PREMESSA: Ringrazio il mio amico blogger Calatino per il gioiello che apre questo articolo e, con sincerità, non so quanto queste righe possano rendere omaggio alla strepitosa composizione che mi ha regalato. È stato un dono inaspettato, che mi ha realmente emozionato e non posso fare altro che ringraziarlo. Posso solo dire che in questo scritto ho messo dentro tutto il mio interismo, nel bene e nel male. Che il derby abbia inizio!

Se ripenso all’ultima volta che il derby di Milano è stato così importante, mi viene da sorridere. O da piangere, dipende dal momento.
Correva l’anno 2011, pochi mesi dopo l’apoteosi, quel Triplete rimasto impresso e incastonato della storia del calcio italico nonostante i tentativi di sminuire ancora oggi quel meraviglioso successo. L’addio del Mago di Setubal segnò l’ambiente, e occorse l’arrivo di Leonardo, icona del club rossonero, per ricompattare la squadra a seguito degli ombrosi mesi di gestione Benitez tremendamente sotto le aspettative (in cui comunque vincemmo la Supercoppa Italiana e divenimmo campioni del Mondo per club, mica pizza e fichi…). La rincorsa fu davvero eccezionale, ma in pochi giorni sfumarono i due obiettivi principali: la Champions League, con la tremenda disfatta contro un club tedesco che oggi è ultimo in classifica in Bundesliga e che a meno di miracoli retrocederà dopo 30 anni nella seconda divisione teutonica, e la Serie A, persa per mano dei “cugini” in una gara senza storia, terminata per 3-0 e con il miglior Pato di sempre. Magra consolazione: la vittoria della Coppa Italia, ultimo acuto della storia neroazzurra, prima di un decennio zeppo di mugugni e delusioni.

Ora, dopo un percorso di crescita paziente ma ambizioso, finalmente torniamo a giocare per un obiettivo importante. Abbiamo messo la testa davanti a tutti dopo 22 giornate, alla faccia dei #Conteout e dei criticoni. Siamo sempre stati costanti, nonostante i continui attacchi subiti ad ogni mezzo passo falso. Per carità, anche io ho sostenuto che in Europa abbiamo fallito, ma come sostenevo all’epoca, non vi era alcuna possibilità di vittoria della manifestazione continentale. Quello su cui dobbiamo porre le nostre valutazioni è altro: e questo, che piaccia o no, è il campionato 2020/21.
Ora, abbiamo il primo, vero, grande test. Importante, certo, ma non decisivo per il cammino che decreterà la squadra campione d’Italia. Pertanto, manteniamo la lucidità in qualsiasi caso (ma ci credo poco).

- Un piccolo sassolino: l’Inter gioca bene!

In questo anno e mezzo di gestione Conte, molti hanno tacciato il team del tecnico salentino di praticare un solo tipo di giocata, anche molto elementare se vogliamo: palla a Lukaku e poi si vede.
Purtroppo, ci siamo abituati: quando si parla della Beneamata, bisogna sempre andarci duro. Su qualsiasi cosa: situazione societaria, dichiarazioni del tecnico, rapporti tra calciatori e allenatore. Mai a guardare il bicchiere mezzo pieno bensì sempre a puntualizzare ogni aspetto, anche il più insignificante, per poter aggredire e minare l’ambiente neroazzurro. Già, Josè, quanto avevi ragione con quell’espressione così epica che in molti hanno deciso di appropriarsene per le loro necessità. «Il rumore dei nemici». Ora, senza scomodare il miglior allenatore degli ultimi 20 anni (non lo dico io, ma l’IFFHS), mi pare di rivivere alcune sensazioni analoghe: l’Inter viene costantemente presa di mira mediaticamente, messa sempre sotto processo. Ed invece, non avrà un gioco spumeggiante e spettacolare in senso stretto (questo è evidente), ma gioca con intensità e con una carica agonistica che sono assolutamente godibili e apprezzabili. Vedere una coppia d’attacco così meravigliosamente assortita, con l’attaccante belga che sfodera tutta la sua potenza, la sua fisicità e che finalmente è sbocciato definitivamente nel grande calcio unito a Lautaro Martinez che ha dei colpi strepitosi e con margini di miglioramento enormi, è una bellezza per gli amanti del calcio. Assistere ad una costruzione dal basso che nessuno mai sottolinea, così moderna ma nello stesso tempo rischiosa, basata su tre difensori di caratura internazionale e un capitano così legato alla maglia nonostante possibilità più blasonate e ancora alcun trofeo messo in bacheca, non è così brutto, ve lo assicuro. Brozovic che smista palloni, un ritrovato Eriksen, il motorino Hakimi, fino all’inarrivabile Barella, futuro capitano e secondo me simbolo e stella del nuovo corso neroazzurro: è tutto tranne che spiacevole. Ripeto, non pratichiamo il tiki taka, ma quanto sento affermare che l’Inter gioca male, questa la ritengo un’autentica baggianata (o sinonimi a piacere, a voi la scelta).

