C'è un Milan senza Zlatan Ibrahimovic ed un Milan con Zlatan Ibrahimovic.
C'è un Milan senza Ismael Bennacer ed un Milan con Ismael Bennacer.
E se c'è stato, per oltre metà campionato, un Milan senza la coppia Ibrahimovic-Bennacer, senza la spina dorsale del gioco voluto da mister Pioli, il fatto che il club rossonero sia saldamente al secondo posto in classifica dovrebbe far gridare quasi al miracolo.
Per l'ennesima volta, adesso in modo definitivo e senz'appello, abbiamo avuto la dimostrazione pratica di quanto questi due giocatori, e sopratutto la loro combinazione contemporanea, siano fondamentali per le sorti della formazione rossonera e per il destino di questa stagione calcistica.

IL MATCH. Il Milan in campo all'Artemio Franchi di Firenze è una squadra ancora convalescente (Ibrahimovic al rientro da titolare dopo tre settimane di cure, fuori Rebic, Leao, Mandzukic, Romagnoli, Calabria, lo stesso Bennacer parte ancora dalla panchina), provata nel corpo e nella mente dalle scorie dall'eliminazione del giovedì sera europeo contro lo United. La Fiorentina, dal canto suo, vive un momento di particolare grazia sia a livello di risultati (viene dall'1-4 sul campo del Benevento, che ieri ha battuto la Juventus a domicilio) che a livello di forma fisica, potendo mister Prandelli schierare l'undici-tipo, senza alcuna defezione pesante.
Date tali premesse, e nonostante tali premesse, i rossoneri riescono a fare quanto mai erano riusciti a fare in tutta questa stagione, almeno per quanto concerne il campionato: vincere in rimonta dopo essere andati in svantaggio.
In realtà il Milan compie subito e senza particolari sforzi l'opera più difficile, in questi tempi di incipiente carestia realizzativa: passa in vantaggio al primo affondo, grazie al gol del solito Zlatan Ibrahimovic. Sono 15 reti in 15 presenze per il fuoriclasse svedese, che stritola l'ennesimo record: è il primo calciatore alla soglia delle quaranta primavere a realizzare così tanti gol in Serie A. Chapeau, chapeau, chapeau. Ma l'avvio-choc non si traduce in una serena domenica pomeriggio per i tifosi del Milan davanti alla TV, in quanto i ragazzi in maglia rossonera si fanno rimontare dalla punizione di Poulgar e dal gol ad inizio ripresa del sempreverde Ribery. Per l'ottava volta in undici partite consecutive, i rossoneri subiscono un gol nei primi quindici minuti del secondo tempo: da Maggiore dello Spezia all'11', passando per Kanga dello Stella Rossa al 7', Lautaro al 12' per chiudere il derby, Veretout a Roma al 5', Diallo ed il decisivo Pogba del Manchester United andata e ritorno (rispettivamente 5' e 3'), Politano del Napoli a 4', fino all'attaccante francese della Viola al 5'.  Un dato su cui Pioli dovrà lavorare e sul quale non bisogna cadere nel tranello della mera casualità, sopratutto se si considera che in ben sei occasioni il gol avversario è arrivato nei primi cinque minuti di gioco dopo il rientro in campo, praticamente subito dopo il calcio d'inizio. A differenza di tutte le altre volte, però, il Milan trova la forza di rimontare totalmente il risultato: prima Brahim Diaz su sponda di Kjaer da corner, poi il destro del redivivo Hakan Calhanoglu al primo gol su azione in questo campionato (il secondo in totale, dopo il rigore contro la Lazio a San Siro).
Anche all'occhio dell'osservatore meno attento, balzano due considerazioni incontrovertibili.

