"In God we trust" è il motto degli Stati Uniti d'America e della Florida, apparso anche nelle banconote e nelle monete nazionali. E visto che Ibrahimovic si considera e viene considerato, sportivamente parlando, una sorte di divinità (guardare i suoi post e le sue foto sui social con tanto di didascalia inequivocabile), ne danno conferma. Parafrasando la storica frase cara agli americani è il minimo per poter raccontare ancora una volta di lui e delle sue prodezze.
In campo con Ibra, il Milan ha una marcia in più. E non parlo dell'apporto quantitativo dello svedese che, con saggezza, centellina al meglio la sua età e il suo recupero fisico, ma bensì dell'apporto qualitativo in termini di giocate e leadership. L'atleta, una volta ritornato a Milano, ha dato sempre l'idea di un professionista serio e autorevole capace di immergersi totalmente nel mondo Milan. Il primo ad arrivare al campo e l'ultimo ad andare via, ma soprattutto una vita esemplare e monacale.
I suoi 39 anni ci sono tutti e la condizione, post infortunio, non è ancora al meglio. Ma, dal suo ritorno, tutti i compagni hanno tratto beneficio dalla sua presenza e dal suo carisma. Chiedere a loro, prima di tutto, cosa pensano dell'apporto di Ibracadabra nello spogliatoio. Parleranno di un compagno di squadra pronto a dare un aiuto e consigli utili per la crescita personale di ognuno. Di un calciatore che si è messo a disposizione, dal primo momento in cui è sbarcato a Milano, per arrivare a centrare gli obiettivi prefissati dalla società.
Rientrato in campo contro la Spal, una partita che il Milan avrebbe dovuto vincere, anche per i numerosi tiri effettuati, ma gli errori e l'inesperienza hanno portato la squadra di Ferrara a ritrovarsi (per caso) avanti di due reti a zero. Alla fine il rientro dello svedese è stato propizio nonostante il poco minutaggio, ma tanto è bastato per guidare i suoi compagni dal campo e propiziare l'autorete che ha sancito il risultato finale sul 2 a 2.
"Il nostro" si è ripetuto sabato sera, nel match contro la Lazio, stavolta schierato dal primo minuto da Mister Pioli, ben sapendo che non avrebbe potuto giocare per tutti i novanta minuti. E anche stavolta lo svedese si è fatto notare positivamente. Autore dell'assist per il primo gol del Milan (Calhanoglu), gol annullato per evidente fuorigioco e rigore trasformato (con brivido) sono state le note positive sul campo. Ma anche dalla panchina Ibra si è fatto sentire. Eccome si è fatto sentire. Lo vedevi incoraggiare la squadra e dare consigli come un novello Mister che guida i suoi ragazzi dalla panchina. Questa è la dimostrazione della versione Ibra 2.0 che abbiamo ammirato quest'anno e che forse non abbiamo mai visto nel corso delle precedenti stagioni.
Consci del fatto che non sarebbe arrivato quel giocatore che dieci anni fa vinceva le partite con il suo estro e le sue giocate, fino ad ora abbiamo visto un campione che guida i suoi discepoli e non li lascia soli nelle difficoltà. Non il vecchio Ibra, arrabbiato col mondo al primo errore ma una persona comprensiva che incoraggia e motiva i suoi compagni. Uno di loro e non uno superiore a loro. Uno che tutti cercano e si fidano. Una divinità insomma.
Il "vecchio" campione che è asceso ad un livello più alto. Un livello dove, grazie al suo allenamento, le prove precedenti sono state superate, raggiungendo una sorta di purificazione interiore che lo porta ad essere "migliore" e comprensivo con gli altri.
E dopo aver sovvertito insieme ai compagni un pronostico che li vedeva sfavoriti contro la Lazio, ora il prossimo obiettivo e finalizzato alla gara di martedì contro la Juventus. Una gara assolutamente da vincere o comunque da giocare al meglio per poter continuare la scalata verso posizione europee che competono al club. Una gara da Ibrahimovic, assente per squalifica nella sfida di ritorno di Coppa Italia, voglioso di dare il suo contributo prima di salutare la compagnia.
