Diciamoci la verità: del derby di Coppa Italia perso nel recupero, alla fin fine, non frega quasi nulla a nessuno.
Non voglio interpretare la parte della volpe della celebre favola di Esopo, ma l'uva dei quarti di finale della nostra coppa federale, onestamente e fuori da finzioni sceniche, mi pare davvero abbastanza acerba.
Avrei preferito vincere? Sì.
Avrei preferito andare in semifinale? Ovvio.
Avrei preferito eliminare i cugini nerazzurri anche da questa competizione? Ci mancherebbe.
Mi strappo le vesti? No, no, no. 

Fine, andiamo avanti ed arriviamo al vero nocciolo della questione: le polemiche scaturite dalla quasi-rissa tra Zlatan Ibrahimovic e Romelu Lukaku alla fine del primo tempo, sul risultato di 1-0 per il Milan (con gran gol, guarda un po', del quarantenne gigante svedese).

Premessa. Non si tratta di una rissa ma di una quasi-rissa, giusto i prodromi di una triste, ma memorabile scazzottata che non si realizza e non si realizzerà mai: i due, entrambi messi decisamente bene in materia fisica ed atletica, se le promettono ma non se le danno. Ed è un particolare non da poco, visti i titoli dei giornali cartacei ed online di queste ore: nessuno si è fatto male, nessuno ha alzato un dito contro nessuno, ognuno è rientrato a casa propria in tranquillità e sulle proprie belle gambe muscolose da atleta professionista iper-milionario. Basta far passare messaggi sbagliati, in modo subdolo, solo per attrarre qualche lettore o qualche click in più: non è volato neanche uno schiaffetto e se dovessimo basarci solo sulle parole, la storia dell'umanità sarebbe andata molto diversamente.

