“Il miglior modo per vendicarsi dei propri nemici è diventare migliori di loro.”

L’autore di tale massima, un antico filosofo greco, ricordato con l’appellativo del Socrate pazzo, non aveva dubbi in merito alla questione vendetta: se vuoi prenderti la rivincita sul tuo avversario, non puoi evitare di sfidarlo a duello. A quel punto le parole, spesso troppe in confronto ai fatti concreti, dovranno recitare soltanto un ruolo marginale, quasi fossero il contorno di quel famoso piatto, che secondo un'antica tradizione, va servito freddo ai commensali. Lo ammetto, non conoscevo affatto la figura di Diogene il Cinico, ma grazie all’aforisma che ha deciso di lasciarci in eredità, ho avuto l’immensa fortuna di leggere un frammento della sua assurda storia. Di lui si dice che vivesse come un cane, rifiutando ogni forma di convenzione sociale, ma ciò che stupisce in modo particolare non sono le sue insolite abitudini giornaliere, piuttosto la sua pungente, nonché dannatamente attuale, ironia.

Se dovessi descriverla utilizzando soltanto due parole, la definirei innanzitutto perfida, poiché non mancava occasione che se la prendesse con qualche povero disgraziato, ma al tempo stesso geniale, quasi fosse partorita dalla mente di un millennials, avanti anni luce rispetto alla sua epoca. Dalla sua suddetta frase, quella che discute del “riscatto”, nasce l’ispirazione, quasi naturale aggiungerei, necessaria ad innescare la scintilla, che trascina la mia mente alla serie di vicende legate alla carriera di un uomo molto particolare. 

Il susseguirsi degli eventi in ambito calcistico, non smette mai regalare spunti interessanti, utili ad arricchire il già prezioso forziere dei ricordi, in cui si annidano ormai tantissime storie all’insegna della rivincita personale, alcune andate a buon fine, altre meno gloriose. A questi temerari protagonisti, a cui si riconosce coraggio per aver sfidato il proprio passato, potrebbe presto aggregarsi anche l’attuale allenatore del Villarreal, lo spagnolo Unai Emery

Scelto come sostituto del deludente Michel, viene assunto alla guida del Siviglia nel corso della stagione 2012/13, poco dopo essere stato scaricato dallo Spartak Mosca, che lo aveva esonerato in seguito ad una serie di risultati poco incoraggianti. In una liga spagnola dominata dall’ultimo Barcellona di Guardiola, micidiale macchina da punti, che in quell’annata ne totalizzò addirittura 100, la squadra andalusa non può che arrancare, piazzandosi faticosamente alla nona posizione. Eppure, nonostante la discreta lontananza dalla zona di classifica utile per la qualificazione alle coppe europee, la formazione del tecnico di Hondarribia stacca comunque un biglietto per la successiva edizione dell’Europa League, grazie alla squalifica del Malaga e la mancata licenza Uefa del Rayo Vallecano.

Dal colpo di fortuna, indispensabile per salvare una stagione altrimenti fallimentare, Unai Emery trae lo spunto necessario per la costruzione del proprio successo in terra andalusa: vincere per ben tre volte consecutive un prestigioso trofeo come l’Europa League. Comincia così la sua avventura verso l’Olimpo del calcio, quello che porta dritti verso Parigi, verso la Champions League. L’ambizioso progetto dello sceicco Nasser Al-Khelaifi lo spinge ad accettare la proposta di trasferirsi all’ombra della Tour Eiffel, per tentare di accrescere ulteriormente la sua fama di vincente in Europa. Correva la stagione 2016/17, quando di fronte al suo cammino si presentò il Barcellona di Luis Enrique: inutile lo schiacciante 4 a 0 maturato all’andata, poiché i parigini dovettero arrendersi di fronte allo strapotere della remuntada blaugrana. Al ritorno, terminò 6 a 1, ed il Psg venne letteralmente umiliato, con il suo allenatore che rischiò di essere esonerato seduta stante. Ma il ricco proprietario della società transalpina decise di concedergli una seconda opportunità, prima di rompere definitivamente il rapporto, trascorsa un’altra annata all’insegna del fallimento europeo.

In quell’occasione, fu un’altra spagnola a cancellare i suoi sogni di gloria, quel Real Madrid di Zinedine Zidane, che proprio in quegli anni si dipingeva come lo specialista per eccellenza in materia di coppa dalle grandi orecchie. Diseredato dalla prosperosa famiglia alla guida del club parigino, uno smarrito Unai Emery si ritrovò di fronte all’offerta dell’Arsenal, che in quel particolare momento della sua storia, cercava disperatamente un degno erede dell’illustre Arsène Wenger. Dinanzi alla concreta possibilità di allenare in Premier League, nonché all’occasione di conquistare nuovamente l’Europa League, il tecnico ex Siviglia accettò senza remore l’offerta della società londinese. Il suo impatto in terra britannica non cambiò le sorti di una formazione destinata ad un quasi necessario ridimensionamento, ma la stessa sfortuna che lo aveva perseguitato in Francia, non sembrava proprio volerlo abbandonare. Qualificazione alla Champions League soltanto sfiorata per lui, accarezzata in ben due occasioni: quinto posto in campionato ad una sola lunghezza di distanza dal Tottenham, e sconfitta per 4 a 1 in finale di Europa League, contro il Chelsea di Maurizio Sarri. 

