L’estate del 2018 ha avuto un grande protagonista: Cristiano Ronaldo. Il suo trasferimento alla Juventus ha cambiato completamente il campionato italiano: le audience e il livello sono aumentati, ma la competitività si è notevolmente abbassata, soprattutto per quanto riguarda la lotta al primo posto. E ad agosto si pensava che vi fosse un unico favorito al titolo di capocannoniere: ovviamente, stiamo parlando di Ronaldo, che veniva da stagioni strepitose con la Camiceta blanca, in cui era riuscito a segnare anche più di 40 goal in una stagione. Numeri irraggiungibili per I giocatori della Liga e della Serie A. O almeno così pensavamo.

Quando decise di accettare questa sfida, come la definisice lui stesso, il mondo del calcio rimase allibito: il Real e il campionato spagnolo perdevano il loro giocatore migliore (insieme a Messi), mentre la Juventus acquistava l’uomo Champions per eccellenza. L’inizio non fu propriamente dei migliori e si notavano le sue prime difficoltà nell’adattarsi ad un campionato come quello italiano, che fa delle difese ferree e delle marcature stringenti le sue armi migliori: infatti il portoghese assisteva prontamente I compagni, ma, nonostante fosse il giocatore con più tiri in Europa, il suo goal score recitava zero. Un trend preoccupante, dettato soprattutto dal fatto che la maggior parte dei suoi tiri provenivano dall’esterno dell’area di rigore, sintomo di un inadeguatezza nello smarcarsi dai difensori avversari, letteralmente “appiccicati” a CR7, ma anche di un affinità che ancora mancava con i compagni di squadra. Infatti già ad ottobre il vero Ronaldo era tornato a calcare i campi da gioco, segnando con una continuità spaventosa, mentre in Champions compariva solo la copia sbiadita del campione portoghese, almeno fino a prima della spettacolare tripletta con cui ha distrutto le speranze dell’Atletico Madrid. Ma ad oggi sono emerse definitivamente altre quattro certezze offensive: Piatek, Zapata, Milik e Quagliarella. E proprio quest’ultimo rappresenta il caso più eclatante.

Fabio Quagliarella nasce a Castellamare di Stabia in un freddo 31 gennaio. L’anno è il 1983. Inizia a dare i primi calci al pallone nelle giovanili del Torino, esordendo il 14 maggio del 2000, a 17 anni, contro il Piacenza. All’epoca rappresentava uno dei talenti più luminosi, però nel 2002 aveva deciso di farsi le ossa nelle serie minori, in una realtà meno impegnative del Torino dell’epoca, che galeggiava fra Serie A e Serie B. Le esperienza alla Florentia Viola e al Chieti gli donarono esperienza e continuità, che era mancata nei 3 anni in maglia granata, dove aveva collezionato solo 5 presenze in campionato. Intanto si fece la trafila delle selezioni giovanili italiane, arrivando nel 2004 a guadagnarsi l’Under-21 e, rientrato dai vari prestiti, una maglia da titolare nel Torino, grazie all’ultima stagione al Chieti, in cui fu capace di segnare 17 goal. Nel 2005 aiutò i granata a riconquistare la Serie A, grazie ad un ottimo campionato giocato da seconda punta, alle spalle di Marazzina, tuttavia, a causa di dissesti finanziari, il 15 luglio la federazione negò al Torino la promozione, costringendo un Quagliarella in rampa di lancio a cambiare squadra, passando all’Ascoli, dove giocherà da titolare, non riuscendo però a replicare le ottime prestazioni dell’anno prima. Da qui partirà la sua Odissea per l’Italia, che lo porterà prima a Genova, sponda blucerchiata, poi ad Udine, ed infine nella sua Napoli: 4 stagioni, 3 squadre, 44 goal segnati fra tutte le competizioni e una reputazione da attaccante fantasioso e continuo confermata. L’ultima stagione all’ombra del Vesuvio, purtroppo, gli fu fatale: uno stalker in alcune lettere lo accuso di rapporti sessuali con minori, costringendo de Laurentiis a venderlo contro la sua volontà per evitare un possibile scandalo. La cessione alla Juventus venne accolta con diffidenza dall’ambiente bianconero, che si aspettava una punta di tutt’altra caratura, e con rabbia dalla tifoseria partenopea, che lo definì un “traditore”, insulto per il quale si è scusata solo di recente. Giocò 4 stagioni con la Vecchia Signora, vincendo 3 Scudetti e 2 Supercoppe, non riuscendo tuttavia a garantire il numero di goal che ci si aspettava. L’ultima stagione, la peggiore in termini realizzativi, con appena un goal segnato in campionato, ne decretò la definitiva cessione al Torino, per 3,5 milioni di euro. Un ritorno vincente, che rigenerò l’attaccante campano, capace di andare in doppia cifra alla prima stagione in granata: un traguardo che gli mancava da ben 5 anni. Trascinò la sua squadra ad un discreto nono posto in Campionato, mentre in Europa League il cammino si concluse agli ottavi di finale, con Quagliarella miglior attaccante del Toro grazie ai suoi 4 goal. La stagione successiva l’attaccante mantenne una buona media goal, che attirò le attenzioni della Sampdoria, interessata all’ingaggio di un attaccante d’esperienza, e l’1 febbraio il patron blucerchiato riuscì a strapparlo in prestito con obbligo di riscatto. Un acquisto che si rivelerà vincente.

