Il sabato pre-pasquale si conclude con il classico pareggio all’italiana. A scontrarsi sul terreno di gioco sono Inter e Roma, in una sfida Champions decisamente importante per il finale della stagione; l’ennesima battaglia attesa per capire a fondo chi merita davvero di accedere al paradiso del calcio, per dirla alla Spalletti. E il problema è proprio quello, perché sia i nerazzurri che i giallorossi non hanno dimostrato di avere quel carisma necessario per colmare le numerose critiche piovute a intermittenza da settembre a questa parte. Opinioni contrastanti che si affievoliscono forse per il pensiero della Pasqua, ma che, in un subbuglio silenzioso come lo spogliatoio dell’Inter, torneranno prepotenti, soprattutto dalla Curva Nord che anche durante la partita non ha perso occasione per  punzecchiare insistentemente Mauro Icardi. Per fortuna c’è il popolo nerazzurro seduto negli altri anelli dello stadio che zittisce i fischi della Nord con un po’ di buonsenso, anche perché l’Inter viene prima di tutto, e il futuro passa da queste notti, unite dal desiderio terzo posto che deve essere difeso allo stremo viste le numerose incertezze sul campo. 

È PROPRIO COLPA DI ICARDI?

Uno a uno non fa male a nessuno, anche se alla fine il pareggio accontenta di più la squadra di Spalletti, che mantiene le 5 distanze dal Milan e allontana forse del tutto la Lazio di Inzaghi. Peccato però che tra i corridoi dello stadio, il problema sembra essere uno solo: Mauro Icardi. Viene spontaneo chiedersi, alla luce soprattutto del primo tempo della squadra, se il problema dell’Inter è veramente Mauro Icardi. E non ci sono assiomi o tesi che puniscono l’ex capitano, se non le numerose parole gettate da Wanda Nara a Tiki Taka. Alla fine, come dicono i grandi saggi del calcio, conta solo il campo e un’Inter spuntata, con il solo Lautaro a correre per tutti i fronti, non riesce quasi mai ad essere pericolosa. Il primo tempo della Roma ne è la dimostrazione, con la squadra di Ranieri che si trasforma per 45 minuti in un club di Premier League, poggiata sui lanci lunghi per Dzeko e sulle folate di El-Shaarawy; proprio il faraone porta in vantaggio i giallorossi, con un destro al giro che non lascia scampo a Samir Handanovic. Senza Icardi, la prima frazione si chiude sul punteggio di 0-1, con Mauro nel secondo tempo la squadra mostra un piglio più aggressivo, anche perché il bomber argentino impegna i due centrali romanisti, e la manovra si fa più fluida. Detto fatto, Perisic trova il pareggio e con un po’ più di coraggio, l’Inter poteva anche vincere la gara. 

SPALLETTI, CHE FAI?

Proprio riflettendo sul coraggio, unica filosofia in grado di farti fare il salto di qualità, non si può non dubitare sul secondo cambio di Spalletti, che toglie Lautaro per inserire Joao Mario. Una sostituzione inspiegabile, alla luce dell’intesa che si stava creando in attacco e l’ingresso appena successivo di Kluivert testimonia un Ranieri sicuramente più coraggioso del suo collega. Ok la classifica, ma in una società come l’Inter, chi non mostra il piglio del guerriero, difficilmente riesce a completare il progetto in modo degno. Oltretutto il portoghese si è presentato al pubblico di San Siro con una serie di errori grossolani, derivanti da una leggerezza di fondo che ha portato solo a favorire Fazio e compagni. Se tutti si aspettavano una scossa tattica di Spalletti per cercare una riconferma improbabile, questa sera il toscano ha sicuramente dimostrato di accontentarsi del compitino e di rimandare il tutto alla fine della stagione. 

VINCERE SE STESSA

Il problema dell’Inter è proprio questo, non riuscire a vincere se stessa. Sembra un paradosso, ma anche contro una Roma arrembante e disposta a non chiudersi come le altre squadre che arrivano a Milano, i nerazzurri non hanno saputo approfittare del passo falso del Milan per congelare in modo definitivo il terzo posto. Un campanello d’allarme che risuona insistentemente ad Appiano, e che ormai sembra essere diventato un manuale scritto impossibile da essere cancellato. Il futuro porterà sicuramente dei cambiamenti, si fanno diversi nomi, ma fino a che la società non riuscirà a dimostrare la vera potenza economica che racconta di avere, saranno tempi bui in Corso Vittorio Emanuele. La speranza è l’ultima a morire, ma fino a quando il coraggio si nasconde nel compito minimo, l’Inter da vincente sarà sempre e solo vinta.