La guerra in Ucraina ci ha proiettato in un crescendo di emozioni, a volte contrastanti, a volte crescenti. E' la sensazione della guerra, come ci prende, ci attanaglia e poi quasi come un "train de vie" giornaliero convive con noi, ci porta all'abitudine. Sembra strano che la guerra ci abitui, soprattutto se non ne siamo dentro. All'inizio ci spaventiamo, ci indigniamo e poi insultiamo chi attacca e invade l'altro territorio. O magari insultiamo chi si difende nell'altro territorio, capita anche questo. Sembra una partita di calcio, con qualche pausa, almeno crediamo noi,  e tanti morti sconosciuti. Come recitava Cesare Pavese, ma i morti sono conosciuti eccome, sono figli, padri, mariti, mogli, madri, sorelle e così via tutto il parentado disponibile. La tragedia della guerra non è ben conosciuta da chi la vive lontano, ma per chi ci è dentro è disperazione e pianto. E molte situazioni non si pensano neanche, come la distruzione di animali, sia selvatici che domestici, o la crescente invasione di elementi nocivi al clima, che aumenteranno l'effetto serra ed il surriscaldamento globale. Le problematiche economiche sono ormai considerate in ogni aspetto, come la difficoltà di produrre grano e sementi, soprattutto da quelle zone dove è un'attività di interesse mondiale. Oppure la distribuzione di gas ed idrocarburi, sempre da zone che ne distribuiscono quantità per mezzo mondo. E sembra una situazione da idioti, che con tutto quel ben di Dio, si debba mettere mano alle armi e non ad una proficua commercializzazine reciproca, con benessere per tutti invece di tirarsi missili e bombe, che distruggono tutti, anche chi pensa di avere fatto "strike". Pensate che in quella zona ci sono le più grandi centrali nucleari dell'Europa, eppure si scherza attorno ad esse, come se fossero un trofeo da custodire. Ed infatti la custodia ha già prodotto molti infetti ed un fuggi, fuggi generale, mancava solo il cartello "Genius at work". E dove non ha potuto la contro offensiva Ucraina, ha giocato e vinto  la partita  il danno nucleare. Sulle ragioni di questa guerra, si sono già scritti fiumi d'inchiostro e ore di trasmissioni sui social, ma sembra che nessuno abbia chiamato  il maggior responsabile: la sete estrema di potere, con la conseguente politica del disastro.  Qualcuno ha provato a proporre la pace ed il ricorso al pacifismo, ma se la pace non arriva, è solo perché chi dovrebbe promuoverla non ha nessuna intenzione di conseguirla. Noi tutti invochiamo la pace, e chi non la vorrebbe? Ma sul metodo non abbiamo ancora la medicina sicura. Il Papa, giustamente, punta l'indice sulla produzione e la vendita di armi. Ed infatti le armi non solo vengono prodotte, ma ne vengono affinate delle versioni sempre più letali e tecnologicamente avanzate.
Ma se qualcuno non produce o non compra armi, qualcuno che le produce e le vende pure, o le compra, si trova sempre. Perché la difesa del territorio non è una semplice idea nazionale, ma è l'esigenza di ogni stato o gruppo di stati.
Da cosa si difendono? La risposta risiede proprio da quel che è avvenuto! Un pazzo visionario, probabilmente in preda a malattie degenerative (non è da escludere secondo le ultime notizie), ha deciso di minacciare il mondo con l'invasione di una terra confinante, adducendo scuse incomprensibili, come riferimenti storici da verificare, o la pretesa di salvare le zone che litigano da anni, punendo la regione confinante. Come se uno vedesse arrivare una mosca (guarda caso) in casa, invece di usare un semplice insetticida, buttasse giù l'intero condominio!
E sulle questioni del Dombass e del Donets si dovrebbe valutare perché non vanno d'accordo. Sarà per motivi etnici, oppure qualcuno ha sempre soffiato sul fuoco? Personalmente penso che in una zona dove tutti parlano praticamente la stessa lingua e confessano la stessa religione, sia molto difficile che ci siano tali differenze da causare scontri irreparabili. Quindi, nonostante la pace e gli accordi del 2014, qualcuno ha pensato di eluderli e continuare a fare dei danni.  

Tornando al pacifismo, ripeto, il papa fa giustamente il suo mestiere, ma non mi risulta che le guardie svizzere in Vaticano siano disarmate, e che non usino la forza in caso di attacco al Santo Padre. Quindi le armi servono, non solo per attaccare ma soprattutto per difendersi da incursioni indesiderate. Ed oggi se l'Ucraina non è caduta, è perché l'occidente la sta armando, consentendo di opporre una feroce resistenza contro chi la bombarda ed uccide migliaia di persone tra i quali molti bambini innocenti.
Nel 1994 l'Ucraina fece una scelta pacifista, decise di consegnare l'armamento nucleare alla Russia. Fu sicuramente una scelta di pace, ma nell'ottica odierna ci viene spontanea una domanda: se ancora oggi l'Ucraina avesse avuto armi nucleari, la Russia l'avrebbe invasa? Penso proprio di no. E Machiavelli diceva che uno stato dai confini deboli, sarebbe stato invaso e devastato da uno stato confinante forte e ben armato. Esempio non molto recente, il Kuwait.
Ma il desiderio di pace non può venire meno, nel cuore degli uomini deve albergare una necessità di diffondere amore e non violenza, ma che pace vogliamo? Quella che ci fa stare più sicuri, e magari ci mette al riparo dalle nostre paure? Oppure la pace che noi crediamo sia la via del nostro vivere quotidiano e che si possa perseguire anche con atti forti  ed irreversibili? Oppure una pace ideologica, condita da teorie diverse che risalgono alle teorie filosofiche, umanistiche e concernenti anche una propensione politica tendente alla stabilizzazione del messaggio elettorale? Ai posteri l'ardua sentenza?
Io penso che la pace debba essere perseguita nei metodi migliori, che possano portare al confronto dei politici che hanno in mano i fili della storia, che si adoperino alla ricerca di soluzioni di ogni tipo per il raggiungimento dello scopo. In molti di noi, la guerra non ci abitua, ma anzi, ci getta nello sconforto. Quanti innocenti muoiono senza sapere nemmeno perchè? E tra loro ci possiamo mettere tutti, aggiungendo anche i militari dell'una e dell'altra parte.
Abbiamo notizie diverse dal campo di battaglia ed alcune sono stravaganti. Come i giovani soldati russi che disertano e vengono nascosti dai contadini ucraini, che comprendono il loro dramma, mandati a fare esercitazioni, e trovatisi in un campo di guerra. Oppure di soldati russi che si sparano reciprocamente, in modo di ferirsi e tornare a casa. Sempre che li mandino nel loro domicilio, perché la propaganda non si può eludere. E qualche volta tifiamo per quelle incursioni di soldati Ucraini, che distruggono armate e uccidono migliaia di soldati russi.
In un servizio del telegiornale, un inviato di guerra ha fatto vedere le immagini di un attacco ad un carro armato russo, completamente bruciato. I suoi membri dell'equipaggio, bruciati ed irriconoscibili, ma una cosa era rimasta, un passaporto russo, c'era scritto un nome, Mischa, ed aveva compiuto vent'anni da pochi giorni. Non restava che piangere!