L’Italia, come l’America, diventa il paese delle grandi opportunità, per tutti. In più, da noi, non c’è nemmeno il bisogno di meritarlo. Il grande sogno americano va guadagnato, quello italiano è troppo spesso regalato. È cosi che anche un pluripregiudicato (processato e condannato ben 5 volte!), che si fa scappare frasi a sfondo sessista e razzista, o più semplicemente ignorante se proprio vogliamo giustificarne certe uscite, nonché un provolone ultrasettantenne, può diventare nientepopodimeno che Presidente della Federazione Italiana Giuoco Calcio. Eppure non si è autoproclamato Presidente, ad eleggerlo è stata la maggioranza composta da 279 delegati in rappresentanza delle società di Lega Serie A, Lega Serie B, Lega Pro e Lega Nazionale Dilettanti, di Associazione italiana calciatori, Associazione italiana allenatori e Associazione italiana arbitri. Addirittura. Se tanto mi da tanto possiamo immaginare le qualità dei delegati chiamati al voto, soprattutto della maggioranza guidata (o plagiata?) da masaniello Lotito (altro pregiudicato a cui lo Stato garantisce la scorta). Lo stesso Tavecchio, probabilmente in debito con la sorte, decide di regalare il “sogno italiano” e la panchina azzurra a Gian Piero Ventura, ovvero un tecnico con una discreta esperienza alle spalle (soprattutto in provincia), che vuol fare passare il suo calcio come innovativo e libidinoso, puntando forte sul 424, ovvero il sistema di gioco usato in Brasile negli anni cinquanta. Infondo a Tavecchio bastava solo andare al mondiale, un obiettivo nemmeno poi tanto difficile e, magari, risparmiare un po’ di finanze alla voce Commissario Tecnico per destinare fondi all’acquisto, per esempio, di migliaia di libri da dare in beneficienza (a cura di Carlo Tavecchio). Di conseguenza, perché puntare su tecnico preparato e dal pedigree di un certo spessore (che poi costa tanto) per fare ottenere con la Nazionale un risultato che arriva puntuale da 60 anni? Tuttavia, i problemi del calcio di certo non finiscono con l’esonero di Ventura e le dimissioni di Tavecchio. Il sistema gerontocratico partorirà un altro dinosauro, ne sono sicuro. Intanto il Sig. De Laurentiis (che si atteggia ad innovatore), ha già avanzato la candidatura di Carraro. Andiamo bene. Ma se proprio bisogna puntare su un settantenne, magari si potrebbe favorire la candidatura di un uomo di sport piuttosto che un poltronaro da palazzo. Una persona che prediliga le dinamiche di calcio anziché le logiche di potere. Uno su tutti: Arrigo Sacchi. L’unico che da anni predica (inascoltato) un cambio di mentalità a scapito di una modello di calcio, che ormai non fa più scuola da tempo. Il solo che, mentre si decantava la galoppata della Juventus Allegri in Champions, denunciava un calcio ancora lontano dagli standard europei, e poi sappiamo tutti come è finita. Uno dei pochi che chiede di basare il gioco sulla manovra corale e no su movimenti di squadra solo in fase difensiva, puntando sulla giocata del singolo per risolvere la partita. La persona giusta per rilanciare i settori giovanili, dove troppo spesso si privilegiano i muscoli a scapito della tecnica. In conclusione, se vogliamo davvero cambiare, è ora di lasciare alle spalle un calcio che è buono solo per l’Italia, dove scudetto con annesso la difesa meno battuta sono ancora appannaggio di una mentalità ormai desueta. Ad Arrigo Sacchi lascerei scegliere in autonomia il CT, sono certo che sarebbe in grado di optare per il profilo più idoneo. A chi invece sostiene che nelle istituzioni non servano uomini di sport ma piuttosto dirigenti, dico che se si è stati capaci di eleggere Tavecchio allora possiamo presentarci con chiunque (e sarebbe difficile fare peggio). Sempre che i burattinai pallonari (leggasi delegati) non preferiscano, ancora una volta, puntare su figure idonee a garantire soprattutto il perpetuare di certe “magagne”, oppure abili ad assicurare manovre di alta finanza come, ad esempio, riconoscere un premio paracadute a gennaio per una squadra che retrocederà a giugno. E poi, se nell’Italia delle grandi opportunità si è spesso puntato su persone totalmente inadeguate, magari per la legge dei grandi numeri capita, per sbaglio, di eleggere l’unica eccezione capace di invertire la rotta di un calcio che va alla deriva.