Era luglio del 2006. Ero in vacanza con la famiglia Van Hanegem, lui che fu un calciatore storico, simbolo del Feyenoord e attore nella finale dei Mondiali del '74, purtroppo persa al cospetto di una Germania trascinata dal fenomeno Gerd Müller. Il figlio di Willem, anch'egli detto Willem, era un mio compagno di classe alle scuole medie in Olanda e, siccome condividevamo molte passioni (tra cui l'arte balistica), non era difficile che si sviluppasse una stretta amicizia.

Mi trovavo in Toscana, in un campeggio a Figline Valdarno. Un campeggio carino, ma prevalentemente frequentato da olandesi e quella sensazione di essere nel Belpaese sovente mi veniva a mancare. Ogni giorno andavo al bar del campeggio per aprire quella raccolta di notizie dal color rosa, che in Olanda spesso viene nominata 'de Italiaanse sportbijbel', la bibbia sportiva italiana.
Cercavo notizie su Madama, come un cavaliere che ignora il luogo della presenza fisica della sua amata in tempi di guerra ed erra per i campi. Nulla ancora, interviste vecchie, minacce di retrocessione, tante notti insonni. Successivamente, come le urla di un uomo moribondo le cui ferite si riveleranno fatali, mi arriva la stangata. La Juventus dovrà ripartire dalla serie cadetta. Ricordo l'esatto momento come fosse una fotografia captata dalla mia retina. Ero con mio padre in pizzeria e c'era lì, all'angolo di un tavolo riservato, la Gazzetta, ominosa ma con grande potere d'attrazione.
Tanti anni di passione e senso di appartenenza resero quell'istante infernale, simile alla reazione di Achille all'udir della caduta del suo amato Patroclo. In un anno la Juventus riuscì a risalire in Serie A e la maglietta celebrativa "bastA" rievoca le difficoltà di quel periodo storico, tragico, ma storico. Mia madre per telefono comunicò a mio padre il divorzio, rientrata prima dalle ferie per non lasciare la casa troppo tempo vuota, custodita solo dalla contumacia della nostra presenza materiale.
Per distrarmi accendo la televisione. Il servizio. Juve, così non va, è 1-1 a Rimini. Segnano Paro e Ricchiuti. Rien ne va plus. Il divorzio si materializzò 2 anni dopo quella partita, quell'attimo fugace a cui il tempo ha riservato un piccolissimo spazio nel suo tempio infinito. La Fidanzata D'Italia risale e comincia la lotta per tornare ai vertici. Nel frattempo ero tornato in Olanda. Andavo all'università ma dovevo affrontare i tanti litigi in casa, litigi per il passato, per un tradimento che avevo spesso comparato al 'ook gij, Brutus, mijn zoon', anche tu Bruto, figlio mio.

L'amore e la consapevolezza dell'essere un ensemble erano svaniti e stati rimpiazzati dal dubbio, dal pianto e da una sensazione di je ne sais quoi. La Juventus, dopo alcuni anni da seconda e terza forza della Serie A, scivola nell'anonimato e niente riesce a lenire il cuore lacerato. Acquisti errati e una juventinità ridicolizzata dall'armata brancaleone che battaglia dopo battaglia usciva sconfitta perfino dinnanzi ad armate ampiamente alla loro portata. Indossavano la gloriosa maglia zebrata senza mai dare la sensazione, in scontri sulla carta magari proibitivi, di voler colmare il gap tecnico con la sana voglia di mangiarsi perfino l'erba per appropriarsi il trionfo sul prato verde.
Allo stesso modo, nonostante tentativi di riconciliazione, il legame tra i miei fu spezzato e le lacrime fluivano invano. Non poco ascoltai l'inno celebrativo, parole che ornavano le mie serate cupe, grigie e le loro verba mi rallegravano anche senza essere accompagnate dalle gesta dei nostri undici ormai ammansiti psicologicamente che il mister mandava nel rettangolo verde ad insudiciare la storia bianconera. 26 febbraio del 2011. Dopo le tante prestazioni nefaste arriva un'altra sconfitta casalinga, stavolta il Bologna è corsaro a Torino grazie alla doppietta di Di Vaio. Non riuscivo più a vedere la mia Juve, ma continuavo a vederla, l'amore per Madama era (ed è) più grande di qualsiasi avversità. In quell'estate, mentre ero a Trani in Puglia, terra natìa di mio padre, la Juventus decide di incaricare il nostro vecchio capitano Antonio Conte di eseguire una sola missione: riportare il tricolore sul petto di Madama. In concomitanza con la sua assunzione, viene anche inaugurato il nuovo stadio che, negli anni venturi, si rivelerà autentico fortino bianconero. Sotto la guida di Conte la Juve conquisterà 3 scudetti in patria ridando gloria e fama alla Zebra.
Ma impresso nella mia mente rimarrà in particolare il primo scudetto, soprattutto perché inatteso, insperato. L'unico ostacolo a poche giornate dalla fine sembrava potesse essere solo la Roma, ospite allo Stadium ma spazzato via caparbiamente con un Vidal mostruoso. Mio padre in quel momento affittava una stanza in casa, tollerato da mia madre e spesso difeso dal sottoscritto perché non intervenisse la polizia o i vicini. Il nostro gaudio comune, dopo gli anni bui, gli anni di sofferenza, di separazione dal "familiare" e catapultato verso l'oscurità dell'ignoto, era il coronamento del sogno tricolore. Trieste, 6 maggio 2012. Il sogno si avvera, la Juventus conquista sul campo lo scudetto e le lacrime vengono versate copiosamente. Il torpore è finito. L'incubo finisce qui, in questa data. Ora riconosco di nuovo il vero bianco e nero. Il gioco di Conte entusiasma. Il modo in cui in ogni partita avessi la sensazione di poter vincere e di essere superiore (oltre a prendere pochi gol) era simile al ritorno a casa di Ulisse; Itaca, dolce Itaca. Rimembro sovente quelle partite in cui, davanti allo schermo di una televisione piccola ma piacevole, la Juventus sembrava linguisticamente l'accusativo e non il nominativo della frase; subìva invece di imporre. Ora Madama, malgrado non avesse dei campionissimi sulla carta, riusciva ad imporre il suo gioco perché i giocatori, spronati dal condottiero Conte, erano dei campioni nel cuore - je speelt niet alleen met je hoofd, maar vooral met je hart non giochi solo con la testa, ma soprattutto con il cuore - ed era una delizia per gli occhi onorando la maglia in tutto e per tutto.

Grazie Antonio per averci ridato gloria, per averci ridato gli occhi della tigre, per aver ridato la juventinità alla Juventus, un abito che Madama aveva per troppo tempo dimenticato di indossare. Dank je wel.