Sarà che "l'ottimismo è il profumo della vita", come affermava Tonino Guerra in una nota pubblicità, ma riguardo al mercato nerazzurro ultimamente i tifosi dell’Inter sentono puzza di bruciato. La campagna di rafforzamento della Beneamata è iniziata con un’idea chiara, ovvero alzare l’asticella del reparto più in difficoltà della scorsa stagione: il centrocampo. Gli acquisti di Sensi e Barella sono stati accolti con entusiasmo e sembravano dare il chiaro segnale che per questo campionato i meneghini sarebbero stati pronti a dire la loro, magari senza troppi obblighi di vittoria, ma con aspettative crescenti rispetto alla precedente annata. Puntare su un tecnico come Conte, regalandogli altre pedine fondamentali per il suo 3-5-2, su tutti Godin in difesa e Lazaro a presidiare la fascia destra, non ha fatto che aumentare la fiducia dei sostenitori del Biscione, tanto da polverizzare tutte le tessere a disposizione per la campagna abbonamenti in tempi record.

Premesso che il mercato non è giudicabile in estate, ma solo quando i match veri metteranno in palio gli agognati tre punti o una qualificazione al turno successivo di una competizione, inizialmente le mosse dei milanesi sembravano quantomeno avere una coerenza strategica: evitare minusvalenze, ricavare il massimo dalle uscite e acquistare giocatori non troppo in là con l’età cercando di mettere a disposizione dell’allenatore una rosa competitiva e adatta al suo modo di giocare. Ad un certo punto, però, c’è stato un black-out. I lombardi, che già facevano fatica a piazzare al giusto prezzo i calciatori individuati come esuberi, hanno commesso un errore imperdonabile: dichiarare apertamente che due tra i tesserati con maggiore valore sono fuori dal progetto tecnico. I ragazzi in questione, Icardi e Nainggolan, paradossalmente erano quelli che avrebbero dovuto fare la differenza la scorsa stagione: l'argentino, che durante la passata sessione estiva di calciomercato i tifosi interisti avevano paura di perdere al valore della clausola (110 milioni), ha perso la fascia di capitano, l'affetto dei tifosi e la fiducia del tecnico dell'Albiceleste, mentre il "Ninja", falcidiato dagli infortuni e criticato per la sua vita fuori dal campo, non è mai riuscito ad incidere come ci si aspettava e in casa Inter il rimorso per l'operazione effettuata per assicurarsi le prestazioni del belga, con annesso pesante ingaggio, è aumentato dopo aver assistito parallelamente all’esplosione del giovane Zaniolo.

La questione più paradossale di tutta questa querelle è che la dichiarazione incriminata è stata pronunciata da Marotta, un dirigente molto esperto e capace, tanto che la proprietà cinese è stata ben felice di accogliere per il suo ottimo curriculum, e che aveva gestito in passato situazioni simili in modo differente. Pensiamo ad esempio alla vicenda Vidal: durante il suo trascorso in bianconero e in Nazionale, si era reso protagonista di alcune notti brave e vi fu subito il sentore che il cileno non fosse più in linea con l’ideale comportamentale che la Juventus aveva per i propri atleti. Invece di esporre il mediano alla gogna mediatica, la società piemontese, anche sotto la regia dell’attuale a.d. nerazzurro, ha cercato di correggere il più possibile gli atteggiamenti del “Guerriero” e ottenere il massimo dalle sue prestazioni. In tal modo la società di Agnelli è riuscita a tutelare il valore del cartellino e, appena è stato possibile, lo ha ceduto a peso d'oro al Bayern Monaco. Non si potevano prestare gli stessi accorgimenti per Maurito e per il giocatore di origini indonesiane? Davvero non si sarebbero potuti recuperare i due ragazzi con un ambiente nuovo, un mister diverso e responsabilità ridotte?

Altre domande ancora più ovvie perseguitano i supporters interisti: perché si sta spingendo l’ex centravanti della Selección tra le braccia di una diretta concorrente (indipendente che si tratti di Roma, Napoli o Juventus)? L’ingaggio di Nainggolan, circa 4,5 milioni di euro annuali, pesa così tanto nel bilancio da non poter essere utile alla causa del centrocampo interista tanto da essere stato proposto in prestito secco alla Fiorentina con parziale stipendio a carico delle casse di Suning? C’è qualcosa che non quadra, forse non conosciamo tutte le tessere di questo complicato mosaico, forse sulle vicende extracalcistiche del sudamericano e del nativo di Anversa non sappiamo abbastanza oppure la dirigenza di Viale della Liberazione, erroneamente, con quelle parole sui due bad boys, speravano di scatenare un’asta che invece non c’è stata. In ogni caso quelle esternazioni sembrano lo sbaglio di chi non è avvezzo a stare seduto al tavolo delle trattative. In ogni compravendita, non solo calcistica, un potenziale venditore non dovrebbe né palesare i difetti della propria merce né far trasparire la necessità di liberarsene, altrimenti la percezione del valore dell’oggetto da parte del compratore si abbasserà inesorabilmente assieme alla sua offerta.

La mentalità e la tradizione di Inter e Juventus sono sempre state differenti: fantasia contro disciplina. L'aggettivo più usato per descrivere l’universo Inter è pazza, mentre nell'immaginario collettivo, quando si pensa alla Vecchia Signora, si associa il rigore, un po' come quando Cassano parlò dei famosi soldatini. Ad ognuno la propria visione, il proprio modo di perseguire le vittorie, dalla gestione allo stile, ma due cose negli ultimi anni il mondo interista ha sicuramente invidiato ai bianconeri: l'Allianz Stadium e la bravura nel cogliere le opportunità dal calciomercato. Purtroppo ad oggi, nonostante l'arrivo di Marotta, non si sta andando in nessuna di queste due direzioni: si profila la scelta di un unico stadio di proprietà comunale in coabitazione con il Milan e, oltre a svalutare i propri tesserati con frasi avventate, si stanno puntando solo profili di una certa esperienza per sostituirli (per il centrocampo il tecnico leccese avrebbe indicato come preferito proprio il sopra citato Vidal e per l’attacco, ormai quasi sfumato Lukaku, il nome più giovane è quello del ventottenne Zapata, alla prima buona stagione dopo una carriera tra alti e bassi).

Se la storia è maestra di vita, è doveroso non dimenticare il passato per non commettere gli stessi errori come quando, sulla scia dell'ammirazione per le vittorie della società di Torino, si cercarono prima calciatori che avevano fatto la fortuna della Zebra, come Paulo Sousa e Jugovic, per poi puntare tutto sul pugno di ferro di mister Lippi, ma entrambi i tentativi non portarono ai risultati auspicati. Un altro celebre spot esclamava "think different": magari per questo campionato la famiglia Zhang potrebbe seguirlo alla lettera, cercando, con Conte e Marotta, di ricreare il vincente modello di Agnelli ma ragionare in modo differente non significa obbligatoriamente imitare un pensiero già esistente; a volte l’emulazione, sebbene con i migliori propositi, rischia di sfociare nella volgare parodia.