Dopo le recenti polemiche sul rigore concesso alla Juventus nel finale di gara con il Milan nella semifinale di Coppa Italia, la Federcalcio si è dichiarata disposta a sperimentare la cosidetta "chiamata" per la video assistant referee. Si tratta della mossa giusta per risolvere i problemi di un sistema che non sta funzionando come dovrebbe, o come dicono alcuni, il Var ha davvero ucciso il calcio?

Errare è umano

Dal 21 agosto 2017, data di esordio della video assistant referee nel nostro campionato, sono passati due anni. Ne sono successe di cose in questo lasso di tempo, anche se a conti fatti, la domanda è rimasta sempre la stessa: riusciremo mai ad avere un calcio privo di errori arbitrali? La risposta ce l'ha data il Var. In molti, all'alba di quell'agosto 2017, avevano accolto questa nuova tecnologia come una vera e propria rivoluzione del calcio, ed effettivamente, si è trattato proprio di questo: una rivoluzione certo, che però non ha - o meglio, non sta - funzionato.

Nell'anno dell'esordio, ovvero nell'arco di tutta la stagione 2017-2018, il Var è stato utilizzato per il "silent check" 2023 volte, portando a 117 correzioni arbitrali, con una media di un intervento ogni tre partite. Dei dati ottimi, eppure in molti ricordano quella stagione più per lo scandalo di Lazio-Torino che per il buon debutto di questa nuova tecnologia. La situazione non è migliorata nemmeno un anno fa, quando nella stagione 2018-2019, i "silent check" sono scesi a 657, con ventuno correzzioni arrivate su decisione del giudice di gara: 13 quelle corrette, 8 invece quelle confermate. Altri numeri decisamente buoni, eppure, nella testa di molti tifosi, la scorsa stagione sarà ricordata per il "caos Var" di Fiorentina-Inter del 24 febbraio 2019, in cui l'arbitro Abisso assegnò ai padroni di casa, un rigore inesistente all'ultimo minuto di gioco, per un presunto fallo di mano di D'Ambrosio, che però aveva toccato il pallone con il petto.

In due anni e mezzo dal suo utilizzo, questa nuova tecnologia ci ha insegnato una cosa davvero importante: l'errore arbitrale sta al calcio come il calcio sta ai tifosi. Eliminare l'uno o l'altro sarebbe impossibile: non ci è riuscita la discutibilissima "tessera del tifoso" a eliminare i tifosi dagli stadi e ne tanto meno il Var è riuscito - o sta riuscendo, visto che il suo tempo non è ancora scaduto - a eliminare gli errori arbitrali. Li ha ridotti, è vero, ma su cento ciambelle con il buco, a far notizia è sempre quella uscita male.

L'errore arbitrale sta al calcio come il calcio sta ai tifosi 

I tempi

Alcuni inoltre, hanno mosso verso il Var un'accusa davvero grave: "sta uccidendo lo spettacolo del calcio, riempiendolo di tempi morti". In effetti, andrebbe detto che osservare i giocatori esultare per un goal dopo cinque minuti, in attesa di una conferma da parte della video assistant referee non è qualcosa di molto spettacolare, ma rappresenta il prezzo da pagare per aver dimezzato gli errori arbitrali. Perchè sì, le statistiche parlano chiaro: gli errori arbitrali da quando il Var è entrato in azione nel nostro campionato, si sono dimezzati, nonostante questa tecnologia sia usata "ancora" nel modo sbagliato. Se infatti nel primo anno il periodo di adattamento da parte degli arbitri è stato ampiamente giustificato, non è accettabile che ancora ci siano dubbi e imperfezioni sul suo utilizzo: se impiegato nella maniera giusta, si potrebbero benissimo dimezzare i tempi dei suoi interventi.

Come migliorare il Var

Usato male. Forse è questa la migliore spiegazione per rispondere all'accusa di quelli che stanno criticando questa nuova - che poi tanto nuova non lo è più - tecnologia. Ma perchè gli arbitri lo stanno impiegando male? E come si potrebbe migliorare il suo utilizzo?

Inanzitutto, bisognerebbe partire dall'introduzione della "chiamata", argomento che in queste settimane sta diventando davvero caldo. La Lega Calcio infatti, ha dichiarato che dalla prossima stagione potrebbe pensare di sperimentare tale introduzione, con tanto di grida allo scandalo per i sostenitori del calcio "all'antica". Tale sistema infatti, potrebbe comportare un serio rallentamento del ritmo di gioco, ma d'altra parte, si andrebbero ad eliminare del tutto quei casi in cui tutti siamo rimasti a chiederci: "ma perchè il Var non è intervenuto? Perchè l'arbitro non è andato a rivedere l'azione?". L'NFL (National Football League), l'associazione del campionato di Football americano più importante al mondo, adotta questo sistema "a chiamata" ormai da moltissimi anni, dal lontano 1986, consentendo agli allenatori due richieste per ogni tempo di gioco (ndr, nel Football americano ogni partita è composta da quattro tempi dalla durata di quindici minuti). Ciò ha allungato inevitabilmente i tempi di gioco, ma ha regalato una grossa mano alla terna arbitrale; basti pensare infatti, che una partita dell'NFL ha una durata media di tre ore. Una follia.

Se sul fatto di far durare una partita di campionato qualcosa come tre ore possiamo ritenerci tutti d'accordo nel ritenerla una follia (immaginatevi un Sassuolo-Brescia alle 12:30), sulla"chiamata" invece non si può che essere favorevoli. Eliminare ogni tipologia di errore è e dovrebbe rimanere come l'obiettivo in cima alla lista delle cose da fare. Su come introdurla, poi, ci si può sempre lavorare: una, due, tre o quattro chiamate per allenaotre, l'importante non è il numero, ma l'esecuzione. Se infatti per ogni chiamata effettuata dall'allenatore si dovrà stoppare il gioco per dieci minuti, allora forse sarebbe meglio tenerci gli errori. All'AIA infatti (Associazione Italiana Arbitri) dovranno lavorare per valutare ogni "azione da Var" nel minor tempo possibile, come se si trattasse di un pit-stop della Formula Uno, per intenderci.
Solo in questo modo la "challange", ovvero come in America chiamano quella che per noi sarebbe un'altra, ennesima novità, potrebbe convivere in maniera positiva con il calcio.