È iniziato tutto nei primi anni del '900, ma agli esordi di quello che sarebbe presto divenuto un nuovo modo di osservare la realtà, nessuno o quasi avrebbe potuto immaginare di ritrovarsi immerso in una dimensione in cui le certezze non esistono: “così è, se vi pare”, si divertiva ad enunciare il noto drammaturgo Luigi Pirandello, lasciando spazio alla moltitudine di interpretazioni, che avrebbero modificato nell’immaginario collettivo le sue opere, donando loro un qualcosa di completamente diverso rispetto al passato: un brivido che ti attraversa, un fremito che ti scuote dal profondo, così l’umanità senza neanche accorgesene direttamente volgeva il passo verso una nuova era, la più enigmatica ed affascinante mai conosciuta prima di allora, l’epoca in cui tutto si frantuma e riprende corpo come quell’incredibile flusso che è la vita.
Non credo che l’umanità abbia compiuto ulteriori passi in avanti di proporzioni così epocali, per cui sento di ritrovarmi insieme a voi nella stessa dimensione in cui il Mattia Pascal pirandelliano si sentiva costantemente imprigionato: le convenzioni sono soltanto mere illusioni, utili a placare la tempesta in cui viviamo, ad affidare descrizioni e appellativi alle persone e alle cose, come se si trattasse solo di una semplice classificazione.

Così vale anche per lo sport e per tutto ciò in cui si partecipa per vincere, senza però rendersi conto di quale sia la sottile differenza che lega la vittoria alla sconfitta, di quanto siano talmente vicine tra loro da tenersi per mano, decretando soltanto alla fine il nome di chi verrà osannato come una sorta di divinità, condannando senza pietà chi invece finisce col precipitare verso l’oblio.
Questa visione, forse eccessivamente marcata riguardo la drammaticità dell’esistenza, mi riporta con la mente ad un episodio della Commedia Dantesca, il racconto del principe Manfredi nell’Antipurgatorio, con l'anima del protagonista di tali vicende contesa da angeli e demoni, salvata per un soffio da una condanna alla dannazione eterna. Viaggiare tra realtà e finzione è un po' il mestiere di chi ama raccontarsi agli altri cercando di schivare la banalità, creando strani infusi come un miscuglio tra il calcio e la letteratura, poiché non esiste un modo migliore per avvicinarsi alla realtà, se non quello di immergersi interamente dentro di essa, sperimentando costantemente il brivido di trovarsi a cavallo tra la gloria e la disperazione, come nello spettacolo al cardiopalma di un funambolo, il quale diventa soltanto l’unico spettatore seduto in prima fila, che assiste ad una strenua lotta tra l’equilibrio e la paura di cadere giù.

Una perpetua battaglia che ingloba anche il calcio, quel gioco talmente emozionante da coinvolgere interi popoli e generazioni: si combatte per la gloria anche senza scendere in campo, si affronta una complicatissima sfida di nervi, cercando quasi di spingere il pallone in rete con la sola forza del pensiero, oppure come se fosse possibile si stringono i denti per deviare sul palo una traiettoria avversaria diretta in porta. Ogni tifoso è pienamente consapevole di essere soltanto uno spettatore della vicenda in corso, ma non smette mai di sperare in cuor suo di poter vincere quella contesa, in cui anche se soltanto in modo indiretto, è anch’egli partecipe schierandosi dalla parte dei propri beniamini: e così come se fosse una gara di tiro alla fune, le speranze delle persone si mescolano insieme, creando un’atmosfera unica e appassionante, che soltanto l’incertezza della vita è in grado di regalare all’umanità.