Eh sì, perché le otto partite che mancano per finire la stagione saranno probabilmente le ultime gare con la maglia del Milan. Le voci di un suo ritorno in patria sono sempre più frequenti e quella di martedì potrebbe essere l'ultimo grande match in Italia o della sua carriera. Salvo prova contraria, perchè Ibra a volte ci stupisce con delle scelte impreviste e impensabili. In questo momento le chance sono poche perchè per un motivo o per un altro le strade sono lontane e propense a dividersi. Alcuni ritengono che le scelte societarie non contemplino la presenza di Ibra nel prossimo ciclo rossonero. Altri ritengono che sarà proprio Ibrahimovic a non prendere in considerazione l'idea di rinnovare e di finire così la carriera all'Hammarby, di cui detiene quote societarie, che gli permetterebbe di rimanere vicino alla sua famiglia.
Una scelta di rinnovamento del Milan che verrà, che però meriterebbe di valutazioni immediate visto l'apporto che ancora riesce a dare alla causa. E' vero, la carta d'identità non aiuta, ma è anche vero che è cambiato il modo di giocare dello Svedese. E se è vero che nel calcio moderno non conta chi corre molto, ma chi corre bene, Ibra fa parte sicuramente di quest'ultima categoria. Sempre nel vivo del gioco, capace di andare a prendere palla sulla trequarti e impostare per i compagni e di trovare soluzioni per risolvere problematiche relative a marcature strette. E sabato sera, se Acerbi è stato un cliente scomodo al centro dell'area di rigore, la soluzione è stata spostare il suo raggio d'azione un pò più indietro.
Se la palla non va a Ibra, Ibra va incontro alla palla e... Ed il risultato è sempre lo stesso!
Ecco perchè, nonostante tutto, io un pensierino per la prossima stagione lo farei. Certo non a cifre altissime che sarebbe meglio utilizzare per i rinnovi di Donnarumma e Romagnoli. Ma un tentativo andrebbe fatto. Come diceva Rocky, "ancora un altro round" perchè se finalmente riesci a vedere dei piccoli risultati, da questi devi ripartire e non cancellare tutto e ricominciare sempre da zero. 
E a chi continua a ripetermi della storia dei giovani, continuo a ripetere che sono favorevole a quest'ultimi, a condizioni che siano forti ed abbiano carattere, altrimenti si perdono. E per aiutarli c'è bisogno di personaggi come Ibrahimovic, di questo Ibrahimovic, che conosce l'ambiente e sa come veramente aiutarli in campo e fuori.
E sicuramente lo farà anche contro la Juventus perchè nel mirino non c'è solo l'ultimo posto disponibile per l'Europa League (anche questa settimana i risultati hanno premiato il Milan, vista la sconfitta di Verona e Parma che stanno per essere raggiunti da Bologna e Sassuolo), ma anche il sesto posto occupato dalla Roma. La squadra di Fonseca viene dall'ennesima sconfitta (Milan, Udinese e Napoli) e si ritrova il fiato sul collo di un Milan che proverà a portargli via la posizione in classifica. Per fare questo occorre fare punti contro Juve e Napoli che facevano parte di quel trittico di partite che i rossoneri dovevano affrontare. Ma tutte le altre otto gare rimaste sono finali da giocare e Ibra questo lo sa. 
Ma un passo alla volta e il primo ostacolo si chiama Juventus, stavolta con un Ibra in più. Con la sua forza e con la sua energia, con il suo essere campione in campo e fuori. Lo stesso Pioli riconosce sia il più forte giocatore che abbia mai allenato e anche i suoi compagni spendono elogi nei suoi confronti.
Per la sfida contro i bianconeri servirà la partita perfetta ed una squadra unita dietro il suo condottiero che li guiderà a suo modo. Perchè le divinità non prendono mai pause e fanno miracoli.
E stavolta ne servirà davvero uno grande.
In God (Ibra) we trust! Ora e sempre!