Si sono susseguiti allenatori, giocatori e persino presidenti, senza però alcun risultato. L'Inter sembra non aver più trovato un'identità dall'addio dei campioni di tutto, ormai lontano ricordo nella mente della Milano nerazzurra. Non si tratta, dunque, solamente di una carenza di giocatori tecnicamente all'altezza dello storico club meneghino; la motivazione di questa evidente instabilità dell'ambiente Inter è da ricercarsi principalmente nella mancanza di uomini simbolo, giocatori in grado di far capire subito in che realtà ci si trova, in una squadra con una storia ed un passato glorioso, fatto di attaccamento alla maglia, oltre che di trofei e grande trasporto dei tifosi.

Dopo il grande addio del blocco degli argentini, su tutti Cambiasso, Milito, Samuel e ovviamente l'indimenticato (e oramai in giacca e cravatta, copia sbiadita di quello che cavalcava sui prati del Meazza) Capitano Javier Zanetti, si è venuto a creare un vuoto di identità, di consapevolezza e di amore per i colori nerazzurri. Sì, perchè oltre che una formazione dotata di giocatori di tasso tecnico infinitamente superiore a quelli che oggi rappresentano l'Inter, si aveva a disposizione un gruppo di Uomini veri, forti e consapevoli, innamorati della maglia, della storia del club e della tifoseria. Gente in grado di alzare la voce in spogliatoio (e qui è bene chiarire come più che il mitico capitano, fossero i vari Cambiasso, Materazzi, StankovicEto'o a farlo) e rimettere tutti in riga nei momenti di sconforto o debolezza psicologica. Tutti Uomini, ancor prima che giocatori, in grado di imporsi su tutti gli altri per salvaguardare e tenere alto il nome della Beneamata. Dopo di loro il nulla.

Anche solo andando a vedere il passaggio di fascia da capitano ci si rende conto di come si sia venuto a creare un vuoto incolmabile nell'era post-Triplete. Dopo l'uomo che ormai l'aveva tatuata addosso, Il Capitano Javier Zanetti, El Tractor, la fascia perse di significato, finendo per essere indossata da giocatori che l'avrebbero dovuta solamente sognare in epoche precedenti (per fare qualche nome: Guarin, Nagatomo...). Così si arriva ad oggi, con un capitano giovane, che non ha altro motivo per indossarla se non il fatto di essere di gran lunga il giocatore più talentuoso e incisivo dell'Inter. Sì, ma questo non basta. Non potrà mai bastare essere un gran giocatore per indossare una fascia da capitano. I tifosi lo sanno, anzi, sembrano gli unici a rendersi conto dello sbandamento totale dell'ambiente. Un ragazzo, un centravanti sì forte, anzi, fortissimo ma non per questo degno di indossare 110 anni di storia senza fare da trascinatore del gruppo, da vero Leader carismatico, in grado di ribaltare uno spogliatoio intero in caso di partite svogliate da parte di alcuni. Proprio sotto questo aspetto trapela l'esatto contrario: i giocatori sembrano non riconoscerlo come capo, come rappresentante del gruppo. Mauro Icardi ha sì una grande personalità, (dimostrata con l'esultanza provocatoria nel suo ex stadio contro i suoi ex tifosi blucerchiati, o ancora quando andò a muso duro contro i tifosi nerazzurri in trasferta a Reggio Emilia, episodio che creò una spaccatura irrimediabile e tutt'oggi presente), ma questa non viene mai messa a disposizione del gruppo; è personalità incentrata su sé stesso, è consapevolezza dei propri mezzi. Non il genere di personalità che i compagni riconoscono in uno spogliatoio

Tutto ciò porta ad una sola conclusione: l'Inter ha perso l'anima. I risultati sportivi non sono altro che la conseguenza di tutto ciò. L'Inter non ha più giocatori disposti a sputare sangue per i colori. Ognuno fa di testa sua, ognuno pensa a sé e poi alla squadra e non viceversa. Chi dovrebbe prendere in mano la situazione nello spogliatoio odierno? Chi può avere la personalità e il carisma necessari? Handanovic? Per carità, grandissimo portiere, fenomenale e quasi sempre determinante per i risultati ottenuti (in senso positivo), ma come uomo simbolo, in grado di attaccare al muro i compagni (metaforicamente e non) nei momenti di difficoltà e scarso impegno, non ce lo si può immaginare. Miranda allora, più volte scelto come capitano della Nazionale verdeoro, nonché difensore centrale del granitico Atletico Madrid del Cholo Simeone; no, neppure lui sembra essere la persona in grado di ribaltare i giocatori in caso di bisogno. Chi dunque? Chi può essere in grado di risollevare le sorti dell'Inter dall'interno dello spogliatoio, dando quel senso di appartenenza, quell'amore incondizionato per la maglia, quel rispetto per i tifosi (loro sì veramente innamorati e disposti a tutto per il nero e l'azzurro), quella "garra" che si vedeva negli occhi dei vari Stankovic, Materazzi, Cambiasso e via discorrendo? Ci ha provato il buon Spalletti ad inculcare senso di appartenenza ai giocatori, senso di unione. Pioli (nerazzurro dichiarato) prima di lui, anch'egli senza risultati. No, questa passione per l'Inter deve venire da dentro lo spogliatoio, dai giocatori stessi; ma, vuoi per scarsa programmazione, vuoi per scherzi del destino, tra i nostri eroi del Triplete e la rosa di oggi vi è stato un vuoto enorme, un passaggio di consegne mal realizzato. Oggi manca l'Interismo, manca quell'amore vero per i colori, quella voglia di dimostrare di valere la storia, i giocatori e i trofei del passato. Mancano i Facchetti, i Prisco, i Moratti. All'Inter di oggi, insomma, manca l'Inter.