A seguito dell’incontro tenutosi a Somma Lombardo fra Zhang, Marotta e Conte è calata una cortina di silenzio intorno all’Inter.

Parlano tutti quelli che circondano la società, ma dall’interno non si sente volare una mosca. E in una società storicamente burrascosa come l’Inter questa è una novità abbastanza straordinaria, l’ennesima introdotta da Suning. Chiara indicazione della forza di una società che sempre più acquisisce la dimensione e l’abito mentale di un club di alto livello.

Che cosa si sono detti i tre protagonisti? Quali strategie hanno condiviso? Nessuno lo sa.

Circolano però illazioni, supposizioni, idee.

Alcuni sostengono che Conte sia riuscito a far prevalere la propria linea, soprattutto in relazione al mercato, altri dicono il contrario. Alcuni dicono che Zhang abbia informato i collaboratori che l’Inter quest’anno non farà investimenti importanti e che si deve autofinanziare, altri sostengono che arriverà Messi.

Prima o poi la società dovrà tornare a parlare. Nel frattempo ci si deve limitare a osservare quanto accade. La sensazione è che le prospettive di Marotta e quelle di Conte non siano convergenti. Marotta sarebbe propenso a costruire una squadra giovane e italiana, Conte vorrebbe invece giocatori esperti di caratura internazionale. Una divergenza di vedute profonda, che già si era manifestata ai tempi in cui entrambi lavoravano per la Juventus. Si tratta di filosofie inconciliabili, modi radicalmente diversi di vedere il calcio e di pensare la costruzione di una squadra vincente.

Marotta guarda forse ai numeri, secondo i quali, per esempio, le due finaliste di Champions League di quest’anno avevano un’età media di 25,5 anni a fronte dei 29,7 della Juventus e dei 27,7 dell’Inter.

Conte si rifà probabilmente alla propria esperienza di campo e alla necessità di avere in rosa elementi che possano assumersi l’onere della leadership nei momenti di difficoltà. Aspetto, è giusto sottolinearlo, che quest’anno è parso essere il vero elemento mancante della squadra nei momenti in cui sarebbe stato lecito aspettarsi un salto di qualità.

Senza esprimere giudizi su chi abbia ragione e chi torto, perché una valutazione di questo tipo sarebbe azzardata e sommamente personale, si può però affermare che un dissidio così profondo non può fare bene all’Inter. Solo attraverso la collaborazione e la condivisione delle strategie si possono raggiungere gli obiettivi. Soprattutto nelle società sportive, settore in cui la casualità incide sulla pianificazione: un pallone che finisce contro il palo può segnare il confine fra la vittoria e la sconfitta. Disperdere energie in questo genere di conflitti non è utile e quindi è dannoso.

Ma anche questo presunto dissidio fra l’allenatore e l’amministratore delegato è una supposizione. Il silenzio che circonda l’Inter è stato certamente concordato e fino a quando non cesserà nulla di certo può essere detto.

Aspettiamo, con fiducia, che Zhang decida di parlare.

Vedremo a quel punto se la lega di questo silenzio è d’oro o di stagno.