Il ritorno alla Sampdoria fu una vera e propria manna dal cielo per Quagliarella, che tutti pensavano sulla via del declino. La prima stagione fu di ambientamento, ma già dalla seconda si intravide un giocatore capace di fare la differenza anche ad alti livelli: 12 goal segnati e una vena realizzativa ritrovata. L’anno dopo Quagliarella distrusse il suo precedente record di marcature in Serie A, segnando 19 goal, offrendo spesso spettacolo ai tifosi blucerchiati, che avevano trovato l’attaccante che mancava dai tempi di Montella. Il 20 novembre 2017 raggiunse quota cento nei goal segnati in Serie A, confermandosi un attaccante che aveva raggiunto la maturità calcistica estremamente tardi. In altre parole, Fabio Quagliarella è una nuova qualità di vino: invecchiando, diventa estremamente acido per I tifosi avversari, mentre ha un sapore dolce, con toni leggermente agrumati, per chi lo sa apprezzare. Ma parlando sinceramente, da italiani possiamo solo amare il giocatore di Castellamare di Stabia, che ormai è entrato nei nostri cuori, portando quella voglia di giocare che mancava dai tempi (migliori) di Inzaghi. La stagione in corso ci ha dimostrato che Quagliarella non ha ancora raggiunto la massima maturità calcistica: è andato in goal per 11 gare di fila a 35 anni, eguagliando così il record di Batistuta, che tuttavia all’epoca aveva ben dieci anni in meno del giocatore blucerchiato; questa domenica non ha segnato, ma ha dimostrato la sua importanza negli schemi di Giampaolo, essendo capace di svariare su tutto il fronte d’attacco, con una corsa e una voglia encomiabili, oltre che con un fiuto del goal invidiabile; ha confermato la sua affinità con goal spettacolari, segnando un goal in rovesciata e due di tacco, di cui si ricorda quello contro il Napoli; il suo score recita 21 goal e 7 assist, numeri superiori a Ronaldo, che lo pongono secondo nella classifica per la Scarpa D’Oro, dietro ad un certo Lionel Messi; infine, si è guadagnato la maglia azzurra, dopo 9 anni dall’ultima convocazione, segnando anche una doppietta nell’ultima partita. Insomma, Giampaolo ha il merito di aver fatto rinascere un talento senza tempo, uno dei più luminosi dell’ultimo decennio, che non ha mai avuto la possibilità di esprimersi per cio che è, cioè un attaccante capace di giocare in ogni posizione offensiva, che sia prima punta, seconda punta, trequartista o esterno, ma sempre con la massima libertà creativa. In pratica, Fabio deve avere la licenza di fare ciò che vuole in attacco, quando vuole e come vuole. Solo così riesce ad esprimere tutto il suo sfolgorante talento. L’ultimo esempio è recentissimo: ieri sera al Ferraris, coaudivato da un Defrel in stato di grazia, è riuscito ad ammattire tutto il reparto difensivo dei rossoneri, uno dei più solidi in Europa, grazie alla sua voglia senza età. Ma il suo straordinario rendimento dovrebbe suonare anche come un campanello per il calcio italiano: com’è possibile che un 36enne sia in grado di segnare più goal di un qualsiasi giovane? Inoltre non è il primo caso del genere: è ancora vivo nelle menti dei tifosi veronesi il ricordo di Luca Toni, capace di vincere la classifica marcatori con una squadra che lottava per non retrocedere. Intanto giovani di grandissimo talento, come Cutrone e Kean, sono costretti a sedersi in panchina: ovviamente non si può paragonare la voglia di questi con quella di Quagliarella, che ringhia sulle caviglie degli avversari dal primo all’ultimo minuto, con grande esperienza. Tuttavia l’attaccante della Sampdoria rimane un eccellente esempio per I giovani: non a caso, nel 2018 ha ricevuto il Premio Nazionale Carriera Esemplare, intitolato a Gaetano Scirea, degno trofeo per un’esistenza completamente regalata al calcio. Un premio vinto in passato da campioni come Del Piero, Maldini e Zanetti. Perchè adesso siamo sicuri che l’Italia ha avuto davanti, per molti, troppi anni, un fuoriclasse assoluto, che avrebbe aiutato la Nazionale e tutto il calcio italiano in questi anni di crisi, se solo ne avesse avuto la possibilità. E adesso che la Sampdoria gliel’ha data, ne sta cogliendo tutti I frutti. A Genova, sponda blucerchiata, I tifosi possono gustare un nuovo vino, classe 1983. Si chiama Fabio Quagliarella, cantina di Castellamare di Stabia.