Per una volta lo sport più amato tracima dalla pagina sportiva. Fino ad arrivare in cronaca e non certo in quella rosa. È successo domenica 1° marzo 1981. Il nome di Enrique Castro González può dire poco anche a chi ama il calcio, ma se lo si cita con il suo nome di battaglia, Quini, nel suo Paese viene ricordato come uno dei più grandi marcatori nella storia della Liga spagnola. Ma anche per altro. Quella sera di inizio marzo il suo Barcellona ha da poco vinto contro l’Hercules di Alicante. È finita in goleada, 6-0 e il bomber ha segnato una doppietta. Lo attende la famiglia all’aeroporto. Sono le 9 di sera quando Quini, che sta guidando il Barça verso la vetta della Liga, scompare all’improvviso. Il giorno dopo è difficile crederci. Ma che cosa dice il telegiornale, inventa le notizie? No, è tutto vero. L’attaccante blaugrana è stato rapito dal “Battaglione Catalano Spagnolo”, un sedicente gruppo terroristico spagnolo di estrema destra. O almeno così dichiara una rivendicazione fatta a caldo. In realtà, come si scoprirà più tardi, si tratta di semplici balordi che fingono di politicizzare un sequestro di persona a fini puramente estorsivi. Negli anni successivi saranno catturati familiari di calciatori, con esiti ben più tragici. Il rapimento e poi la morte in Georgia del fratello di Kaladze (ex-difensore di Milan e Genoa) nel 2001 è soltanto il peggiore degli esempi in tal senso. Ma fermiamoci qui, il discorso si farebbe complicato. Chi è Quini?

NUMERI ALLA MANO, Enrique Castro González detto Quini tutto è fuorché una figura di secondo piano. Parliamo infatti dell’ottavo goleador nella storia della Liga con 219 reti, divise fra Barcellona (54) e Sporting Gijón (165). Per 5 volte è capocannoniere del campionato: 3 con la maglia dello Sporting Gijón, 2 con la squadra che fu di Cruijff e che anni dopo sarà di Messi e Neymar Jr. Nel 1970 e nel 1977 è stato il più prolifico anche nella Segunda División, il corrispettivo della nostra Serie B. Nel suo palmarès ci sono una Coppa delle Coppe, una Coppa della Liga e una Copa del Rey, tutti trofei vinti in blaugrana. Annovera anche 35 presenze e 5 reti in Nazionale. Con la maglia delle “Furie rosse” partecipa all’Europeo del 1980 in Italia (con una rete all’attivo), al Mondiale d’Argentina 1978 e a quello casalingo del 1982. Momenti calcistici, questi ultimi, che non passano certo alla storia visti i risultati ottenuti, ma quella lì era un’altra Spagna. In tutti i sensi.

QUINIGOL. Nasce a Oviedo, nelle Asturie, il 23 settembre 1949, lo stesso giorno di un’altra icona del calcio spagnolo, Juan Manuel Asensi, e di Bruce Springsteen, che di mestiere fa tutt’altro. Alias Quini o Quinigol, è ricordato a livello internazionale soprattutto per essere stato rapito nel marzo del 1981. In Spagna la dittatura franchista è terminata da pochi anni ma il passaggio alla democrazia è molto delicato e le tentazioni autoritarie rimangono ancora fortissime. Il 23 febbraio di quello stesso anno Re Juan Carlos di Borbone e l’esercito neutralizzano un tentativo di golpe organizzato da un reparto della Guardia Civil guidato dal tenente colonnello Antonio Tejero Molina. Il rischio di un “alzamiento” è tutt’altro che peregrino. Pochi giorni più tardi, i vertici dei separatisti dell’ETA decidono di liberare i consoli di Austria, Uruguay ed El Salvador come manifestazione di magnanimità ma anche di forza. Il campionato spagnolo riflette in pieno le inquietudini di una fase storica difficile per tutto l’occidente ma non può certo fermarsi perché ogni domenica si rischia un attentato. Primera Divisiòn 1980/81, 9° giornata della segunda ronda, il girone di ritorno. Il Barcellona è a due punti dall’Atlético Madrid, che si trova a sua volta in testa alla classifica da 19 settimane. Nella giornata seguente è previsto lo scontro diretto, decisivo per l’assegnazione del titolo. Proprio a inizio stagione Quini è stato acquistato per 100 milioni di pesetas (circa 1 miliardo e 200 milioni di lire del 1981) con un fine dichiarato: riportare in Catalogna un titolo che manca da quasi un decennio. L’asturiano di Oviedo non è un attaccante qualsiasi e si è meritato a suon di reti il soprannome di Brujo (Mago).

DOMENICA 1° MARZO 1981. Il Barcellona ha appena sepolto di gol l’Hercules. Il risultato di 6-0 non ammette repliche. Il Mago ne fa due e sale a quota 18 realizzazioni. Forse ce la fa anche quest’anno a essere pichichi, capocannoniere. Alle 19,30 Quini lascia soddisfatto il Camp Nou. L’ultimo che lo vede e che ci parla è Amador, il secondo portiere. Alle 21,30 deve essere all’aeroporto di Barcellona-El Prat. Lo attendono la moglie e i due figli, in arrivo da Oviedo per vivere con lui la delicata settimana che porta al match contro l’Atlético. Sono le 9 di sera. Quini va prima a casa e fa una telefonata al suocero. Pochi minuti più tardi un vicino di casa lo vede parlare con tre sconosciuti. Poi il calciatore scompare nel nulla. All’ora di pranzo del giorno dopo la sua Ford Granada, con sportelli aperti e chiavi nel cruscotto, viene ritrovata a 200 metri da casa. I rapitori si fanno vivi solo nel pomeriggio. Sono i sedicenti membri del “Battaglione Catalano Spagnolo”, sedicente gruppo di estrema destra, e scrivono in un comunicato che il giocatore sarà liberato soltanto l’11 marzo, se nel frattempo il riscatto sarà stato pagato. In pratica, il rilascio avverrà dopo la sfida contro l’Atlético: «Il Barcellona è separatista e non vogliamo che vinca lo scudetto». Con un certo cinismo, qualcuno commenta divertito: “Ma dai, saranno sicuramente tifosi dell’Español”.

