Joya. Diamante. Brilla forte nella mano della Vecchia Signora, come un anello antico, custodito con cura e gelosamente mostrato.
Paulo Dybala, ricavato ed estratto direttamente dalle rocce dure e antiche dell’Argentina, da Laguna Larga per l’esattezza.
Controllato e certificato con timbro di autenticità sulle coste Siciliane di Palermo. Raffinato e forgiato a Torino, dove viene messo al centro della collezione più preziosa, dove il prezzo non viene neanche più mostrato, dove lo stupore prende il sopravvento e si può restare solamente accecati dai riflessi di una lucentezza rara.

Ha l’occhio vispo Paulo, come quello di un ragazzo che a differenza di altri incarna semplicemente la voglia di giocare. Ha lo sguardo fresco di chi si diverte e la spensieratezza di chi ha 24 anni e gioca con un pallone tra i piedi.
La maturità con cui ha cambiato lo stile di gioco con una maglia(e responsabilità) diversa, è disarmante. È polivalente dalla trequarti in su, è basico nei fondamentali da quella in giù. Cambia ritmo in continuazione, come il cuore di chi lo vede: spezza ogni tempo di gioco.
Da seconda punta ha la capacità ambivalente di venire incontro alla manovra per dare la profondità alla prima punta o per spezzare la trama piatta dei passaggi a difesa schierata.

Paulo però si porta dietro anche il bagaglio tecnico e tattico della prima punta/falso nueve degli anni di Palermo.
Lo segui sulla metà campo? Attacca la profondità. Cerchi l’anticipo? Ti brucia col gioco di prima. Non è il prototipo dell’attaccante moderno. È il prototipo dell’attaccante futuro.
Non è una prima punta, non è una seconda punta e non è un trequartista. Non è niente ma è, allo stesso tempo, tutto. Un fenomeno nel controllo palla, quindi è devastante in campo aperto(anche perché è molto veloce) e allo stesso tempo micidiale nello stretto. Praticamente ormai siamo tutti innamorati di quel 10, ogni domenica sembra San Valentino, abbiamo gli occhi a cuore ad ogni carezza mancina su quel pallone. 

Come per le ragazze, c’è un momento preciso in cui capisci che è amore. Come un flash. Il mio istante è stato il 4 Ottobre 2015 giorno del mio 27° compleanno e per l’occasione ero andato a vederlo a casa sua: al allora Juventus Stadium. Verso metà primo tempo Dybala batte un angolo da sinistra, a 3 metri e mezzo dal mio seggiolino. La pulizia del calcio, l’esatta e l’inattaccabile coordinazione che per i mancini poi è sempre un pò matta ed estrosa. La perfezione. La perfezione che per i calci piazzati ha anche tutta una cerimonia dietro: il posizionamento della palla, la sistemata ai calzettoni, i secondi per decidere dove metterla, gli sguardi di intesa con i compagni. Sembrava come una danza, era tutto perfetto e io ero li: cotto come una pera ad ammirare.

È inutile nasconderlo: nel firmamento juventino è esplosa una stella, che per ora ha un bagliore accecante e talmente luminosa che non si intravedono i confini. Non possiamo far altro che rimanere ipnotizzati dal fascio luminoso che emana e indicarlo a chi ancora non lo vede. Proprio come fa lui. Proprio come fa Paulo Dybala dopo aver gonfiato le reti di mezza Europa. Con le dita al cielo e lo sguardo all’insù. Quasi a voler dire: “Visto papà, ce l’ho fatta: li sto facendo innamorare tutti”.