Svolgimento. L'Inter sta perdendo la partita e Lukaku, nel finale di un primo tempo sostanzialmente equilibrato ma giocato meglio dai rossoneri, subisce un normalissimo fallo di gioco da Romagnoli. L'attaccante belga, non si capisce bene il perchè, inizia a protestare in modo veemente e caotico, nonostante la natura del tutto veniale della scorrettezza che l'arbitro, oltretutto, ha prontamente sanzionato con un giusto calcio di punizione in favore dell'Inter. E' Lukaku che cerca insistentemente il capitano del Milan, per un confronto fisico: non viceversa. Si mette in mezzo Saelemaekers per sedare gli animi e lo stesso Lukaku lo spinge via. Ci sono le immagini Rai a testimoniare il tutto: non si tratta di punti di vista soggettivi.
A questo punto, e solo a questo punto, interviene Zlatan Ibrahimovic.
Il fattaccio. Ibra e Lukaku hanno giocato per una stagione insieme, al Manchester United, scendendo in campo insieme solo in sette occasioni, senza mai segnare un gol. I rapporti tra i due pare che fossero già abbastanza complessi e la stima reciproca non certo eccelsa: si dice che Ibra avesse promesso al giovane collega 50 sterline per ogni stop azzeccato. Ma torniamo sul fatto del giorno: il belga è in evidente stato di agitazione, Ibra lo cerca con lo sguardo e gli ride in faccia in modo provocatorio. Ed aggiunge (in inglese): "Chiama tua mamma, vai a fare i tuoi riti voodoo di merda, piccolo asino". Perchè questo riferimento ai riti voodoo? Spieghiamolo meglio. 
Siamo nel 2017, in Inghilterra desta molto scalpore il fatto che Lukaku rifiuti di rinnovare il contratto col suo club dell'epoca, l'Everton, nonostante un copioso aumento di stipendio. Il motivo è che sua madre Adolphine, donna di origine congolese, in un rito voodoo avrebbe ricevuto il suggerimento di far firmare il figlio con il Chelsea. Poi Lukaku lascia effettivamente l’Everton, ma si trasferisce allo United, trovando proprio Ibra con in quale non nasce l'amicizia (vedi sopra). Va detto che Lukaku ha sempre smentito questa versione dei fatti, ma la voce messa in giro dalla dirigenza dell'Everton ha avuto una certa risonanza. Ecco i motivi del riferimento al voodoo. Si parla di un fatto noto, sopratutto in Inghilterra dove i due vivevano insieme qualche anno fa.
A questo punto Lukaku, che capisce il riferimento, risponde con toni non certo concilianti: "Parliamo di tua madre, è una putt***". E poi: "Mi sc*** tua moglie, putt***". Più di qualcuno riferisce anche di un "Ci vediamo negli spogliatoi, ti sparo in testa", ma non abbiamo trovato materiale audio-video a prova di ciò. Vengono ammoniti entrambi: l'arbitro Valeri è là, vede e sente tutto, ritenendo il cartellino giallo come soluzione migliore per entrambi. La ressa continua fino all'ingresso del tunnel, alla fine del primo tempo, quando i rispettivi entourage riescono a dividere i due ed a calmare gli animi. Purtroppo ad inizio ripresa, un fallo a centrocampo di Ibrahimovic su Kolarov viene sanzionato con il secondo giallo ed il fuoriclasse svedese lascia i suoi in dieci, dando il via alla rimonta dell'Inter.
Un breve inciso, fuori dal senso di questo articolo, ma doveroso viste le polemiche dei giorni passati (vedi titoli bambineschi de La Gazzetta dello Sport, vedi sondaggi imbecilli di Sportmediaset, vedi dichiarazioni di Gasperini che finisce sempre per commentarsi da solo). Il Milan resta in 10 ad inizio ripresa per un fallo a centrocampo di un giocatore già ammonito, che nel 99% dei casi avrebbe ricevuto un richiamo verbale, prima di un altro cartellino che avrebbe inevitabilmente cambiato le sorti della partita e probabilmente del torneo: invece Ibrahimovic, al contrario (per esempio) di un Betancour qualsiasi, viene ammonito per la seconda volta e mandato negli spogliatoi. Poi l'Inter pareggia per un rigore, probabilmente giusto, assegnato dal VAR dopo un check "a palla in movimento" durato almeno un minuto: immaginiamo tutti insieme la reazione della panchina interista, a parti invertite. Poi l'Inter vince, su un calcio di punizione probabilmente giusto, al sesto di dieci-dico-dieci (giustificati) minuti di recupero: ricordiamo che Conte, sabato in campionato, si è fatto espellere per una questione relativa ad un minuto in più o in meno di recupero. Immaginiamo avesse perso così. Immaginiamo e dimentichiamo. Ed andiamo avanti. Chi è Zlatan Ibrahimovic. Accusare quest'uomo di razzismo è un'idiozia che classifica come idioti tutti quelli che affermano una cosa del genere, etichettandolo magari come "zingaro" in un cortocircuito politico-culturale che sarebbe risibile se non fosse così triste. La sua storia personale parla per lui. "La mia religione è il rispetto delle religioni degli altri",  ha sempre affermato. Mamma croata cattolica, papà bosniaco musulmano, cresciuto a Rosengard, il ghetto di Malmoe, da immigrato povero: "Due porte, un campetto, un pallone. A Rosengard si stava tutti insieme". Chiamato "zingaro" da chi, oggi, gli dà del razzista senza conoscere la sua vita prima del grande successo nel mondo dello sport ai massimi livelli. E senza considerare che Lukaku, oltre la faccia da bravo ragazzone, non è certo rimasto fermo a farsi ridere in faccia: ha contrattaccato, ha insultato, ha minacciato di revenge sex e, probabilmente, spari in testa (ovviamente metaforici, parliamo di cose di campo...).  Quindi basta stupidaggini politically correct, basta buonismi a senso unico.

Difendo Zlatan, vero uomo di sport, vero uomo venuto dalla strada. Zlatan che ha chiesto scusa ai compagni, negli spogliatoi, per averli lasciati in dieci. Zlatan che ha ribadito, ai compagni, di non aver pronunciato alcuna espressione razzista. Zlatan a cui nessuno ha mai regalato nulla, nella vita come nella professione. 
 Zlatan che non arretra di un centimetro rispetto alla prossima battiglia, in campo e fuori.