Correva l'anno 1990.
In quell'anno il sottoscritto arrivava a compiere i fatidici diciott'anni. Era l'anno della patente e dei mondiali in Italia. Era l'anno del secondo scudetto del Napoli di Ottavio Bianchi, il Napoli di Maradona, del Milan di Sacchi e di Van Basten capocannoniere, l'anno di uno dei campionati più belli e combattuti fino alla "fatal Verona" per il Milan che vide sfuggire via quello scudetto.
L'Inter era allenata da Trapattoni, terza a pari punti con la Juventus di Zoff allenatore.
C'era il mitico Scoglio sulla panchina del Genoa, Mondonico all'Atalanta, Mazzone a Roma, Maifredi a Bologna e un certo Marcello Lippi a Cesena. Che tempi!!
Si era soliti trovarsi al bar centrale del paese, non erano ancora dei cinesi, per seguire le partite insieme alla radiolina. C'erano i grandi, quelli che è meglio non guardare troppo, poi c'eravamo noi, che ascoltavamo da più distante gli interventi dai campi tramite "tutto il calcio minuto per minuto" commentando qua e là e prendendoci delle occhiatacce dai grandi ogni tanto, ma in realtà ci volevano bene.
Una partita a flipper, una a bubble bubble e intanto arrivavano i primi gol, accompagnati da urla di gioia e da bestemmie venete di rabbia.
Non c'era internet, non esistevano i social network, il nostro social network era il bar e i nostri follower gli amici che erano là.
Si arriva al bar con il Ciao o il Bravo della Piaggio, rigorosamente taroccati con marmitte e carburatori elaborati, sognavamo la Renault 5 GT turbo, o la Peugeot 205 GTI 1,6, o la Fiat Uno Turbo. La passione per le macchine era alta in quegli anni.

Quando la domenica propio non potevamo passarla al bar, perché qualche bella signorina ci dava appuntamento in piazza nel paese grosso più vicino, si partiva sempre tutti insieme, e all'ora della fine delle partite si passava sempre, casualmente, davanti ad un bar che, visto che giocare la schedina era di moda, appena finite le partite, esponeva tutti i risultati su un tabellone, e così passando di là automaticamente il nostro rapporto con le ragazze terminava e iniziavano le discussioni calcistiche in base ai risultati.
Il ritorno nel nostro bar di paese era fissato sempre, senza se e senza ma, per le ore 18:00, perché c'era Novantesimo minuto, condotto da Paolo Valenti, e tanti saluti alle belle donzelle.
Si arrivava al bar, si sentivano le discussioni fin da fuori dei grandi, prendevamo posto in fondo alla sala. Tramezzini, toast farciti e coca piccola, quelli erano i soldi rimasti, e via alla carrellata di gol.

Il campionato finì, ma nell'aria c'era qualcosa di magico quell'anno. C'erano i Mondiali.
Io il giorno della partita inaugurale, Argentina-Camerun, diedi l'esame di guida e presi la patente. Apoteosi, ero uomo a tutti gli effetti. Il bar aveva fatto una pazzia, aveva acquistato un schermo retroproiettore da un sacco di pollici, ma quali TV Qled...
Le notti magiche di Italia 90 erano davvero magiche. Si respirava un'aria incredibile, il bar ogni sera, non solo quando giocava l'Italia, si trasformava in una sorta di curva Sud. Grandi e piccoli, uomini e donne, juventini, interisti, milanisti tutti insieme nella curva del bar. Birre, fior di fragola, coca cola, caffè, amari, Liuk con lo stecco di liquirizia, patatine, tramezzini.
Penso che Paolo, il proprietario del bar, quello schermo se lo sia ripagato in due serate.
Che bello che era. Le ragazze pur di starci vicino venivano al bar per le partite.
C'è da dire che in quei tempi, in paesi di periferia nel Veneto, una donna o ragazza al bar, veniva vista come Cicciolina a catechismo, e noi maschietti nemmeno le consideravamo, vuoi mettere una partita dei mondiali? Tanto loro c'erano anche dopo no? Schillaci con gli occhi da matto, e Baggio ci fecero sognare fino quasi alla fine, ma non importa è stato bello anche così. La finale per il terzo posto è stata comunque una bella gioia.

Sono passati tanti anni, abbiamo ora molti più strumenti, ma quella sensazione, quella magia, quel senso di unione, nonostante le differenti fedi calcistiche, è svanita.
Gli insulti social non esistevano, era tutto più terreno e vero, si discuteva animatamente quello sì, anche qualche litigata, ma tutto finiva lì e alla fine si abbassavano le serrande del bar e tutti a casa.

A proposito, quel GT turbo non l'ho mai avuto, ma quella bella biondina, seduta in un angolo che mi guardava timida e rossa dalla vergogna per essere entrata in un bar, ora sta dando il biberon del latte a nostro figlio sul divano.