L’Inter è più forte del Milan

La disastrosa trasferta contro lo Spezia non è stata un caso. Al contrario dei neroazzurri, il Milan gioca male da due mesi e nessuno sembra avere il coraggio di affermarlo in modo chiaro. In realtà, se proprio vogliamo dirla tutta, la squadra rossonera del Naviglio è stata giustamente osannata per aver infilato un ottimo filotto di risultati, ma a livello di gioco non è mai stata così particolarmente brillante. E, dunque, siamo alle solite: se fosse stata l’Inter, quanto l’avrebbero massacrata dopo la sconfitta contro la neopromossa ligure?
I tifosi rossoneri, ad onor del vero, hanno di contro dovuto sopportare in queste settimane un mantra veramente ridicolo, quello dei rigori. Personalmente, pur essendo uno sfottò servito, non mi sono mai accodato, in quanto è veramente assurdo sindacare su questo aspetto: eccetto uno, tutti gli altri tiri dal dischetto concessi alla squadra di Pioli sono stati sacrosanti. Il rigore è parte del gioco del calcio, mettetevelo in testa!
Piuttosto, la vera critica risiede in altro.

La squadra rossonera, al netto di quanto detto sopra, non ha mai dato la sensazione di poter vincere lo scudetto. Mai. Almeno, a me è arrivato questo. Eppure, la spocchia di una porzione di tifo rossonero ha illuso molti che fosse (e che potrebbe essere ancora) l’anno della vittoria del tricolore. Non tutti, sia chiaro, perché molti equilibrati sostenitori hanno sempre, prudentemente, parlato di quarto posto e accesso alla zona Champions League, ma qualcuno ha scelto di azzardare. I fatti, però, dicono ben altro. Il Milan ha una rosa che non le consente di poter ambire a più del piazzamento per tornare nell’Europa che conta. Non è un parere, non è un’opinione: è così. Poi, ovviamente, il calcio è bello anche perché ci possono essere sorprese, ma la sicurezza di chi per anni ha visto solo la targa dell’Inter ha francamente un po' stonato con l’ottimo andamento di Ibrahimovic e soci che merita sportivamente un plauso, a prescindere da come si concluderà il torneo.