Dunque, nient’altro che delusione, ormai da qualche tempo nuovo emblema della carriera di un allenatore abituato a vincere, nonostante avesse solcato l’area tecnica di realtà meno prestigiose. Non riuscendo a riprendersi dal doppio K.O. subito, la sua squadra accusò il colpo, ed Emery venne esonerato nel novembre successivo, in seguito ad una brutta sconfitta contro l'Eintracht. Al suo posto, subentrò Mikel Arteta, secondo di Guardiola al Manchester City, senza però riuscire a risollevare fin da subito le sorti di un club indirizzato ormai verso il declino.

Nell’arco dell’attuale stagione, i due protagonisti si ritroveranno in un match che ha già il sapore del tipico incontro del destino: da una parte un ambizioso Villarreal, dall’altra un Arsenal desideroso di tornare grande. Chissà se il tecnico alla guida del Submarino Amarillo, riesca nella replica di quelle che furono le sue gloriose gesta ammirate in Andalusia, eppure la sua storia, non è l’unica che pregusta già il sapore della vendetta. Infatti, per il Villarreal questo doppio incontro con la formazione del nord di Londra, rievoca il ricordo della semifinale di Champions League disputata nel 2005/06, punto più alto della sua storia. In quell’occasione la spuntarono i gunners in uno scontro al cardiopalma, conclusosi soltanto dopo il rigore fallito dal Mudo Riquelme, allo scoccare del 90 esimo nella gara di ritorno. La classe dell’argentino, croce e delizia per il popolo del Madrigal, rappresentava la crescita esponenziale di un club partito dalla provincia, capace di passare da un contesto semi-sconosciuto, all’occupare stabilmente le zone alte della classifica in Liga.

Da allora sono trascorsi ben 15 anni, un lungo periodo all’insegna di alti e bassi, che potrebbe raccontarsi in due momenti fondamentali: l’amara retrocessione procurata dal club nella stagione 2011/12, e questa semifinale europea, che rappresenta il modo perfetto per tornare a brillare. In campo non scenderanno il numero 10 ex Boca, né tanto meno Diego Forlan, visto che entrambi hanno già deciso, qualche annetto fa, di appendere gli scarpini al chiodo. Al loro posto ci saranno dei nuovi protagonisti, tra cui spiccano le qualità del tridente offensivo, formato da Gerard Moreno, Paco Alcacer e Samuel Chukwueze. Il primo, 29enne spagnolo, sta disputando una stagione straordinaria dal punto di vista realizzativo, con ben 25 reti messe a segno in 35 presenze. Abile nello sfruttare a dovere ogni pallone vagante in area di rigore, rappresenta il connubio perfetto tra velocità e senso del goal, in un mix micidiale per le difese avversarie. Il secondo, ex Borussia Dortmund, rappresenta il tipico centravanti dotato fisicamente, nonché l’attaccante munito del tempismo necessario per guadagnarsi l’appellativo del rapace d’area per eccellenza. Non ha segnato moltissimo in campionato, ma in Europa League risulta essere davvero spietato: grazie alle 6 reti realizzate in 7 partite, il Villarreal ha potuto navigare, quasi del tutto tranquillamente verso la semifinale. E per concludere, non può mancare una menzione d’onore per il più talentuoso dell’intero undici titolare, il nigeriano classe 1999 Samuel Chukwueze, cresciuto in modo clamoroso da quando Unai Emery si trova alla guida dei gialli.

Non sono i goal a parlare per lui, ma le prestazioni sul terreno di gioco, che non smette di impreziosire attraverso una quantità industriale di dribbling e assist indirizzati ai compagni di reparto. Secondo il noto sito WhoScored.com, il rapidissimo esterno d’attacco detiene l'impressionante dato di 2,6 dribbling riusciti a partita in questa edizione dell’Europa League, accompagnati da 3 assist vincenti ed un goal. Non a caso, il suo valore di mercato si è impennato nel giro delle ultime stagioni, raggiungendo la soglia dei 30 milioni di euro, attenuato soltanto dalla pandemia, che ha rallentato tutto il mondo del calcio. 

Manca poco dunque, a quello che sarà uno scontro epico, in cui si intrecceranno i destini di un allenatore ed una società, finalmente giunti davanti alla tanto attesa opportunità di dimostrare al proprio passato, di essere diventati davvero migliori.