Eravamo quattro amici al bar cantava il maestro Gino Paoli nel lontano 1991. Decisamente un buon modo per rilassarsi davanti ad un microfono plasmato di onore, ricco di note e di relax, come del resto testimoniava il brano scritto dall’artista originario di Monfalcone.
A distanza di anni, con il rap ridicolo di Achille Lauro e la non musica di Mahmood che vince Sanremo in un baratro di inganni, verrebbe da cambiare la terminologia del compositore baffuto in “eravamo quattro amici al Var”. Sicuramente una parodia che si addice a quanto accaduto ieri sera al termine di Fiorentina-Inter, con l’arbitro Abisso protagonista nell’aver assegnato un rigore inventato e piombato dalla presunzione e dalla paura del processo del lunedì, per dirla alla Biscardi.
In una Firenze stracolma di amore per il football e incoraggiata dall’adrenalina dei rappresentanti del calcio storico fiorentino che come di consueto popolano il pre-partita della squadra toscana, si affrontavano due squadre in cerca di risposte; da una parte i padroni di casa, poggiati su Simeone e sul ricordo di Davide Astori, dall’altra l’Inter di Spalletti, in netta ripresa nelle ultime partite. Insomma, una sfida importante che si è conclusa con un totale di 6 reti, ma che ha lasciato inevitabilmente strascichi nell’animo degli interisti per il doppio vantaggio non gestito nel migliore dei modi, ma soprattutto per l’ennesima decisione arbitrale che non ha permesso ai ragazzi del tecnico di Certaldo di portare a casa i 3 punti. Procedendo con la calma che contraddistingue il Barcellona, per citare un campionato serio, chi ha visto la partita avrà sicuramente notato che la battaglia del Franchi si è portata dietro fattori ambientali, comportamentali e anti-sportivi soprattutto per le scuole calcio.

IL VENTO FIORENTINO

Nella terra dantesca fiorentina un fattore chiave è stato sicuramente il vento, colpevole in alcune circostanze di aver smorzato la traiettoria della palla verso la casualità più estrema. Il flusso agitato ricco di aria fredda che avvolgeva il Franchi si è reso protagonista, assieme alle incertezze della difesa dell’Inter, di aver agevolato il vantaggio viola con Chiesa lanciato in area e Simeone pronto a colpire, complice anche una deviazione di Stefan De Vrij. Insomma, Fiorentina-Inter ha incarnato l’atmosfera del capoluogo toscano con quelle pressioni atmosferiche tipiche della concezione dantesca nei 3 regni ultraterreni; insidie provenienti da ogni angolo, lanci sballati e giocate rischiose, spesso poco pertinenti.

LA FOLLIA DI CHIESA

Il posticipo della 25esima giornata verrà ricordato anche per il comportamento mostrato da Federico Chiesa, elogiato da Luciano Spalletti nella conferenza stampa dello scorso sabato. Il talento viola si è dimostrato attivo nel correre su ogni pallone, ma allo stesso tempo animato da una dose di follia che non fa bene al calcio italiano e ad una nazionale che vuol tornare a dire la sua con professionalità e orgoglio.
Proteste su proteste, tuffi plateali che incarnano la magia di Tania Cagnotto e metafore inguardabili nei confronti di arbitro e avversari. L’esempio che più di tutti ha evidenziato il bambino nascosto dell’attaccante è rappresentato dalla parola “buffone” rivolta soprattutto verso Lautaro Martinez, reo di essersi accasciato a terra senza motivo nel corso del secondo tempo. Rivedendo le immagini, si nota il colpo che subisce il Toro da parte di Vitor Hugo in area, anche se, trattandosi di un contrasto pulito l’arbitro giustamente non può intervenire; resta comunque lo scontro e conoscendo il bomber argentino come un lottatore umile, si capisce chiaramente che buffone è chi grida allo scandalo, non chi subisce il colpo. Per non parlare del pianto epocale, quasi geloso che ha portato l’arbitro Abisso ad assegnare il regalo di fine febbraio ai padroni di casa.