Il progetto imbastito da Maldini&c. è assolutamente interessante, ma appena agli albori. E non si può vincere di punto in bianco, senza un percorso che passi per delle tappe obbligate. Pensiamo proprio all’Inter: nel giugno del 2016 si insedia la nuova proprietà. Il primo anno è da dimenticare, ma serve per capire. Necessitiamo di tempo. Si passa al biennio Spalletti, in cui si cominciano ad ottenere i primi risultati: torniamo in Champions League, e lo facciamo per due anni di fila. Così, l’anno scorso, la mossa per il salto di livello: Antonio Conte in panchina e un mercato che si sblocca soprattutto (rammentiamolo) grazie all’appeal che suscita l’ex allenatore di Juve e Chelsea. Per quanto se ne possa dire, l’anno scorso siamo arrivati al secondo posto e in finale di Europa League, mentre nell’attuale stagione, dopo tantissimo tempo, siamo accreditati come una delle favorite per la vittoria finale del torneo. Insomma, ci abbiamo messo anni per tornare ai vertici nazionali, ma adesso ci siamo. E questo a prescindere se vinceremo o meno. Ed è ciò che dovrebbe cercare di fare la società che affronteremo domenica alle 15: pochi proclami, meno voli pindarici, e tanta pazienza e progettualità. Che fine ha fatto la campagna faraonica del 2016, che se l’avesse fatta l’Inter ci avreste fatto a pezzi tuttora? Insomma, il Milan, così come l’Inter, ha dovuto ingoiare tantissimi rospi amari in questi dieci anni, e già poter giocare un derby che vale così tanto deve essere motivo di orgoglio, ma bisogna tornare con i piedi sulla Terra.
E, forse, saremo proprio noi a farglieli poggiare.

- Milan-Inter: nessuna favorita, ma neroazzurri superiori

Come scritto poco sopra, sono consapevole di essere dalla parte della squadra più attrezzata per vincere la contesa. Il derby, in particolare quello della Madonnina, è però pieno di insidie. Non esiste realmente mai una che abbia più chance di vittoria dell’altra. Questo perché si tratta di una partita unica, di un incontro che non vede solo due squadre scendere sul terreno di gioco, ma due mentalità, due mondi, due concezioni: la bellezza di questo avvenimento è anche questa.
Dal punto di vista tecnico, l’Inter si presenta ai nastri di partenza con il vantaggio psicologico di aver scavalcato da qualche giorno i rivali. Questo, però, rappresenta solo un dettaglio.
La partita si disputa nel rettangolo di gioco, ed è lì che dovremo dimostrare la superiorità. Abbiamo finalmente una formazione ideale, un collettivo pronto a dimostrare di essere in grado di fare il salto di qualità.
Dall’altra parte, è inevitabile che l’ex di turno rappresenti il pericolo numero uno.
Non possiamo però aver timore: l’Inter ha solo il campionato, e non ci possono essere scuse.
Dobbiamo vincere
.

- Ibra vs Lukaku

Uno dei temi caldissimi del match del 21 febbraio sarà il ritrovo tra i due protagonisti: Zlatan e Romelu. Dopo la brutta scena a cui abbiamo assistito in Coppa Italia, entrambi si ritroveranno nel teatro del calcio per eccellenza, nella speranza che si possa parlare solo delle loro giocate e non di altre beghe che poco affascinano chi ama questo sport. Sarà un derby sentito, presumibilmente non mancherà l’agonismo, ma l’importante è che si mantenga un livello di correttezza e di buon senso nell’arco di tutti i novanta minuti. Non è voler essere politicamente corretti, ma credo che sia giusto che si possa poter godere di una partita per ciò che succede in campo, senza altre distrazioni.

San Siro, mi manchi

Non voglio soffermarmi sul vuoto che ci sarà sulle tribune del Meazza. Ne ho già parlato abbondantemente in occasione del match di Coppa Italia e sull’effetto che provoca.
Voglio solo mandare un messaggio allo stadio che ospiterà un evento che avrebbe meritato tutta la sua cornice e dirgli che mi manca.
Mi manca di brutto, come quando ti innamori per la prima volta da adolescente.
Come l’amico con cui cresci e che parte perché la famiglia si trasferisce a 700 km di distanza.
Come le chitarre acustiche che rimbombano da Sesto San Giovanni fino a Cinisello Balsamo.
Come il pallone per strada, le camminate all’aria aperta, i viaggi organizzati, il guardarsi in faccia scoperti, senza paura.
Ritornerai presto a farci sentire i tuoi cori, i tuoi colori, le tue coreografie.
Ritorneremo presto a farti sentire i nostri cori, i nostri colori, le nostre coreografie.
Nel frattempo, tieniti in forma, e facci divertire.
Di domenica alle 15, proprio come piaceva a te tanto, tanto tempo fa.

Indaco32