese sulle spalle verso il trionfo nella Copa America.

Il paradiso lo attendeva, ma tutto iniziò ad andare storto.
Nell'agosto del 2004, il padre Almir (a cui era legatissimo) muore all'improvviso, pare per complicazioni dovute al proiettile rimasto conficcatogli tanti anni nel cranio.
Il rendimento non cala progressivamente. Però, ci sono alcuni un episodi che rimarranno per sempre nella storia della Serie A. Il brasiliano, nella partita contro il Palermo, tira una sassata da 35 metri e il pallone sbatte terrificamente sulla traversa (che ancora trema), poi contro l'Udinese fece una galoppata in cui fa secchi 4 avversari lungo 60 metri di campo. 
Adriano ha avuto anche dei momenti oscuri nel corso della sua carriera. Circolavano delle voci e immagini riguardanti delle notti brave a base di alcool e donne. Da lì inizierà la parabola discendente dell'Imperatore. Perde la testa in Champions League e fa a pugni con Caneira del Valencia, non si presenta agli allenamenti o spesso si presenta alla Pinetina ubriaco o in ritardo. 
Nella dirigenza nerazzurra c'è una spaccatura tra Moratti e Mancini. Il primo lo difende e lo coccola augurandosi un eventuale recupero della forma. Il secondo, invece, non approva e i rapporti tra Adriano e il Mancio si rompono bruscamente. Viene rispedito al San Paolo e pur ricominciando a segnare, la sua vita privata peggiora ulteriormente.
Una volta arrivato Mourinho, il presidente Moratti riporta a Milano il campione brasiliano. I tifosi speravano di rivedere il vero Adriano, ma sarà solo un illusione. I nerazzurri cercavano una svolta europea nell'annata 2008/09, ma vengono eliminati per mano del Manchester United di Ferguson.
Adriano si inventa una mezza rovesciata con un gesto tecnico meraviglioso e… palo pieno. Palo. Milioni di attese, speranze e urla strozzate in gola.
A quel punto l’Imperatore invece rimanda definitivamente l’appuntamento con la propria carriera. Chissà come sarebbe potuta andare se quella palla maledetta fosse entrata.
Quella è la vera sliding doors della sua carriera. 
La parabola discendente continua con le magre esperienze in Brasile in cerca di fortuna e Roma. Ingrassa sempre di più, si deprime, beve e ricomincia, in un loop che lo porta al fallimento definitivo.

Adriano è, e probabilmente resterà sempre, il più grande rimpianto della storia non solo dell’Inter, ma anche del calcio mondiale. Sarebbe potuto essere qualcosa di leggendario e impareggiabile. Qualcosa di unico e mai visto sui campi da calcio, l'attaccante perfetto, il condottiero che poteva condurre l'Inter e il Brasile sul tetto del mondo per almeno un decennio.
Ora, senza pensieri e problemi, sembra finalmente sereno, libero dalle catene che lo avevano rovinato in Europa. Anche senza vincere nessuna guerra, ma solo qualche sporadica battaglia, ha conquistato il cuore di milioni di persone.
Campione della gente, questo sì che è un titolo da portare con onore.

Un abbraccio Pasqui