VAR SENZA REGOLE

La domanda che tutti si pongono da due anni a questa parte è: Var o non Var? Da appassionato di Premier League riconosco che il Var toglie l’adrenalina della sfida per immettere il silenzio del controllo, oltre alla sospensione temporanea della partita. Ciò non toglie che, se usato bene, rappresenta una certa dose di giustizia cercata nel corso del tempo anche dai più grandi giornalisti che ora risiedono accanto agli angeli del cosmo. Il problema però è che quando la povertà arbitrale e la scarsa personalità influiscono nel finale di una partita così importante, è assolutamente normale che iniziano a piovere critiche e riferimenti ad altri tornei. Già durante la diretta, chi capisce un poco di calcio si è reso conto che il tocco di Danilo d’Ambrosio su cross di Chiesa è nettamente con il corpo; l’arbitro Abisso non aspetta un secondo, fischia come se non ci fosse un domani e assegna il rigore. Qui viene il bello: i giocatori dell’Inter, capitanati da Samir Handanovic, accerchiano il direttore di gara, che decide dopo qualche istante di andare a vedere il tocco nella macchina della verità. Nel frattempo due tra i più grandi telecronisti della squadra di Sky, Maurizio Compagnoni e Luca Marchegiani, affermano che l’intervento di D’Ambrosio è regolare e non c’è motivo di assegnare un calcio di rigore. Abisso guarda, attorno a lui si posizionano quaranta curiosi e dopo il gesto del Var conferma la sua decisione.
Semplice curiosità: che cosa ha visto al monitor? Il tocco di petto o i polpastrelli dell’andata che si sono mischiati alla sfida di ritorno? Fatto sta che il rigore viene assegnato e la Fiorentina, nel nome di Veretout pareggia una partita che meritava di perdere. Il problema di tale decisioni non si risolve mettendo di mezzo altre squadre, ma facendo un po’ di chiarezza. Così come i calciatori pagano a seguito di dichiarazioni o giocate irregolari con una sanzione, non è possibile che la classe dirigenziale arbitrale non intervenga in nessun modo su un errore plateale che ha rovinato un match epocale che poteva e doveva essere indirizzato in un altro modo. Al termine della partita tocca ai soliti allenatori presentarsi davanti ai giornalisti per analizzare quanto è successo, mentre il direttore di gara se ne torna a casa convinto di aver preso la decisione giusta. Spesso si sente parlare di meritocrazia e imparzialità, ma esiste davvero? Forse in Inghilterra e in Germania, dove anche le scuole sono organizzate in modo diverso e migliore rispetto alle nostre. Ma nel nostro amato paese, in un campionato che dispone di squadre storiche come Juventus, Milan e Inter, non è possibile rovinare sfide per la povertà arbitrale, seguita poi anche dal silenzio. Quanto è successo ieri sera è clamoroso e tra il vento, la follia e la bella partita che è stata nel complesso, si posiziona il direttore di gara che ha spostato gli equilibri; resterà la prestazione e, teorizzando il modo di giocare dell’Inter, c’è soltanto da dire che a differenza delle ultime uscite, la difesa ha ballato vistosamente, ma l’assenza di Icardi sta dando una coesione più forte e se Marotta decidesse di lasciar partire i due fidanzatini amorosi che tanto si vogliono bene anche l’Inter potrà beneficiarne.

Le prossime partite diranno effettivamente di che stoffa è tappezzata la banda di Spalletti, ma adesso c’è da rialzarsi dall’Abisso-Var con lo slancio vitale che contraddistingue il tenero volto di un bambino. Testa al Cagliari anche perché, così come si dice per l’Atletico Madrid del Cholo Simeone, ai nerazzurri non è mai stato regalato niente. È la storia che parla, e non è un dettaglio.