Il tifoso è così, irrazionale. Non ragiona, come giusto che sia. Si lascia trasportare dalle emozioni, gioia o rabbia, felicità o sconforto, a seconda delle situazioni. Per cui capita che nel momento della sconfitta si lasci andare a esternazioni incontrollate, frutto dell’ira del momento, alla ricerca spesso del capo espiatorio. Di qualcuno deve pur essere la colpa se si è perso. A volte è l’allenatore, a volte un calciatore. A volte l’intera squadra.
Contro la Juventus la colpa è stata di Lorenzo Insigne. Il rigore sbagliato è stato il motivo per cui parte della tifoseria ha individuato nel capitano azzurro il principale colpevole del k.o contro gli acerrimi nemici bianconeri. Non deve prendersela Lorenzo: il calcio funziona così, vive di momenti. Si è eretti a fuoriclasse dopo una vittoria o un gol decisivo, si è degradati a dilettanti dopo un errore.

Non è nemmeno la prima volta che Insigne è il destinatario principale dei malumori del tifo partenopeo quando le cose non girano come dovrebbero. Un rapporto di tanto amore e a volte di battibecchi. E se lo “scugnizzo” è il bersaglio numero uno delle critiche è semplicemente perché allo stesso tempo è il giocatore più rappresentativo e di maggior talento del Napoli. Quello da cui ci si aspetta sempre la grande giocata, il grande gol o la rete decisiva. Quello capace di regalare una magia ad ogni partita. Quello da cui non si accettano errori, quasi fossero giudicati incomprensibili se da lui commessi. E pazienza se a volte piovono critiche. Il campione, risponde in campo, non con le parole. Risponde con l’arma migliore che possiede: il proprio talento. E così che la volta successiva con un colpo di biliardo, il campione evita una sconfitta a Sassuolo, con un gol ormai suo marchio di fabbrica, il famoso tiro a giro. Ed è lì che ci si riprende la propria rivincita.

C’è chi ha interpretato lo sfogo nel post di Sassuolo-Napoli come il preludio ad un addio premeditato. Su Insigne infatti aleggia l’ombra del suo nuovo procuratore Mino Raiola, famoso per “spostare” i suoi campioni allo scopo intascarsi profumate commissioni. Se così fosse, allora Insigne assumerebbe un atteggiamento lontano dall’essere un campione, non tanto perché abbandonerebbe la maglia che tanto dice di amare - tante volte ha dichiarato di voler essere una bandiera del Napoli, tuttavia chiunque è libero di scegliere dove giocare - ma perché utilizzerebbe la scusa delle critiche come alibi per andarsene altrove.
Ma qui siamo nel campo dei se e dei ma che di solito non fanno la storia.