STO BENE, STATE CALMI. Due ore dopo, qualcuno telefona a un giornalista del quotidiano “La Vanguardia”, chiedendo alla società catalana 350 milioni di pesetas (4 miliardi di lire, 7 milioni e mezzo di euro attuali). Nella notte seguente, Quini chiama la moglie: «Sto bene, state calmi». L’Atlético Madrid si offre di rinviare la partita. Il Barça vuole giocarla ma farebbe bene ad accettare l’offerta degli avversari. Ci sono condizioni in cui si può giocare e vincere, altre in cui proprio non è possibile. Intanto, si fa largo l’ipotesi, poi rivelatasi esatta, che i colpevoli possano essere criminali comuni. Il Barcellona perde 1-0 con l’Atlético. Poi fa altrettanto contro il Salamanca (2-1) e la settimana ancora successiva non va oltre lo 0-0 con il Saragozza. In chiave scudetto si mette male.

IL 25 MARZO 1981 è un mercoledì. La Nazionale delle “Furie rosse” compie un’impresa memorabile vincendo 2-1 a Wembley contro l’Inghilterra. È una notte storica per il calcio iberico e per una nazione che si prepara ad ospitare il Mondiale. La festa è completata da una notizia che alleggerisce il cuore di milioni di sportivi spagnoli. A Saragozza, Enrique Castro González detto Quini è stato liberato. I poliziotti arrestano subito uno dei tre balordi: quello che al momento dell’irruzione decisiva è con lui in un’officina meccanica. Poi tocca agli altri. Risulteranno risolutive le intercettazioni telefoniche e la vigilanza sul conto bancario nel quale era stato chiesto di versare il riscatto. Per rapire un calciatore e farla franca ci vuole una grande organizzazione. Non è roba per tre cani sciolti che tentano un colpo più grosso di loro. Le foto di un Quini provato che abbraccia il presidente Nunes e la moglie Maria Nieves fanno il giro del mondo in pochissimo tempo.

SUBITO AL LAVORO. Sarà perché è un professionista inappuntabile, sarà perché vuole esorcizzare una vicenda assurda, il giorno dopo Quini si unisce al gruppo e svolge la regolare seduta di allenamento. Ma certi contraccolpi non si superano in un attimo e l’allenatore non ritiene opportuno schierarlo in campo in vista del “Clasico” con il Real Madrid. Senza di lui il risultato è una disfatta: vincono i blancos 3-0. Con quella vittoria il Real piomba in zona scudetto insieme con la Real Sociedad di San Sebastian. Atlético e Barcellona cedono di schianto. La Liga termina il 26 aprile 1981. Real Madrid e Real Sociedad sono a 45 punti. Un goal segnato da José Maria Zamora a 27 secondi dal termine allo Sporting Gijón permette alla Real Sociedad di vincere lo scudetto per la miglior differenza reti negli scontri diretti. Nei Paesi Baschi è festa. Il Barcellona è quinto nella classifica finale. Dopo Valencia e Atlético Madrid. Quini ha però di che consolarsi: con 20 reti all’attivo è ancora una volta pichichi. Malgrado il tremendo episodio del rapimento alle spalle, ha ripreso pian piano a fare gol.

TRAMONTI ASTURIANI. La carriera del Brujo prosegue per 6 stagioni. Tre in blaugrana. Poi si ripresenta allo Sporting Gijón. Prima di tornare alle origini, nel 1982 si conferma pichichi per la quinta volta (26 goal) e segna il gol del 2-1 che vale la Coppa delle Coppe in finale contro lo Standard Liegi. L’ultima partita di Quini è datata 14 giugno 1987. Al Molinón, lo stadio più antico di Spagna, lo Sporting Gijón batte – nemmeno a farlo apposta – il Barcellona 1-0. Passato e presente salutano il bomber con un ideale abbraccio collettivo. Enrique Castro González lascia a 35 anni dopo 448 gare nella Liga. In termini di immagini che restano nella mente, la vicenda del suo rapimento è purtroppo riuscita a oscurare presso il grande pubblico 253 gol in 19 anni di attività. Il calcio vive sovente di paradossi e questo è uno dei tanti. Ma se la vicenda del Brujo ha potuto ispirare (liberamente) lo scrittore spagnolo Manuel Vázquez Montalbán nel romanzo “Il centravanti è stato assassinato verso sera” vuol dire che un numero di gol in tripla cifra non sempre ha la stessa potenza narrativa di un fatto come il rapimento Quini. Enrique Castro González detto Quini è morto il 27 febbraio 2018 all'età di 68 anni, colpito da infarto mentre si trovava alla guida della sua auto per le strade di Gijón, città nella quale da anni era residente, accolto da tutti come una divinità in pensione.

Diego Mariottini