L'Inter è una squadra speciale, viene da una storia ultracentenaria di drammi sportivi e trionfi epocali, non ama le vie di mezzo, si trova a proprio agio solo nella polvere o sugli altari, non è mai banale, sia nella vittoria che nella sconfitta, ha un talento unico sia nel complicare le cose semplici, che nel fermarsi ad un millimetro dal baratro.
L'Inter è il 5 maggio, quello del 2002 quando si suicidò all'Olimpico, e quello del 2010 quando, nello stesso stadio, diede inizio alla cavalcata del triplete. L'Inter è San Siro, gremito di passione e ribollente d'amore incondizionato verso i colori, capace di esaltare o annientare un calciatore.  L'Inter è un paradosso, lo è sempre stata e lo sarà sempre, è sicuramente per questa ragione che il giocatore della rosa attuale più attaccato ai colori nerazzurri si chiama Milan. 

La maglia dell'Inter può essere leggera come una piuma o pesante come un macigno per chi ha la fortuna di indossarla. Il talento è una condizione necessaria, ma non sufficiente, per essere da Inter, ci vogliono uomini con il cuore bollente, la mente lucida e le (s)palle d'acciacio, basta guardare gli ultimi trent'anni di storia nerazzurra per rendersene conto: uomini come Lothar Matthaus, Nicola Berti, Paul Ince, Ruben Sosa. Diego Simeone, Dejan Stankovic, Walter Samuel, Esteban Cambiasso (tralascio Zenga, Bergomi e Zanetti per vitare di commuovermi) sono entrati nel cuore dei tifosi e nella storia del club, altri, magari dotati di straordinario talento calcistico (basti pensare ad un certo Denis Bergkamp), sono stati prima sopportati, poi dimenticati, a volte anche odiati.

Lo stesso discorso vale per la panchina nerazzurra, comoda come un lettone king size, per gente come Trapattoni e Mourinho, gente capace, ovviamente, ma allo stesso tempo caratteri impetuosi e passionali, leader autentici, condottieri di uomini. La stessa panchina è stata un letto di spine per chi, magari bravissimo, non ha dimostrato di possedere, la giusta passione, il giusto impeto, la garra insomma.

Per queste ragioni sposo senza riserve la scelta di Conte, un uomo cui sicuramente non difetta il carattere, per il prossimo futuro dell'Inter. Poco importa il suo passato bianconero, del resto il buon Trap ha speso tutta la sua carriera da giocatore nel Milan e buona parte di quella da allenatore nella Juve, ma per vincere ci vogliono i campioni e ci vogliono gli uomini veri, meglio ancora uomini veri che siano anche campioni.

Per questo, pur nella consapevolezza di perdere un bomber straordinario, trovo giusto che il nostro ex capitano venga ceduto, le vicende degl'ultimi mesi hanno palesato, per lo meno a mio avviso, tutti i limiti di Icardi come "uomo da Inter", meglio cercare di realizzare quanto più possibile dalla sua cessione e andare oltre. Poi ci sono i vari Joao Mario, Vecino, Borja Valero, Cedric, Miranda e, ovviamente Vrsaljko, che per ragioni diverse non possono far parte dell'Inter che verrà. Personalmente neanche Nainggolan e l'ultimo Perisic mi convincono molto, ma il loro caso credo sia diverso e la loro permanenza a Milano credo sia più legata a ragioni di bilancio.

E poi? Da chi ripartire?
Tra i tanti profili accostati alla Beneamata mi piacciono molto i profili di Chiesa, Barella e Pellegrini. Ragazzi giovani, di gamba e di impeto, avvezzi al nostro calcio, facce pulite e grinta da vendere, li vedrei bene in nerazzurro sia per ovvie ragioni tecniche che per elementi caratteriali e umani, Dzeko è un giocatore di sicuro affidamento uno che non trema nelle occasioni importanti, Lukaku lo conosco molto meno ma il suo curriculum e di tutto rispetto. Non prenderei Dybala, tecnicamente un fenomeno, ma molto fragile da un punto di vista caratteriale, come ampiamente testimoniato dalla sua abitudine cronica a fallire gli appuntamenti importanti.

In definitiva però mi piacerebbe che la dirigenza nerazzurra orientasse le proprie scelte su elementi che siano in grado di coniugare al talento calcistico, il carattere, la grinta e la passione (bene Godin, in questo contesto) indispensabili per essere amati e supportati dai 60.000 che affollano San Siro.
Diversamente penso che neanche Conte possa riuscire nell'impresa di traghettarci dalla polvere agli altari.