Falsa partenza.
Solo così si può definire l'avvio di campionato delle compagini meneghine in questo 2023, decisamente a rilento rispetto alle aspettative e soprattutto alle avversarie.
Perché se è vero che il Napoli si è fermato dopo una prima parte di stagione perfetta, la Juventus sembra non volerne sapere di interrompere questo suo percorso di ripresa, ottenendo continuamente il massimo risultato con il minimo sforzo prodotto (o quantomeno gioco prodotto). Ad inizio stagione qualsiasi tifoso o addetto ai lavori avrebbe giurato che lo Scudetto sarebbe stato affare di Milan e Inter, ultime due vincitrici in ordine temporale e grandi antagonisti dello scorso campionato, chiusosi all'ultima giornata. Tuttavia, a ormai una partita dalla fine del girone di andata, nessuna tra rossoneri e nerazzurri sembra aver convinto l'opinione pubblica con la propria candidatura al titolo di Campione. Il Biscione alla ripresa ha inflitto la prima sconfitta stagionale al fin qui straordinario Napoli di Luciano Spalletti, centrando tre punti fondamentali sotto tutti i punti di vista e dando una svolta improvvisa ad un Campionato che sembrava già indirizzato verso terre Campane eppure...

Eppure la partita dopo, in una trasferta certamente non proibitiva, arriva il primo stop dell'anno solare che coincide con il primo pareggio in campionato dell'Inter (2-2) all'U-Power Stadium contro un Monza combattivo e mai domo. Con tutto il rispetto per la società brianzola e l'ottimo lavoro di Raffaele Palladino fatto dall'approdo in panchina, il pareggio per i nerazzurri equivaleva ad una sconfitta ed è stato trattato così, tanto dai giocatori monzesi quanto dai giocatori milanesi sponda Bauscia, come dimostra l'esultanza di Galliani in tribuna e la delusione del mondo interista al triplice fischio.
Bilanciando i risultati delle prime due partite il pareggio con il Monza non solo equivale negativamente quanto di buono fatto con il Napoli, ma addirittura forse lo supera per importanza, lasciando il dubbio di aver fatto un favore alle eterne avversarie fermando la capolista.
Con il Monza sono usciti i fantasmi dello scorso anno, dove partite con squadre sulla carta meno attrezzate si sono rivelate vere e proprie trappole risultate fatali a fine corsa favorendo i rossoneri di mister Pioli ( i tristemente famosi 7 punti in 7 partite). Dopo le vittorie contro Atalanta e Napoli l'Inter era rientrata pienamente in corsa Scudetto, a patto di riuscire a capitalizzare le occasioni fornite da un calendario alla portata dei nerazzurri (Monza, Verona, Empoli e Cremonese prima del Derby del 5 Febbraio) facendo filotto fino alla prossima stracittadina, in cui si giocherà una grande fetta del campionato. Senza dimenticare la Supercoppa del 18, la banda di Inzaghi è già chiamata a vincere le prossime 3 partite senza appello e guardare anche i risultati delle concorrenti, in particolare dell'ormai prossimo Napoli-Juventus, per poter tornare a dire la propria in campionato. Questa Inter può e deve fare molto di più e Inzaghi è il primo a saperlo.

Se Atene piange Sparta non ride...
Il Milan invece Domenica sera ha compito un vero e proprio suicidio sportivo che pone un freno alle ambizioni di bissare il titolo e rimette la squadra di Pioli nella bagarre che segue il Napoli in classifica. Suicidio perchè pareggiare una partita in casa che hai dominato in lungo e in largo fino all'86' in cui sei avanti 2-0 non ha altra definizione. La Roma non si è mai vista dalle parti di Tatarusanu salvo poi rimontare in circa dieci minuti con 2 colpi di testa, specialità della casa giallorossa.
Il problema è che la supremazia rossonera non è mai stata messa in dubbio dalla prestazione romanista, ma anzi annullata dallo stesso allenatore del Milan con cambi decisamente poco felici sia a livello singolo che collettivo. L'ingresso di Pobega è stato ripagato dalla firma sul raddoppio ma il giudizio sulla gestione della partita da parte del tecnico emiliano è senza dubbio negativo, in particolare l'aver cambiato un giocatore fisicamente prestante e all'altezza dei muscoli della Magica, come Giroud, per sostituirlo con il sempre, ahimè, bersagliato De Katelaere, nullo in fase difensiva e incapace di tenere su il pallone facendo da riferimento davanti.
Eppure che la Roma preparasse il folle assalto finale Pioli l'aveva intuito e aveva preparato il cambio Gabbia per Saelemakers, naufragando ogni possibilità del Milan di continuare a far girare il pallone come aveva fatto per tutta la partita. Infatti a quel punto ci si ritrova con Leao e De Katelaere praticamente inesistenti e una difesa schiacciata in area, che concede alla Roma l'unica arma con cui avrebbe potuto segnare, come poi è successo: i cross.
E così i Mourinho boys tornano soddisfatti con un insperato punto e fanno precipitare nuovamente il Diavolo in preda alle incertezze che periodicamente caratterizzano il percorso di questa squadra. Certamente tanta responsabilità va data al Mister, capace di trascinare il popolo Casciavit al 19esimo titolo, ma nuovamente è emersa la convinzione di non avere una panchina in grado anche solo di far rifiatare i titolari a partita in corso e che il Milan non è in grado di offrire una lettura alternativa alla partita che non sia il solito spartito. Perché finché c'è da comandare il gioco i rossoneri lo fanno alla grande, con movimenti a memoria e finezze tecniche certamente spettacolari, ma quando la partita va gestita diversamente ecco che affiorano tutte le difficoltà.
Sia Inzaghi che Pioli sono al secondo step di un progetto che necessita titoli per poter crescere in un punto cruciale della loro carriera. Il primo ha bisogno di uno Scudetto per poter essere considerato un top mentre il secondo ha bisogno di uno Scudetto per coronare una carriera da allenatore che non ha soddisfatto le aspettative prima di sposare il progetto rossonero. La Seconda stella è l'occasione che entrambi cercano e vogliono, ma bisogna guadagnarsela perchè nessuno resterà a guardare, tantomeno Spalletti e Allegri. 
La pressione è tanta e lo hanno dimostrato le conferenze stampa dei rispettivi post-partita, in cui i due allenatori non sono stati in grado di essere all'altezza del blasone delle squadre che guidano, rivelando nervosismo (Pioli) e delusione (Inzaghi). Questo perchè per quanto bravi mostrano ancora lacune importanti ed è innegabile che le occasioni in cui non si rivelano all'altezza siano troppe per due club come Inter e Milan, sia dal punto di vista della comunicazione che della lettura delle partite.
Pertanto sembra chiaro che, nonostante queste due squadre siano assolutamente competitive e tra le migliori in Italia, per poter ambire a uno status di top club europeo serve molto di più a livello di rosa, continuità e mentalità, elementi fondamentali delle squadre vincenti. 
E con alcuni dei giocatori più rappresentativi delle due franchigie come Skriniar e Leao in totale alto mare per quanto riguarda i rinnovi, la domanda è legittima: Inter e Milan, cosa volete fare da grandi?