UNICO E SOLO. La prima, palese sin dalla lettura dei tabellini di fine gara, è che il Milan non può rinunciare ad Ibrahimovic perchè, oltre all'aspetto fisico, morale, mentale, tattico, tecnico, è letteralmente l'unico giocatore rossonero in grado di fare gol o quantomeno di rendersi pericoloso sottoporta. Contro la Fiorentina, Zlatan ha segnato un gol, ha colpito una traversa ed ha colpito un palo (nota a margine: per i fautori della stravagante teoria del "Milan fortunato", si tratta dei legni numero 17 e numero 18, record assoluto stagionale), giocando 95' senza mai dare l'impressione di premere sull'acceleratore (per necessità, più che per scelta). Parliamo di un giocatore che, oltre a segnare un gol ogni 79' trascorsi in campo, ha colpito tre legni ed ha calciato 64 volte verso la porta avversaria (centrando il bersaglio per 40 volte): in pratica, Ibrahimovic in ogni partita disputata crea 4/5 occasioni da gol.  Dei suoi compagni di reparto, ahime non c'è quasi traccia nelle statistiche che contano: Ante Rebic è fermo a 5 gol in 18 presenze, avendo tirato 17 volte in porta e 5 volte fuori, per Leao sempre 5 gol in ben 22 partite disputate, risultato di appena 17 tiri in porta e 12 fuori. Si stende un velo pietoso sull'apporto offensivo Mario Mandzukic, arrivato a gennaio con i gradi di sostituto ideale di Ibra, per stazza e caratura, ma fuori dai giochi praticamente da subito, a causa dei problemi muscolari che hanno falcidiato la rosa a disposizione di Pioli: per lui, in Serie A, appena quattro scampoli di partita, senza gol e, finora, senza traccia. Questi dati inconfutabili pongono una questione inderogabile all'attenta dirigenza milanista, in vista della conclusione della stagione in corso e, sopratutto, in vista della prossima, a maggior ragione se il club onorerà le aspettative e si qualificherà per la Champions League: il Milan ha bisogno di un attaccante che faccia gol, che affianchi Ibra e lo sostituisca quando il gigante svedese deciderà (a suo tempo..) di appendere al chiodo le dorate scarpette. Perchè Ibra è "Supremacy" ed è Benjamin Button, senza dubbio: ma ad ottobre compirà i suoi primi 40 anni. Non si può sperare che lui ed i suoi muscoli siano eterni come la sua fame di gol.

IL METRONOMO MANCANTE. La seconda chiave di volta della prima rimonta stagionale milanista, è l'ingresso di Ismael Bennacer al 58', al posto di un ancora insipido Sandro Tonali, subito dopo il gol del momentaneo 2-2: il metronomo algerino ha dispensato tocchi di classe, sostanza al fosforo ed ordine in mezzo al campo, come non si vedeva da troppo tempo sulla mediana rossonera. Il centrocampista, premiato come miglior giocatore dell'ultima Coppa d'Africa, è insostituibile per Pioli e la sua idea di calcio: Franck Kessie lo è ugualmente ma sotto altri aspetti tecnici e tattici, a Meite non si può chiedere più di quello che sta facendo con grande abnegazione, Tonali non sta ancora dimostrando il suo valore ed ha, comunque, altre caratteristiche. Aver avuto Bennacer fuori per tutta la parte centrale della stagione, a causa di ripetuti e mai ben chiariti guai muscolari, è un immenso motivo di rimpianto per l'intera truppa. Perchè se il Milan è attualmente al secondo posto in classifica, a sei, sette o nove punti dall'Inter capolista e con uno o quattro punti di vantaggio sulla Juventus terza e cinque o sette punti di vantaggio sul Napoli quinto (si attende sempre il recupero di Juventus-Napoli e quello di Inter-Sassuolo, bontà loro..) lo si deve ad un autentico miracolo sportivo compiuto dall'eccellente lavoro di Pioli e dai suoi ragazzi.

RIMPIANTI E REALTA'. Ma come sarebbe stata la stagione rossonera con il metronomo algerino sempre in cabina di regia? Nelle appena 12 partite disputate (su 28), il Milan ha conquistato 27 punti, frutto di 8 vittorie e 3 pareggi, con la sola eccezione negativa di La Spezia (dove Bennacer, guarda caso, si è fatto nuovamente male nella ripresa) ed una media punti per partita pari a 2,25 (contro i 2,1 complessivi).
E dove sarebbe adesso il Milan se avesse potuto contare su un Ibrahimovic in più, per esempio, nelle partite ostiche e pareggiate contro l'Udinese a San Siro o il Genoa a Marassi?
E se entrambi, Ismael e Zlatan, fossero stati presenti contro la Juventus e contro il Napoli a San Siro, il Diavolo ne sarebbe uscito sconfitto? Ne siete proprio certi?
I rimpianti ci sono, ma servono solo a scrivere gli articoli sui giornali o passare notti insonni, non certo a riempire di punti la classifica di Serie A: bisogna superarli vincendo questa corsa ad ostacoli che conduce al sospirato ritorno in Champions League, che è l'unica cosa che conta davvero.