Ieri sera, impegnato nella classica sessione di scrolling annoiato della home di Facebook, a un certo punto ho saltato un paio di battiti. Forse anche tre. Poi ho pensato che fosse uno dei tanti meme che in questi giorni di calciomercato intasano i social network. Ho controllato meglio, e solo quando ho visto la spunta blu ho realizzato davvero: Edin Dzeko rinnova con la Roma. 

Basta aprire uno qualsiasi dei pezzi che ho scritto fino a oggi per intuire il mio pensiero su Dzeko. Per comprendere il mio rammarico: quello di un innamorato deluso, sedotto e abbandonato, ma ancora follemente innamorato. Una di quelle storie in cui non si è mai davvero pronti a dirsi addio, nonostante anni di alti e bassi. Una di quelle storie da Roma. Stavolta, però, la storia ha fatto un altro giro. Non ci sarà un altro addio.

In poche ore sulla notizia si sono riversati fiumi d'inchiostro. Questa mattina, Silvano Martina ha raccontato a una nota emittente romana la dinamica che, in appena quattro giorni, ha portato alla firma di Dzeko. Un'operazione lampo, condotta nel silenzio più totale. Da Trigoria neanche uno spiffero. E va bene così, perché significa che probabilmente il club abbia deciso di invertire decisamente la rotta. Monchi disse che la Roma non era un supermercato, salvo fare l'esatto contrario. Petrachi, al contrario, non ha detto niente. A nessuno. Si è messo a lavorare per sbrogliare la matassa lasciata dal suo predecessore, e per ora si è mosso bene. Con Dzeko si è mosso benissimo. Se riuscirà a portare un centrale di livello, un vero terzino destro, un esterno con qualche gol nei piedi e un centravanti di riserva affidabile, si sarà mosso nel migliore dei modi possibili. Staremo a vedere.

Ma che significa il rinnovo di Dzeko? Che Petrachi non aveva alternative, certo. I nomi accostati alla Roma, per un motivo o per un altro, si sono rivelati inavvicinabili. Per rifiuti, prezzi troppo elevati, richieste troppo esose. Ma la soluzione Petrachi ce l'aveva in casa. Insieme a Fonseca ha lavorato ai fianchi prima l'Inter e poi Dzeko. Il ds non ha mai mollato sulla richiesta di 20 milioni inoltrata a Marotta, mentre l'allenatore non ha fatto altro che ribadire l'importanza di Dzeko nel suo gioco, facendone uno dei protagonisti assoluti di questo precampionato. Al resto ci ha pensato il numero 9, mettendo in mostra quella professionalità che per buona parte della scorsa stagione aveva lasciato nell'armadietto dello spogliatoio. Uno spogliatoio che ha giocato la sua parte, insieme a buona parte della tifoseria. 

Il rinnovo di Dzeko, la forza che la Roma ha dimostrato di poter mettere in campo per trattenere un calciatore che fino a qualche giorno fa davamo tutti per perso, potrebbe essere il primo segnale di una Roma nuova.
Una Roma che dà segnali di grande squadra non solo all'esterno, ma anche all'interno. Perché prima della firma del bosniaco sono arrivate quelle di altri due calciatori al centro delle voci di mercato: Zaniolo e Under.
La Roma non è una big, e c'è il rischio che non lo diventi mai. Ma da ieri potrebbe aver assunto una dimensione che negli ultimi due anni era venuta a mancare: quella di un club tosto, guidato da persone serie e competenti, capaci di imporsi e non semplicemente arrendersi all'arroganza di chi è abituato a dettare le sue condizioni. 

Una speranza, una pia illusione, la mia? Può darsi. Quello che è certo è che da ieri la Roma, per quanto mi riguarda, ha ricominciato a costruire un'aura di credibilità persa con le tante, troppe scelte sbagliate degli ultimi anni. A invertire una rotta che sembrava diventare sempre più una deriva.